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Ho cenato «InGalera» al carcere di Bollate (ed è stata una serata fantastica)

L’altra sera ho cenato “InGalera”. Ed è stata un’esperienza fantastica. Sulle pagine di Avvenire ne aveva parlato la collega Ilaria Sesana, ma io volevo provarlo da cliente. Così, qualche settimana fa, ho prenotato (ci vuole un po’ di pazienza, le richieste sono tante).
«Cosa ci vai a fare? Ma sei sicuro di portarci anche dei bambini?» mi aveva chiesto qualcuno. Come se cenare nel ristorante del carcere di Bollate, attaccato a Milano, fosse rischioso. Non solo non lo è, ma è un’esperienza che consiglio a tutti. Soprattutto a chi ha dei bambini (ma anche a chi ama mangiare bene).
Io ne ho portati quattro. Due bambini e due ragazzi. Anche ai più piccoli abbiamo spiegato esattamente dove stessimo andando e chi avremmo incontrato. “Lo chef e il maitre sono professionisti. Mentre camerieri e cuochi sono persone che hanno commesso crimini e che stanno scontando la loro pena in carcere. Sono stati tutti assunti da una cooperativa. Non sappiamo quali errori abbiano commesso, ma sappiamo che sono persone in cerca di riscatto. E come tali meritano il nostro rispetto. E poi sapete una cosa, bambini? Ci andiamo anche perché dicono si mangi benissimo”.
Ciò che volevamo evitare ai bambini (ma anche agli adulti) era l’idea che stessimo andando a vedere da vicino delle persone “strane”. E, come spesso accade, i più piccoli si sono dimostrati molto più avanti dei nostri possibili timori
Il parcheggio adiacente all’ingresso del carcere è come ve lo aspettereste. Così come quel leggero brivido alla schiena che, forse, sentirete appena il portone blindato alle vostre spalle si sarà chiuso. Eppure – a parte l’ingresso e le sbarre alle finestre degli edifici – i 250 metri che vi separano dal ristorante, più che a un carcere fanno pensare a un campus. Una hostess della scuola alberghiera Paolo Frisi vi accompagnerà sino all’ingresso ”blindato” del locale, dove noterete una targa stupenda: “InGalera, il ristorante del carcere più stellato d’Italia”. Poche parole che, con una punta di ironia, dicono l’orgoglio di chi ci lavora.
(Il nostro tavolo “InGalera”)
Precisazione d’obbligo
Volutamente non ho mai informato il personale né tantomeno l’ufficio stampa del ristorante che ero un giornalista e che avrei scritto di questa esperienza. Mi sono presentato come un cliente “normale” e come tale ho pagato il conto di tasca mia. E, nel caso ve lo foste chiesto, non conosco nessuno che, a vario titolo, opera nella struttura.
Il locale
Il locale è sobrio ed elegante. I tavoli sono apparecchiati molto bene. La “mise en place”, come dicono i professionisti della ristorazione, è di grande livello. Dai piatti ai bicchieri, dalle posate a tovaglie e tovaglioli, niente è lasciato al caso.
Alle pareti ci sono enormi manifesti con le locandine di film a tema “carcerario” come “Fuga da Alcatraz” o “Il miglio verde”.
Basta meno di un minuto perché vi sentiate non nel ristorante di un carcere ma in un bel ristorante, caldo e accogliente.

Come si mangia

Siamo in dieci. Un bel gruppo. Per evitare che le pietanze arrivino in tempi troppo diversi, il maître ci consiglia il menu degustazione. Due antipasti, due assaggi di primi, due secondi e un dolce. I bambini scelgono cotoletta con patatine. “Per il vino mi permetto di consigliarle un Insolia di Cusumano e, poi, con la carne un merlot sempre di Cusumano” ci dice il maître Massimo Sestito.
Ottima scelta. Per curiosità avrei voluto vedere la carta dei vini, ma non la chiedo. Guardandomi attorno ho già visto delle belle proposte enoiche, tutte con un ottimo rapporto qualità prezzo.
Nel frattempo il maître ha terminato di elencare le portate del menu e in tavola sono arrivati i cestini con pane e grissini “fatti in casa”. Ne assaggio uno, poi un altro, poi un altro ancora. Sono uno più buono dell’altro.

Un cameriere gentilissimo serve ai bambini la cotoletta con patatine, mentre un suo collega porta agli adulti il primo antipasto: “Rollè di salmone marinato all’aneto con formaggio di capra fresco”. Mi basta una forchettata per essere felice. Il salmone è di ottima qualità. L’insieme è dapprima delicato e poi saporito senza mai strafare. Volutamente non dico nulla per non influenzare gli amici col mio giudizio, visto che ai loro occhi passo per un esperto. Conto fino a tre e i loro visi si illuminano. Sono tutti entusiasti. Le signore e i signori, i grandi e i ragazzi
“Tamburello di pesce spada padellato al timo con agretto di verdure” annuncia il cameriere. Il piatto è molto buono, l’impiattamento corretto ma un po’ troppo spoglio.
Intanto il cameriere mi riempie il bicchiere di vino. Avevo del’Insolia di Cusumano ma la bottiglia, con la coda dell’occhio (sto parlando col mio vicino) mi sembra diversa. Quando la ripone nel secchiello col ghiaccio, chiedo a mio nipote di leggermi l’etichetta. “È un sauvignon di Lis Neris”. Ottima scelta, ma che non c’entra nulla col vino di prima. Dalla Sicilia al Friuli. Per di più insieme nel bicchiere.
Qualcosa nella comanda dei vini si deve essere perso, perché poco dopo il merlot di Cusumano annunciato a inizio pasto si “trasforma” in un Morellino di Scansano di Lohsa.
Un cameriere si avvicina. Sto per dirglielo, ma lui mi anticipa: “Lo chef vorrebbe incontrare i bambini in cucina”. Ha un sorriso talmente bello che non voglio rovinare il momento con la mia protesta.
Lo chef Ivan Manzo è enorme. Se possibile, più massiccio di Cannavacciuolo. E come lui è un gigante buono, con un sorriso splendido.

Ai bambini lo chef regala un piatto di dolci.

“Sono solo per voi, mi raccomando. Non dateli ai grandi”.
I bambini tornano al tavolo camminando su una nuvoletta.
I grandi, invece, volano mangiando “uno stinco di maiale profumato alla menta e limone” da applausi.
E, dopo una giusta pausa, ecco il tiramisù con crema di nocciole, dolce al punto giusto.
Un giro di caffè ed è il momento del conto.
Il conto
Abbiamo mangiato in dieci. Le cotolette dei bambini sono costate 12 euro l’una. Gli otto menu degustazione 30 euro l’uno. L’acqua 3 euro a bottiglia. Il vino 15 euro a bottiglia, tranne il Sauvignon di Lis Neris che è costato 25 euro. Il risultato è una cena con un rapporto qualità prezzo notevolissimo. Mentre usciamo dal locale e il maitre ci invita a tornare e a dirlo in giro, penso: consiglierò certamente questo locale, ma con un’avvertenza. Eccola: non andate a mangiare InGalera (solo) perché così (magari) vi sentirete più buoni, andateci perché è buono. Anzi, un ottimo ristorante.

Se volete prenotare
Chiamate il numero 334 3081189 dal lunedì a sabato (dalle 9.30 alle 11 e dalle 15 alle 18.30).
Per ogni informazione c’è un sito www.ingalera.it

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