Sopra La Notizia

ILVA/ La collaborazione che può salvare l’acciaieria di Taranto (e non solo)

L’approccio giusto per risolvere il caso Ilva è quello di veder mobilitati tutti gli stakeholders senza inseguire la logica della massimizzazione del profitto

Nel settembre del 1970 il Premio Nobel per l’Economia Milton Friedman pronunciò una frase, rimasta impressa nel cuore e nelle menti di milioni di uomini d’affari e di politici pragmatici, che più o meno suonava così: “L’imprenditore ha una sola responsabilità sociale: fare profitti, nel rispetto delle leggi”. Il tempo ha mostrato quanto fosse miope, e quindi economicamente irrazionale, questo approccio alla gestione aziendale. Il caso Ilva costituisce, in questo senso, l’ennesima, drammatica, riprova. Qual è infatti la lezione dell’ex Ilva?

Vi sono, sostanzialmente e semplificando, due approcci alla gestione aziendale. Il primo è quello tradizionale dell’impresa for profit. L’imprenditore, come sostiene Friedman, ha una sola responsabilità sociale: fare profitti, nel rispetto della legge. Lo Stato, come un arbitro, detta le regole del gioco e si impegna a farle rispettare. L’imprenditore, come un giocatore in campo, cerca di fare goal (e cioè di massimizzare il profitto dei capitalisti) senza commettere falli.

L’altro approccio è quello nuovo, emerso negli ultimi anni, dell’impresa sostenibile. L’imprenditore, a differenza di quanto sostiene Friedman, ha una più grande responsabilità sociale: creare valore per tutti gli stakeholders coinvolti nell’impresa: i soci, ovviamente, ma anche i lavoratori, i fornitori, i clienti, gli abitanti in cui l’impresa è localizzata. L’imprenditore sostenibile, o lungimirante, sa che, per massimizzare nel tempo il profitto dei capitalisti, deve anche soddisfare le aspettative degli altri attori coinvolti nell’impresa. Nel breve periodo, potrebbe aumentare i profitti sfruttando i lavoratori o ingannando i consumatori o approvvigionandosi da fornitori criminali o inquinando l’ambiente circostante. Ma sarebbe un successo effimero, destinato a svanire, come dimostrano tanti casi aziendali.

Quello dell’Ilva è, in tal senso, solo l’ultimo. I fatti sono noti, non è necessario riportare cifre o rifare la storia. Il problema recente nasce da un improvviso aumento dei costi di produzione legati alla crisi dell’acciaio, che ha imposto un taglio alla produzione, e conseguenti alla cancellazione dello scudo penale che espone il management a rischi giudiziari. Il risultato è drammaticamente semplice: l’Ilva perde due milioni di euro ogni giorno. Di fronte al problema, si prospettano due soluzioni. I fautori dell’approccio for profit si appellano alle regole: pacta sunt servanda (i patti si rispettano). Lo Stato tolga alibi all’Ilva: ripristini lo scudo e se necessario ricorra ai tribunali. La Arcelor Mittal si era impegnata a non ridurre la produzione: se perde due milioni di euro al giorno sono affari suoi.

L’altro approccio è più lungimirante e, a mio giudizio, più convincente: tutti gli stakeholders si mobilitano e cooperano per ricreare un valore comune, nella consapevolezza che la chiusura dell’azienda o l’inquinamento dell’ambiente o il mancato pagamento dei fornitori si tradurrebbero in un danno per tutti. Sarebbe una tragica illusione pensare che il problema delle perdite sia un affare solo dei proprietari o che non vi sia un problema di esuberi o di risanamento ambientale o che il non fare nulla permetta di risparmiare soldi.

Le soluzioni operative possono essere molteplici: non c’è bisogno di ricorrere alla nazionalizzazione o alla cogestione aziendale. Quello che è urgente fare, nel rispetto dei ruoli e senza compromettere l’unità della direzione aziendale, è sviluppare una reale e fattiva collaborazione tra tutti gli stakeholders coinvolti per trovare una soluzione comune: lo Stato (e l’Europa) concorrano al risanamento ambientale (creando nuove opportunità di lavoro), il sindacato offra la disponibilità a sottoscrivere contratti di solidarietà, le grandi aziende dell’industria meccanica, che acquistano acciaio, concedano condizioni di favore (è nel loro stesso interesse), i proprietari si assumano la responsabilità sociale di guidare un piano di rilancio aziendale che, nel breve periodo, può implicare anche perdite di esercizio.

La lezione dell’Ilva è che il modello dell’impresa sostenibile (lungimirante) è più forte di quello dell’impresa (miope) che guarda solo alla massimizzazione del profitto nel breve periodo. Anche in economia, anche nello “sporco” mondo degli affari, vale una legge: il bene proprio si realizza insieme a quello di altri, è un bene comune.

Fonte: Antonio MAGLIUNO | IlSussidiario.net

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia