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“Dio ha conservato un nido per noi” sotto il ponte crollato
— 4 Settembre 2018— pubblicato da Redazione. —
Sepolti vivi per 4 ore a testa in giù tra le macerie del ponte Morandi di Genova, sono stati salvati. Ora Natalya e Eugeniu si sposano per ringraziare Dio di questo miracolo
Il crollo del ponte Morandi di Genova ha oscurato l’estate italiana, ci ha ricordato quello che dovremmo comunque sapere: siamo pellegrini su un sentiero accidentato, non padroni di una sfera di cristallo infrangibile. Ci sono state 43 vittime, feriti e sfollati a centinaia. Ci sono stati dei superstiti e non c’è una regola, una dritta celeste, un oracolo che possa “spiegare” la ragione di una morte ingiusta per alcuni, e di un miracolo per altri. C’è il mistero portentoso di Dio, vogliamo guardare senza paraocchi la sfida: il destino di ognuno è un frutto maturo per il bene del mondo nella forma unica (e amata dal principio dei tempi) che assume.
Era solo la seconda volta che Natalya Yelina passava per Genova, stava andando in vacanza in Provenza con il suo fidanzato Eugeniu Babin; erano partiti all’alba da Santa Maria Capua Vetere. Si sono trovati sul ponte Morandi e hanno vissuto il crollo sulla loro pelle, ritrovandosi vivi dopo un volo di chissà quanti metri, sepolti da una montagna di macerie. Vivi e a testa in giù … simbolicamente così simili a un neonato nel canale del parto.
Nascere di nuovo
La vita era da riconquistare, a quel punto. Non era scontato essere salvati, eppure erano insieme; insieme hanno gestito il dramma. Usare il clacson per farsi sentire, poi la propria voce fino all’ultimo fiato, poi la mano dei vigili del fuoco. Di nuovo fuori, finalmente, “a riveder le stelle” direbbe Dante.
atalya e Eugeniu si sono raccontati a una giornalista del Corriere; ancora ricoverati sono lì con i loro corpi tumefatti e la voce limpida che parla di miracoli e speranza. Miracoli, al plurale, va detto. Lui, Eugeniu, ha pensato a ritroso a tutti i dettagli dell’evento:
Ma c’è anche la fortuna che il figlio di Natasha non sia venuto con noi in vacanza, come doveva essere in un primo momento. C’è che hanno sentito le nostre voci urlare da là sotto. C’è che non abbiamo perso sangue, conoscenza. E poi essere qui dentro: anche questo ha del miracoloso (dal Corriere)
Ricapitolare la propria vicenda non è insultare le altre vittime, ma essere coscienti del compito della gratitudine. La tragedia ha cambiato i loro occhi su quel giorno maledetto e sui giorni a venire, loro sanno di essere nati una seconda volta. In questa estate di drammatici incidenti autostradali, anche il camionista salvatosi dal rogo di Borgo Panigale ha dichiarato che è stata una rinascita tremenda: si è riproposto di festeggiare due volte il compleanno, il giorno della sua nascita biologica e il giorno della sua nascita da adulto in mezzo all’inferno di un’autostrada in fiamme.
Lamiere e calcinacci, il nido di Dio
“Dio ha conservato un nido per noi, per salvarci” confessa Natalya è lo stupore grato si fa cammino nuovo: fidanzati da 13 anni, lei è Eugeniu hanno deciso di sposarsi in chiesa per prendere in parola Dio, che in modo vertiginoso ha scosso il cuore dal torpore della normalità. La loro vicenda è emblematica, ma è anche così simile alla trama di ogni vita. Qualche anima malpensante alzerà il dito contro di loro, ricordando che potevano farlo prima, magari si dirà persino che lo fanno solo sull’onda emotiva del momento.
E dunque? Non siamo forse tutti così? Solo uno tsunami sarebbe capace di farci apprezzare l’alba monotona di ogni lunedì autunnale. Accettiamo, quindi, con umiltà e ironia la nostra coscienza imbolsita.
Apriamo gli occhi quando è buio pesto, e la luce a volte ci dà pure noia. Non è scandaloso dire che diamo per scontato tutto finché c’è, però se ci viene data un’occasione clamorosa siamo capaci di gesta eroica per ricrederci della nostra “pigrizia” umana.
Allora non c’è che da tornare lì, all’intuizione della superstite Natalya che diventa testimone: “Dio ha conservato un nido per noi”. Nella semplicità estemporanea con cui ha pronunciato questa frase, c’è una profondità grandissima. Un ponte crollato è diventato tomba e nido: guardare questa evidenza con rabbia è giustificabile, ma non cambia il mistero dell’evento. La domanda che può farci rimboccare le maniche in questo mondo pieno di catastrofi e miracoli é: Dio conserva ora un nido per me, che ne faccio?
Possiamo ospitare, questo è nelle nostre capacità. Tralasciando le circostanze in cui siamo stati pigri, i giorni in cui ci siamo dimenticati di tutti, le settimane devote all’aggressività e ai rimorsi, oggi è un giorno in più … la trama davanti ai nostri occhi è un serie di bacchettini raccolti con premura dal becco di un Padre per farne un cesto di vita in cui abitare. Rendiamolo casa, per il tempo che ci resta.
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