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La scuola al tempo del coronavirus. «Abbiamo riscoperto un tesoro»

Chi l’avrebbe mai detto che a Milano dopo due settimane di “vacanza forzata” gli studenti avrebbero cominciato a rimpiangere le lezioni? Alla Zolla è successo, ci racconta il coordinatore didattico Daniele Gomarasca

«Il coronavirus ci ha fatto riscoprire che non basta trasmettere nozioni per potersi chiamare scuola e che questa è un tesoro prezioso da custodire». Chi l’avrebbe mai detto che dopo due settimane passate a casa, a causa delle direttive regionali che in Lombardia hanno ordinato la chiusura degli istituti per frenare l’epidemia, gli studenti avrebbero cominciato a rimpiangere le lezioni? Per Daniele Gomarasca, coordinatore didattico della Zolla a Milano (che comprende scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado) e direttore delle medie nel polo di via Carcano, è stata una scoperta «commovente»: «Ho letto tanti interventi preventivi di presidi e direttori che profetizzavano questo esito, ma io non ho voluto darlo per scontato: ora posso dire che è vero», dichiara a tempi.it.

LA LETTERA: «MI MANCA LA SCUOLA»

A Gomarasca è appena arrivata la lettera di un’alunna: «Mi scrive che dopo la gioia iniziale per la vacanza inaspettata e per la possibilità di alzarsi alle 10 del mattino, ora le mancano gli amici, gli insegnanti, la scuola tutta. È felice però di come stiamo riuscendo a farci compagnia a distanza, continuando a camminare insieme».

Gomarasca non ha voluto proporre «ricette presuntuose o ipocrite per riempire a tutti i costi il tempo libero dei ragazzi», anche perché non basta mettersi davanti a uno schermo per «fare scuola»: «Un insegnante davanti a una telecamera che trasmette nozioni a ragazzi che ascoltano è un po’ poco per chiamarsi scuola», spiega. «Per qualche docente l’idea di parlare ininterrottamente può essere un sogno, ma per noi l’interlocuzione dei ragazzi è fondamentale. Non si può far lezione senza convocare la loro intelligenza».

LA CREATIVITÀ DEI DOCENTI

Per il momento, continua il coordinatore didattico della Zolla, «abbiamo voluto confidare nell’intelligenza e nella libertà dei ragazzi e delle famiglie, perché ognuno approfondisse nel tempo libero le proprie inclinazioni e talenti. Del resto, la speranza è di averli educati a questo tutti i giorni a scuola». Allo stesso tempo attraverso il portale della scuola «molti docenti hanno deciso di accompagnare i ragazzi nei modi più disparati». Ci sono le maestre che, per i più piccoli, «si sono filmate mentre leggevano storie nuove ai bambini». Ci sono poi i professori delle medie che hanno lasciato spazio alla fantasia: chi ha creato una playlist di Spotify scegliendo le canzoni «con i testi che sottolineano alcuni passaggi cruciali della storia del Novecento», chi ha scritto per l’occasione un racconto di fantascienza «dando vita con i ragazzi a un circolo letterario che animasse al meglio la loro intelligenza».

Se la chiusura delle scuole verrà prolungata, prosegue Gomarasca, «dovremo per forza inventarci una modalità adeguata per garantire le lezioni e un’interlocuzione reale con gli studenti». Intanto, «la nostalgia dei ragazzi per il nostro metodo di lavoro in classe ci fa capire che la nostra impostazione, centrata sul valore della relazione, è giusta e va migliorata. Puntare sulla convocazione incessante del pensiero dei ragazzi, nell’ambito di un cammino che insegnanti e alunni fanno insieme, è la natura della nostra scuola. Il coronavirus ci ha aiutato a capire che deve essere custodita e approfondita ancora di più».

Fonte: Leone GROTTI | Tempi.it

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