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Il Mondo Nuovo che si vede e non vogliamo. Se libertà e amore si fanno contratto

Il Mondo Nuovo è già qui. I notiziari degli ultimi giorni ce lo hanno mostrato con chiarezza: un mondo dove la mamma può anche non esserci, e si può dire che un bambino è figlio dei due uomini che lo hanno ‘commissionato’; un mondo dove ci si può far uccidere quando la vita diventa insopportabile, o, in alternativa, si può lasciar scritto di lasciarci pure morire di fame e di sete se, una volta malati o comunque inabili, non riusciamo più nutrirci da soli e a comunicare. Eppure non è il mondo che abbiamo scelto: in Italia non ci sono leggi approvate dai nostri rappresentanti in Parlamento che consentano l’utero in affitto, il suicidio assistito o l’eutanasia, anzi, al contrario, le nostre leggi vietano tutto questo.

E i princìpi del nostro ordinamento sono orientati, secondo una grande e faticosamente costruita tradizione, al favor vitae. Anche il matrimonio fra persone dello stesso sesso non è legge, perché non è uscito trionfante dalla porta principale del Paese (il Parlamento), eppure sta saltando fuori dalla finestra, con le peggiori interpretazioni possibili della legge sbagliata sulle unioni civili e una piccola e insistente serie di sentenze che puntano a rendere del tutto matrimoniale – anche nel senso di genitoriale – la convivenza tra persone dello stesso sesso.

È lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, o, per dirla più concretamente, una fortissima pressione culturale e mediatica, capillare, pervasiva e a tratti persino minacciosa, che lascia poco spazio al confronto e al dissenso, spesso confinato nello spazio anarchico ed eccitato del Web. Uno Zeitgeist che non nasce dalle esigenze e dal sentire della gente, ma dalle élite e dai circoli di pensiero e di potere anche economico che dominano per la debolezza della politica, e che emergono soprattutto nella comunicazione e in certa magistratura. La legge 40, approvata dal Parlamento e confermata dal clamoroso fallimento di un referendum popolare abrogativo, è stata stravolta a colpi di sentenze che tra l’altro hanno consentito la fecondazione eterologa, aprendo a una nuova genitorialità.

Ed è stata una Corte d’Appello, martedì, a stabilire che due uomini possono assoldare una donna per partorire un bambino (due, nel caso) e farselo consegnare, e che debbono essere approvati – anziché sanzionati come prevedono le norme – nel nome di una realtà ormai consolidata, cioè del fatto compiuto. Si sta delineando un nuovo modello antropologico e valoriale, un mondo in cui non conta nulla persino la relazione più evidente fin dall’alba dell’umanità, il legame con chi ci ha dati alla luce. Nel Mondo Nuovo che è già qui a valere sono i contratti. Non si è genitori perché si è generato un bambino ma perché lo si è desiderato e commissionato con apposito contratto. Si legittima l’acquisto di gameti e la vendita del neonato previa regolamentazione di concepimento, gravidanza e parto, e in forza del contratto i due acquirenti sono chiamati entrambi papà.

È vero, certo, che i bambini di cui si è trattato nell’ordinanza di Trento vivono da sei anni con i due uomini, uno dei quali è il padre biologico. È però altrettanto vero che l’altro uomo non è un altro padre, ma il cointestatario del contratto. E che nominarlo padre non era necessario, ed è avvenuto in violazione di tutte le leggi italiane oggi in vigore. Nessuno chiede di sottrarre i bambini al padre biologico, ma è inevitabile chiedersi come sia possibile che non si faccia valere e pesare il reato commesso ‘affittando’ il grembo di una donna per farle fare figli di altri. Per questa via si legittima l’usucapione dei bambini: uno se li procura come vuole, basta che se ne prenda cura vivendoci insieme un po’ di tempo, e diventano suoi. Pure la morte su richiesta avviene per contratto: se ti dico che la mia vita a certe condizioni è (o sarà) insopportabile e firmo l’apposito modulo, tu, medico, mi devi uccidere.

Anche qui, tutto accuratamente regolato: la ‘dignità del morire’ si concretizza nel marchingegno per bere i barbiturici se non ce la fai da solo. E se il criterio per essere uccisi nella legalità è una vita diventata insopportabile, allora non si potrà negare la morte a chi non riesce a vivere dopo la scomparsa di un figlio, o del compagno di una vita: chi l’ha detto che il dolore per un lutto è meno forte di quello per una disabilità, anche grave? Sarà sufficiente predisporre un regolare contratto. È così che libertà, amore e vita stessa si fanno contratto. Siamo sicuri di volere proprio questo Mondo Nuovo?

Fonte: Avvenire.it

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