«Vogliono un lavoro che abbia uno scopo. Giusto. Vogliono lasciare il segno, qualsiasi cosa significhi. Per qualche ragione però, i Millennials non sono comunque felici. Troppi sono cresciuti con strategie fallimentari di educazione familiare: è sempre stato detto loro che erano speciali. Che potevano avere tutto quello che volevano dalla vita. Abbiamo dato loro medaglie, anche per arrivare ultimi. E così quando entrano nel mondo reale, l’immagine che hanno di se stessi si sgretola».
L’esperto di marketing e autore di molti libri motivazionali Simon Sinek lo scorso settembre ha partecipato a un incontro del portale Inside Quest, poi sottotitolato e pubblicato nei giorni scorsi sulla pagina Facebookdel blog dedicato alla crescita personale Efficacemente: la sua testimonianza sulle difficoltà e sulle paure dei Millennials, la generazione nata trai primi anni Ottanta e gli anni Duemila ha collezionato migliaia di visualizzazioni e centinaia di commenti.
Secondo Sinek, la Generazione Y cresce «in un mondo di Facebook e Instagram, dove per tutto c’è un filtro». Insomma «siamo bravi a mostrare alla gente che la vita è magnifica, anche se siamo depressi».
La dipendenza dalla tecnologia
Secondo gli studi di David Greenfield, professore di psichiatria all’Univeristà del Connecticut, l’attaccamento allo smartphone è molto simile a tutte le altre dipendenze, perché causa delle interferenze nella produzione della dopamina, il neurotrasmettirore che regola il circuito celebrale della ricompensa: in altre parole, incoraggia le persone a svolgere attività che credono gli daranno piacere.
Così ogni volta che vediamo apparire una notifica sul cellulare, che sia un messaggino o una nuova e-mail, sale il livello di dopamina, perché pensiamo – anche se sarebbe il caso di dire, speriamo – che ci sia in serbo per noi qualche cosa di nuovo e interessante. Il problema però è che non possiamo sapere in anticipo se accadrà davvero qualche cosa di bello, così si ha l’impulso di controllare in continuazione.
Sinek paragona la dipendenza dalla tecnologia all’alcolismo, analizzando poi le conseguenze della continua dipendenza dagli smartphone. «Non ci sono più relazioni profonde: nei momenti di stress i Millennials non si rivolgono a una persona, ma a un dispositivo e ai social media, che offrono un sollievo temporaneo».
Una generazione impaziente, e per questo insoddisfatta
«Abbiamo una generazione che ha poca fiducia in se stessa, e non ha mezzi per affrontare lo stress – continua -. Tutto ciò che vuoi, lo puoi avere subito. Tranne le gratificazioni sul lavoro e personali: per quelle non c’è un’app, sono processi lenti, oscuri, piacevoli e incasinati» Per poi concludere: «Lo scenario peggiore è l’aumento dei suicidi e dei casi di depressione. Nella migliore delle ipotesi avremo una generazione che crescerà e vivrà la propria vita senza mai trovare la vera felicità».
La colpa secondo Sinek non è solo dei genitori, ma anche degli ambienti aziendali «a cui interessano più i numeri, che la vita di queste giovani persone. Si danno la colpa se non ottengono tutto e subito. Manca una leadership positiva. Vorrei che i genitori e la società avessero fatto di meglio, ma siamo fatti così».
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