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La Madonna che a Fatima viene a dirci che trionferà

Il mio viaggio a Fatima, venerdì santo, è stato un po’ avventuroso, tra cambi di programma del pellegrinaggio che dovevo seguire, ritardi, inconvenienti personali non raccontabili, troupe spagnola per nulla anglofona cui era quasi impossibile spiegare qualsiasi cosa (di solito almeno la parola shooting gli operatori di qualsiasi latitudine la capiscono). Insomma, alla fine sono riuscita ad approdare alla cappella delle apparizioni, ma solo dodici ore dopo la mia partenza da casa. E quando siamo state a quattro occhi, ho chiesto qualche spiegazione alla Madonna. Visto che era una vita che desideravo di venire qui, non mi potevi dare una mano, e rendermi le cose più semplici? Magari farmi arrivare come previsto quattro ore fa, così magari ci scappava un po’ di tempo per noi due da sole? E adesso che sono qui, quello che mi devi dire, me lo puoi dire chiaramente, per favore, e anche abbastanza subito?

Il Signore, però, si sa, non alza la voce, è troppo un signore, si sa. Non è nel vento impetuoso ma nella brezza leggera, e alla fine ha parlato, sì, ma quando ho smesso di farlo io. Nel suo modo dolce e delicato e sommesso. Guidando piuttosto il mio sguardo a vedere le cose che già avevo sotto gli occhi, e che erano già una risposta alla mia richiesta, perché la vera supplica da fare al Signore è proprio quella di cambiarci lo sguardo. È di questo che siamo mendicanti, dello Spirito che attragga il nostro cuore al suo, “sì che ogni pena mi paia leggera”, come dice santa Caterina in quella che a casa nostra è ormai “la preghiera della paglia” (in perugino paia e paglia suonano identiche). Non di miracoli che cambino le nostre fatiche, ma dello Spirito che ce le faccia vedere come una via verso il cuore di Cristo.

Nei luoghi di pellegrinaggio dunque non si va per miracoli facili – sebbene anche questi siano una possibilità – né per risposte veloci, o strabilianti, o improvvise rivelazioni: non è il metodo di Dio. In questo senso mi è molto piaciuto Inchiesta su Fatima, di Vincenzo Sansonetti, teso a sottolineare più la domanda di conversione che non la ricerca di sensazione, sebbene la narrazione parta dalla assoluta particolarità che occupa Fatima nella storia della Chiesa.

Fatima, giudicata dalla Congregazione per la dottrina della fede la più profetica delle apparizioni, non ha ancora finito il suo “lavoro”, e questo lo ha detto Benedetto XVI, tra gli altri. Di Fatima non abbiamo neanche capito tutto, se persino lo studioso Laurentin, grande esperto di Lourdes e massimo esperto delle apparizioni della Madonna rifiutò un incarico ufficiale offertogli dai vescovi, perché spaventato dalla mole del materiale da studiare e dalla delicatezza della vicenda, come ricorda nella lucida prefazione Vittorio Messori.

Il libro riassume in modo ordinato una grande mole di notizie, colloca storicamente la vicenda, mette in fila i dati fondamentali e ne segue gli sviluppi successivi; può essere usato anche come guida per la visita – consigliato un po’ più di tempo, rispetto a quello che ho avuto io. Ma il merito  più grande del libro è per me che colloca Fatima nel posto che le spetta: non nello scenario apocalittico che alcuni vogliono vedere, non nell’attesa di chissà quali eventi eclatanti, ma neppure in quel ripostiglio nel quale certa intellighenzia della Chiesa – per non parlare di quella laica – nasconde questa roba da donnicciole bigotte. Fatima è un richiamo alla serietà estrema della vita, e alla vita eterna. La Madonna a Fatima viene a ricordarci che dovremo fare i conti con il nostro destino eterno, non per impaurirci ma per aiutarci a vivere più in pienezza la vita su questa terra, perché chi vive con lo sguardo rivolto al cielo non vive certo meno bene e meno pienamente. Soprattutto viene a ricordarci che lei è madre, e che vuole, fortissimamente, essere coinvolta come una madre all’ennesima potenza nelle nostre vite. Viene a ricordarci che lei è mite e obbediente, ma alla fine vincerà, ce lo ha assicurato, e che non dobbiamo fare altro che chiederle di intervenire nelle nostre piccole battaglie, e anche nelle guerre mondiali.

Fonte: BlogCostanzaMiriano.it

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