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Famiglia, libertà di discutere senza la pressione delle lobby

Tra Sinodo mediatico e Sinodo reale continua ad esistere una frattura incolmabile. Il fraintendimento è sottile ma sostanziale. La maggior parte dei media persiste nell’interpretare le diverse opinioni espresse dai padri sinodali con categorie politiche o sociologiche, o addirittura lobbistiche. Conservatori o progressisti, “amici” o “nemici” del Papa. Certo, chi guarda dall’esterno, senza fare lo sforzo di entrare un po’ in profondità nella realtà ecclesiale – che è poi la realtà concreta, reale, incarnata, vissuta da migliaia e migliaia di comunità in tutto il mondo – vede che ci sono padri sinodali più attenti nel sottolineare l’importanza di non deragliare rispetto ad alcuni punti fermi della dottrina. Ed altri che, convinti allo stesso modo del valore irrinunciabile rappresentato dal deposito della fede e della tradizione, indicano il primato della pastoralità.

È quanto sostanzialmente spiegato anche durante il tradizionale briefing di questa mattina dal cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo. «Qui si respira un clima di grande apertura e di grande libertà», ha detto. La discussione interna è «molto aperta, tranquilla e fraterna. Ci sono anche visuali diverse ma sempre in un clima molto aperto e senza personalismi, con il desiderio di offrire, per quanto possibile, indicazioni nuove per manifestare l’amore della Chiesa per la famiglia e la sua preoccupazione di fronte a fenomeni che vorrebbero, se non disgregare, non nobilitare pienamente il modello familiare». E inoltre non c’è una Chiesa occidentale più attenta ai problemi relazionali e una Chiesa africana o asiatica che sottolinea il rilievo preminente di altri temi. «Non ha senso considerare le diverse posizioni espresse in questi primi giorni al Sinodo, e le sensibilità che le determinano – ha spiegato Menichelli – come il frutto di una contrapposizione tra un Occidente corrotto e un Africa più fedele al Vangelo». Menichelli, moderatore di uno dei tre “circoli minori” di lingua italiana, davanti a domande che tendevano a presentare il dibattito sinodale come “polarizzato”, ha voluto chiarire: «Nelle diverse aree i problemi sono abbastanza simili. Anche in Africa si rinvia il matrimonio per ragioni economiche e pure in Occidente c’è ormai una sorta di “matrimonio di prova” sotto forma di convivenze che poi approdano al sacramento. Non c’è una occidentalizzazione del dibattito sinodale. C’è solo che i nostri problemi fanno più chiasso».

Oggi pomeriggio i padri sinodali sono impegnati nella seconda sessione dei circoli minori, suddivisi nelle tredici aree linguistiche previste dal programma.

Domani mattina invece riprendono le congregazioni generali e si torneranno ad affrontare temi diversi, rispetto all’esame della prima parte dell’Istrumentun laboris su cui stanno discutendo i padri sinodali nei circoli.

Un assaggio di questa varietà si è avuta già durante la conferenza stampa di oggi in cui, tra gli altri, è emerso il problema dell’omosessualità. Ne ha parlato il vescovo ghanese Charles Gabriel Palmer-Buckle, secondo cui l’atteggiamento che bisogna tenere nei confronti degli omosessuali è quello del Papa, cioè apertura e acoglienza nella verità. «Le persone diverse da noi – ha sottolineato il vescovo – sono figli e figlie di Dio. Dobbiamo accoglierli». In ogni caso, ha concluso il presule africano, «bisogna dare ai Paesi il tempo per confrontarsi con le questioni e con la loro prospettiva culturale. E comunque dobbiamo sottolineare che i diritti di ogni figlio e figlia devono essere difesi dovunque. Non abbiamo ancora raggiunto questa realtà, ma stiamo lavorando. Siate pazienti con l’Africa, stiamo crescendo».

Sul tema dei cristiani preseguitati è invece tornato il patriarca di Antiochia dei Siri, in Libano, Youssif III Younan, capo della Chiesa siro cattolica. «Siamo stati dimenticati e addirittura traditi dai Paesi occidentali: sembra che America e Unione europea, per una politica di opportunismo economico, stiano dimenticando queste minoranze dove è nata la fede e la cultura cristiana. Cerchiamo di fare il nostro meglio per portare dappertutto, soprattutto in Occidente, la voce di queste persone perseguitate». «Noi patriarchi e gli uomini di Chiesa siamo sconvolti da quel che accade alle nostre comunità in Iraq e Siria e cerchiamo di portare la voce di allarme alle potenze di questo mondo. Bisogna fare di tutto per far regnare la pace e la stabilità per un vero dialogo di riconciliazione».

Fonte: Avvenire.it

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