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SCUOLA/ Generazione in panchina, anche la motivazione si può educare

La demotivazione è il primo spettro che si aggira nella scuola. È una malattia psicologica da curare? O una fragilità morale? Ne parla l’ultimo libro di Marcello Tempesta.

“Quante volte sarà successo, magari all’inizio del primo colloquio scuola-famiglia, di ascoltare frasi di questo tipo: ‘Signora, siamo fortunati! Le cose vanno per il meglio e il ragazzo è proprio motivato‘, oppure ‘Signora, le cose vanno male! Il ragazzo non è per niente motivato. Ditegli di darsi una mossa, o fate voi qualcosa, perché io devo andare avanti!'”.

È anche in questo modo che, più o meno all’improvviso, si manifesta nella vita di genitori, insegnanti e studenti quello che Marcello Tempesta, nella sua ultima pubblicazione,  Motivare alla conoscenza (La Scuola, 2018), chiama — con un po’ di ironia — il nuovo spettro che si aggira nella scuola: la demotivazione. Di cosa si tratta? E come farci i conti? È una malattia psicologica da curare? È una fragilità morale che chiede un surplus di impegno? È una carenza di metodo di studio cui far fronte con tecniche di apprendimento?

Il libro vuole fare i conti fino in fondo con questa grande sfida del nostro tempo, una sfida non indolore se pensiamo al crescente numero di Neet, e che a volte fa dei nostri giovani una generazione in panchina. Un paradosso, specie se pensiamo che siamo immersi nella cosiddetta società della conoscenza.

Un libro, quello di Tempesta, docente di pedagogia nell’Università del Salento, che coniuga una ricca e profonda riflessione, maturata nel confronto con la più avanzata  ricerca pedagogica italiana ed internazionale su questo tema, a un’attenta lettura della realtà, grazie al continuo contatto con il mondo della scuola.

È del tutto evidente che assistiamo ad una crescente disaffezione giovanile verso le pratiche scolastiche cui fa da contrappunto la crescente fatica degli adulti ad avvicinare i giovani alla conoscenza e allo studio. Una sfida complessa, dunque, per certi aspetti nuova, almeno nel modo con cui si presenta oggi. Il contributo del libro sta nel punto di vista originale con cui leggere ed affrontare la situazione: la demotivazione non è altro che una delle facce, forse la più ordinaria e diffusa, del disagio giovanile. E quindi non ci si può accontentare di risposte parziali: anche la motivazione è una dimensione della persona che può essere educata.

Occorre dunque un cambiamento di paradigma. Parlare di sfida educativa vuol dire che infatti che ogni adulto è chiamato in gioco per la proposta che è in grado di fare ai giovani: “E deve essere una proposta davvero capace di mobilitare i ragazzi, senza scorciatoie... Spetta all’adulto la prima mossa nella partita del processo formativo che certamente chiamerà in causa la risposta della libertà di chi cresce. Nessun contesto ostativo può impedire ad un insegnante di operare tale tentativo, rivolgendosi a quel bisogno infuocato e infinito di senso, di conoscenza e di esperienza che sopravvive in ogni ragazzo in maniera indelebile” (pag. 37)

Per gli insegnanti si tratta di una ben precisa azione professionale da intraprendere: per questo molte pagine sono dedicate alla questione della teacher education, vista la necessità di fare i conti nelle nostre scuole in modo nuovo alle sfide inedite poste dai giovani.

Ma sono chiamati in causa anche i genitori, perché un’azione educativa non può essere delegata alla sola scuola; e riguarda pure chi, a qualunque livello (si pensi alle dinamiche interne ai luoghi di lavoro) deve ogni giorno  guidare e motivare persone e gruppi.

Un libro quindi che non detta ricette a buon mercato, ma offre idee e strumenti per conoscere, favorire e promuovere la motivazione, nella certezza che nei giovani, sempre e in tutti, c’è quel punto infuocato che attende di essere acceso e alimentato. Una responsabilità che non può essere delegata.

Fonte: Carlo DI MICHELE | IlSussidiario.net

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