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La storia di Meinhard Feichter: i giorni contati sono giorni preziosi

Estate 2011. L’altoatesino Meinhard Feichter si trova in Norvegia con il figlio Lukas e un amico di famiglia per fare un viaggio in bicicletta. Una caduta a terra e la sua vita cambia radicalmente. Il viaggio si interrompe bruscamente. Il ritorno in Italia e la diagnosi: una forma inoperabile e inguaribile di tumore al midollo osseo che ha colpito la spina dorsale. Cicli regolari di chemioterapia, alcune terapie complementari decise in accordo con il proprio medico curante e la morfina per rendere sopportabile il dolore, gli permettono oggi di vivere la sua nuova vita. Una vita piena di sorrisi e allegria

Una volta che hai superato gli esami di terza media, io e te facciamo un viaggio insieme, dove vuoi tu”. Questa è la promessa che Meinhard ha fatto ai suoi figli. Dopo Thomas e Lena, nell’estate del 2011 arriva il momento di mantenere questa promessa con il più piccolo dei tre, Lukas. “Lukas espresse il desiderio di andare in bicicletta in Norvegia, lungo una route che portava al circolo polare artico – racconta Meinhard -. Un viaggio impegnativo, anche sotto il profilo fisico. Ma mi sentivo bene. In primavera avevo fatto tutti i controlli medici di routine e li avevo superati senza problemi. E così, insieme a Georg Mair, un nostro amico di famiglia, ci siamo messi in viaggio”. Nell’agosto del 2011 i tre, in sella alla bicicletta, iniziano il viaggio. “Sono stati giorni bellissimi – prosegue Meinhard -, immersi a pedalare in mezzo alla natura, fino a quando…”. Fino a quell’incidente. Una banale caduta dalla bici. Un dolore fortissimo alla spina dorsale. La ricerca di un medico. “Io non conosco il norvegese e non riuscivo a spiegarmi – ricorda Meinhard – e il medico che trovammo era specializzato più nel rimuovere ami da pesca che in ortopedia”. Il viaggio si interrompe immediatamente. E in quel momento, per Meinhard Feichter e per la sua famiglia, inizia una nuova vita. Una vita che mai si sarebbero aspettati di vivere.

Perché proprio a me? Che cosa ho fatto di male nella mia vita?”. Meinhard Feichter vive in val Pusteria. 61 anni, sportivo e appassionato di musica (suona il violoncello), dirige una grande libreria nel centro di Brunico. Un lavoro che gli piace e che lo appassiona e a cui dedica gran parte del suo tempo. E poi c’è la sua famiglia. Bernadette, che ha sposato 26 anni fa, e i suoi tre figli, Thomas, Lena e Lukas, e due nipoti.

Dall’agosto del 2011 convive con una forma inoperabile e inguaribile di tumore al midollo osseo, che tiene sotto controllo attraverso regolari cicli di chemioterapia (a distanza di una, massimo tre settimane), a cui affianca l’efficacia di alcune terapie complementari, scelte insieme e in accordo con il proprio medico curante. La morfina lo aiuta a rendere sopportabile il dolore. Non prova dolore solo quando dorme.

Quando nell’estate del 2011, dopo un viaggio avventuroso, sono arrivato in ospedale e mi è stato diagnosticato un ‘multiples myelom’ al terzo stadio nella spina dorsale il mondo mi è caduto addosso – racconta -. Mi sono chiesto: Perché proprio a me, che sono ancora giovane? Perché in questo momento? Che cosa ho fatto di male nella mia vita? Domande che sono comuni a chi, come me, si è trovato ad affrontare una diagnosi di quel tipo. Domande che hanno fatto nascere dubbi e che mi hanno gettato nello sconforto”.

Mesi in ospedale, visite mediche, controlli. Sempre aggrappati ad una speranza. Una speranza alimentata dall’amore della sua famiglia e dalla fede in Dio. “In situazioni come queste è naturale e umano dare la colpa a Dio per quello che ti trovi a vivere – confessa –, ma io non l’ho mai fatto. E questo perché sono convinto che Dio non ti manda la sofferenza. Dio non te la toglie, ma ti dà la forza per portarla e viverla”. Una certezza che Meinhard ha maturato fin da piccolo. “Ricordo che quando ero piccolo la mia famiglia si è trovata spesso ad affrontare grandi difficoltà economiche – racconta -. Mia mamma non si lasciava prendere dallo sconforto e iniziava a pregare con me il rosario. Quando avevamo finito di pregare le difficoltà c’erano ancora, ma il volto di mia mamma era più sereno e quel problema sembrava essere diventato più leggero”.

La mia prima tac, quegli interminabili 20 minuti”. “Quando ho dovuto fare la mia prima tac total body – ricorda Meinhard – ero molto preoccupato. L’esame durava 20 minuti e io sarei dovuto rimanere fermo immobile per tutto quel tempo. Sentivo i tecnici che stavano preparando la macchina. Come tenere a bada così a lungo gli spasmi e i dolori? Ripensai allora a mia mamma. Ho iniziato mentalmente a farmi il segno della croce e ho iniziato a pregare il rosario. Quella preghiera silenziosa ha abbracciato tutto il mio corpo, i miei pensieri e il mio cuore. Fino al segno di croce finale. E in quel momento ho sentito la voce del tecnico di radiologia: ‘La tac è finita. Bene, è riuscito a rimanere fermo tutto il tempo’. Il primo ad essere sorpreso ero io: ero rimasto fermo immobile, senza dolori, per quegli interminabili 20 minuti. Una sorpresa che durò ben poco. Una decina di secondi dopo che avevamo finito sono ripresi gli spasmi e le fitte alla colonna vertebrale. Ma in quegli eterni 20 minuti era successo qualcosa: Lui mi aveva reso forte nella mia totale debolezza. La Sua mano mi aveva accompagnato e sorretto nella difficoltà. Non ero da solo. Lui era con me”. Come tutti, anche Meinhard ha conosciuto, soprattutto in questi ultimi anni, dei momenti in cui la fede sembrava come “perdere il suo calore”. Ma ha sempre mantenuto viva la certezza di non essere da solo, che Dio lo accompagna e lo protegge nella Sua mano.

Ho imparato a guardare le cose da un’altra prospettiva”. L’irruzione della malattia nella vita di Meihard, ha provocato in lui un cambio di prospettiva. “Ho imparato, anche nella malattia, a riconoscere e a valorizzare ciascun piccolo segnale positivo. Anche il più insignificante, anche là dove non si penserebbe che ce ne siano – racconta -. Il mio orizzonte si è iniziato a rasserenare quando mi è stato detto che il tipo di tumore di cui soffro non si espande. Non è operabile: non ho pertanto bisogno di una particolare equipe di chirurghi chiamata ad eseguire un intervento. La ricerca nel settore dei tumori del midollo osseo continua a fare progressi: chissà, forse tra qualche tempo ci sarà una nuova terapia. L’essere affetto da un tumore mi consente di saltare le code in ospedale per fare esami e visite mediche. Il tumore mi ha permesso di ridurre lo stress sul lavoro e mi dà la possibilità di dedicare il mio tempo a ciò che mi sta a cuore e per cui prima non avevo tempo. Il tumore mi ha fatto incontrare persone che mi hanno arricchito interiormente. Il tumore mi spinge ogni giorno a fare un esame di coscienza su quella che è stata la mia giornata. Il tumore mi ha fatto conoscere il silenzio, e nel silenzio mi ha permesso di sentire la presenza e la vicinanza di Dio”.

“Non combatto contro la malattia, la guardo negli occhi”. Si è portati a pensare che contro una malattia si debba combattere. “Ma quando mi è stato diagnosticato il tumore – spiega Meinhard – non sapevo contro chi dovevo combattere e con quali mezzi potevo farlo. Il fatto poi di essere consapevole che si tratta di un male incurabile, mi rendeva perdente fin dall’inizio. Ecco che allora, lentamente, ho cercato di guardare la malattia negli occhi. È un processo che continua tutt’ora. Oggi non vivo contro la mia malattia, ma con la mia malattia. Questo mi libera dalla paura e mi fa andare avanti”.

La forza dell’amore di mia moglie Bernadette e della mia famiglia”. Nella sua convivenza quotidiana con la malattia Meinhard non è solo. Al suo fianco c’è la sua famiglia. E c’è soprattutto Bernadette, sua moglie. “Siamo sposati da 26 anni – dice -. Mi è sempre stata accanto, anche nei momenti più difficili. Anche quando, a causa di un’improvvisa setticemia, non era sicuro che riuscissi a sopravvivere. Il nostro amore si è rafforzato ulteriormente nel tempo infinitamente difficile dopo la diagnosi e durante le terapie, che sono state durissime. Lei e i nostri figli sono stati per me la ragione per cui non dovevo arrendermi. Sentire la coesione in famiglia, l’amore reciproco, la consapevolezza e la corresponsabilità, ti porta a vivere con gioia i giorni luminosi e ad attraversare le notti oscure. Oggi in famiglia non prestiamo attenzione alla mia malattia più del necessario. Ridiamo, ci divertiamo, discutiamo, e impariamo ogni giorno che la gioia della vita la si può trovare sia nei momenti felici, come in quelli difficile”.

I giorni contati sono giorni preziosi”. Meinhard Feichter racconta la sua storia in un libro, in lingua tedesca, scritto insieme a Ulrich Schaffer – “Gezählte Tage sind kostbare Tage” (I giorni contati sono giorni preziosi) – dove accanto alle parole, trova spazio anche la musica. Capitolo per capitolo, infatti, attraverso dei QRcode, è possibile ascoltare i brani scelti dagli autori a completamento di quanto detto con le parole. “In questi anni ho capito che l’amore è la ragione di tutta l’esistenza – conclude Meinhard -. Non l’ho mai avvertito così profondamente come nelle prime settimane dopo la diagnosi. È una forza potente, che va però curata, perché altrimenti si atrofizza. Mantenere vivo l’amore: questa credo che sia la nostra missione”.

Fonte: Irene Argentiero | AgenSir.it

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