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Cosa mi ha colpito della lettera di Lidia Macchi

Qui di seguito riportiamo la lettera in cui Lidia confida a un’amica la circostanza del suo primissimo incontro con don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. La lettera, risalente agli anni in cui Lidia è già iscritta e frequenta l’Università statale di Milano, proviene dall’archivio personale del direttore di Tempi e all’epoca fu trascritta e fatta circolare dai ciellini in forma di ciclostilato.

Sotto le reazioni di alcuni adolescenti al racconto che la ragazza fece del suo incontro con don Giussani. «È un grido alla vita»

Carissima Mara,

abbiamo appena appeso il telefono ed io mi sono con amarezza resa conto che in fondo ti ho raccontato solo le cose più banali della mia vita di adesso. A me sta capitando una cosa straordinaria e un po’ confusa ma veramente grande; è come se in me adesso ribollissero con chiarezza un sacco di domande e di desideri sulla vita. Il desiderio d’essere felice, d’essere libera, cioè di trattare con libertà, senza essere schiacciata od appesantita da tutte le circostanze della vita, il desiderio di amare con profondità le persone che mi sono care, gli amici; il desiderio di costruire anch’io un pezzetto di storia perché altrimenti la storia ce la fanno gli altri sulla nostra testa e noi viviamo la nostra vita completamente indifferenti a ciò che accade fuori dal nostro cantuccio, che per quanto comodo è pur sempre meschino e determinato da piccole stupidaggini ed angherie quotidiane.

Ecco è come se la mia incoscienza, il fare sempre solo ciò che istintivamente mi salta in mente, mi avesse profondamente annoiato con la sua stupidità e superficialità. Mai come adesso la vita mi sembra profonda e grande e soprattutto misteriosa.

È proprio un mistero grandissimo che io ci sia, esista, che sia un fragile puntolino su questo pianeta che ruota con leggi straordinariamente perfette intorno al sole, ed il sole non è che un microbo nell’immensità spaziale e temporale del cosmo.

Ma cavoli, basta sollevare gli occhi al cielo di notte per intuire che la vita di tutto questo universo è un mistero grandioso e noi che siamo uomini e abbiamo e possiamo avere la coscienza di ciò, sprechiamo il nostro tempo afflitti da piccole banalità e da piccoli dolori, senza chiederci – perché ci fa troppa paura ascoltarci per un attimo, ascoltare quella voce che parla in noi, che grida che la vita non può non avere un senso – senza chiederci perché ci siamo, perché siamo fatti così uno diverso dall’altro, eppure al fondo, tutti con lo stesso desiderio.

Dio mio, ma perché se queste domande e desideri ci sono noi ci rassegniamo, viviamo in fondo disperati cioè non attendendoci niente dal domani, chiudendoci in una gabbia che diventa la nostra tomba al limite concedendoci qualche ricordo nostalgico dei bei tempi? Ma quali tempi! È inutile piagnucolare, siamo noi che per primi abbiamo presuntuosamente rinunciato ad essere seri, a prendere in considerazione tutti i grandi desideri che si agitano in noi, perché ci fa comodo piagnucolare, stare nel nostro brodo, fare dei piccoli e miseri peccatucci per credere che se almeno non siamo santi, beh, un po’ cattivelli però lo siamo; invece i nostri peccati fanno ridere i polli, consistono al massimo nella sensualità, in trasgressioni che in realtà fanno tutti, sono alla portata di tutti, perché in fondo siamo solo dei mediocri. Magari si incontrasse qualche grande peccatore profondamente abbagliato dal male!

E quand’anche io sappia tutto, come funziona l’universo intero, e come faccio a respirare, a camminare, a mangiare, chi si sogna per un attimo di ascoltarti quando ti chiedi chi sei, che cosa ci fai sulla faccia di questa terra? Di queste domande hanno tutti paura e nessuno ne parla… Ma perché oggi ci sei, domani muori, e buonanotte…

Buonanotte un corno! Io ci sono, le domande ci sono e voglio sapere, fossi anche l’unica con questo desiderio, in questo mondo superficiale – perché vuole essere tale – urlerò fino a squarciagola, finché morirò, quello che io sento.

Un mese fa mi è capitato, quasi per caso, di andare alla Cattolica con dei miei amici di Varese e di ascoltare uno che si chiama don Giussani, che faceva una lezione di teologia o morale, qualcosa del genere, perché questi esami lì sono obbligatori, e al posto di parlare dei santi e tutto il resto, parlava proprio di queste domande, con un entusiasmo ed una forza che mi hanno molto colpito e spiegava tutti i procedimenti tecnici e pratici che gli uomini escogitano per non starle ad ascoltare, per fare come se non ci fossero o non fossero importanti. Mi sembrava che parlasse proprio di me e ritrovavo tutti i nostri comportamenti abituali spiegati così chiaramente.

Io ero andata lì quasi per caso perché queste persone di Varese e altre di Milano che lo conoscono, mi avevano invitato ed io sono andata lì pensando di ascoltare le solite cose, e invece no.
È strano perché più delle sue parole, mi ha colpito lui, il suo sguardo profondo e attento, qualcosa di inafferrabile, un uomo libero, aperto, non arrabbiato o irato con la vita. Non so dirti niente di più preciso ma è come se custodisse un segreto, una forza non sua.

Io sento che devo parlargli, che lui non ha calpestato le domande che si agitano dentro di me, avrei molte cose da chiedergli, in un modo o nell’altro devo incontrarlo ancora.
Adesso non mi sembra più di essere sola alla ricerca disperata di qualcosa di cui tutti se ne fregano; è come se qualcuno, facendomi sobbalzare, perché è arrivato inaspettatamente, mi avesse detto: “Ehi, sono qui, non urlare e non disperarti, perché seguendo questa strada usciremo dalla foresta”.

E io voglio uscire dalla foresta, perché la vita è mare, cielo, monti e pianure, case, alberi, volti umani, stelle, sole e vento e noi siamo fatti per questo Infinito che c’è; basta solo guardarsi in giro e per questo seguire questo “Qualcuno” che mi è venuto incontro nel groviglio della foresta e che mi dice: “Guarda lassù tra le foglie, vedi, c’è un pezzettino di cielo blu, blu, usciamo a vederlo”.  (Fonte: Lidia Macchi, lettera incontro con don Giussani | Tempi.it)

La lettera di Lidia mi colpisce molto perché leggendola mi sono accorta che abbiamo le stesse domande, gli stessi desideri (ad esempio, essere felice). Io sono nella situazione che faccio finta di non avere quelle domande, e fingo che tutto vada per il meglio. Ma col cavolo che tutto sta andando per il meglio: a scuola faccio fatica e, nonostante abbia un carattere tenace, che non molla, mi sto un po’ demoralizzando perché penso proprio che sarò bocciata. Anche nelle amicizie faccio fatica, non ne ho di vere e solide. A scuola “vivacchio”, guardando ogni due minuti l’orologio e, pur continuando a ripetermi: “Adesso, cerca di ascoltare”, duro due minuti e poi torno a guardare l’orologio. Non mi gusto le ore anche se vorrei.
Insomma, come si sarà capito, va tutto male, eppure non ne parlo con nessuno perché non ho nessuno a cui dirlo. Ma io ci credo che c’è tra le foglie, che interpreto come fatiche, un pezzettino di cielo blu (la bellezza, la felicità…) anche se non riesco a vederlo. Vorrei le istruzioni per vedere quel cielo blu, non solo per un istante, ma capisco che il modo per vederlo è personale, dipende da persona a persona.
Mi sono rivista molto in questa lettera, e dunque mi ha colpito, perché nella lettera Lidia sembra una persona irrequieta, non soddisfatta in modo positivo, che non si accontenta di poco ma desidera sempre di più. Io sono esattamente così con un in più mille incertezze, dubbi, problemi…
Lettera non firmata

Io faccio fatica a commentare una lettera del genere, non riesco a dire nient’altro che grazie perché ogni volta che la leggo è una scoperta continua, è come se descrivesse anche il mio desiderio. È impressionante come lei si pone davanti alle cose, giuro che vorrei farlo anche io, vorrei troppo vivere ogni giorno come lo faceva lei. Quando leggo la lettera capisco semplicemente che voglio vivere intensamente, perché non sai mai cosa ti possa succedere, e le cose che ti sono donate sono grandiose solo che tu devi avere degli occhi ed uno sguardo pronto per vederle. E lei mi aiuta tantissimo a pormi con uno sguardo migliore verso la realtà… anche solo adesso che sto scrivendo la lettera a letto prima di dormire, so già che domani voglio vivere intensamente e con uno sguardo vero e profondo verso la realtà, che può essere verso lo sguardo dell’amico, verso il voto negativo o positivo, voglio solo affrontare qualsiasi cosa mi accada e viverla, voglio vivere, e quindi voglio soltanto ringraziare davvero Lidia perché mi aiuta a vivere con uno sguardo diverso la realtà.
Giacomo, 17 anni

La cosa che mi ha colpito di più della lettera di Lidia è che lei non nasconde il suo desiderio, ma anzi lo apre e ci lavora facendosi mille domande che gli permettono di affrontare la vita con eccezionalità. Quello che Lidia ha scritto nella sua lettera è ciò che desidero anche per me.
Tommaso, 17 anni

Mi colpisce in maniera profonda questa lettera, perché è un grido alla vita. Lidia fa capire tutto il bisogno dell’uomo in poche righe, il bisogno di essere felici e non dormicchiare ma vivere intensamente: gustarsi tutte le circostanze che ci capitano e vivere con una domanda grande poiché, come dice Lidia, io voglio fare un pezzettino di storia. A partire da un incontro che ti desta e ti fa desiderare qualcosa di grande da cui non vuoi più staccarti.
Luca 17, anni

Fonte: Cosa mi ha colpito della lettera di Lidia Macchi | Tempi.it

 

 

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