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Volontariato. Povertà, sono 178 gli «empori solidali» in 19 regioni d’Italia

Primo rapporto di Caritas Italiana e CSVnet: 178 “minimarket” dove le famiglie bisognose possono fare gratuitamente. Altri 20 apriranno entro il 2019. Mattarella: volontariato, antidoto agli egoismi

Cambia la povertà e cambia lo stile della solidarietà. Mendicanti e senza tetto ormai sono solo una minima parte della fascia dei poveri assoluti, che negli ultimi 10 anni – cioé dopo la grande crisi finanziaria partita dagli Usa – in Italia sono aumentati del 182%. Poveri oggi spesso sono lavoratori, pensionati, famiglie numerose, madri single. Esponenti cioè del ceto operaio e della piccola borghesia che per prima ha subito i contraccolpi della recessione. Per loro il “pacco viveri” regalato dalla parrocchia o il pasto alla mensa dei bisognosi rischia di essere un’ulteriore miliazione. Ecco allora l’idea, nata a fine anni ’90 ma esplosa nell’ultimo decennio, di creare luoghi simili negozi di alimentari dove chi ha bisogno può fare la spesa riempiendo il carrello con i prodotti più conformi alle proprie abitudini.

Sono gli empori solidali che per la prima volta sono stati censiti dalla Caritas e da CSVnet, l’associazione dei centri di servizio per il volontariato. Dalla mappatura è emerso che sono 178 gli empori solidali attivi in Italia, distribuiti in 19 regioni e almeno altri 20 sono pronti ad aprire entro il 2019. Più della metà sono stati aperti nell’ultimo triennio. Nel 2017 hanno “servito” 30 mila famiglie – di cui il 44% straniere – e 105 mila persone, durante le oltre 100 mila ore annuali “di servizio”, garantite finora da 5.200 volontari.

Il primo rapporto è stato presentato stamane a Roma durante l’incontro “Quando le persone fanno la differenza. Il volontariato che tiene unite le comunità” organizzato da CSVnet, Forum Nazionale del Terzo Settore e Caritas Italiana per celebrare la 33^ Giornata internazionale del volontariato. L’accesso agli empori avviene in base alla verifica delle condizioni di difficoltà (soglia Isee, Irpef) e colloqui individuali. In 150 empori le famiglie fanno la spesa gratis, utilizzando una tessera (elettronica o manuale) a punti da scalare. Gli empori – è stato spiegato – sono una forma avanzata di aiuto alle famiglie che vivono situazioni temporanee di povertà e spesso sono un’evoluzione delle tradizionali distribuzioni di “borse-spesa”. È un modello che ha conosciuto una crescita impressionante nell’ultimo triennio: il 57% degli empori (102) ha aperto tra il 2016 e il 2018, quota che sale al 72% se si considera anche l’anno precedente. Il primo è nato nel 1997 a Genova.

Nella quasi totalità dei casi gli empori sono gestiti da organizzazioni non profit, spesso in rete fra loro: per il 52% sono associazioni (in maggioranza di volontariato), per il 10% cooperative sociali, per il 35% enti ecclesiastici diocesani o parrocchie, per il 3% enti pubblici. Le Caritas diocesane hanno un ruolo in 137 empori (in 65 casi come promotrici dirette); i Csv lo hanno in 79 empori, offrendo prevalentemente supporti al funzionamento. Gli empori sono aperti per 1.860 ore alla settimana per un totale di oltre 100 mila ore all’anno. La maggioranza apre 2 o 3 giorni alla settimana in giorni infrasettimanali, mentre 37 sono aperti anche il sabato.

L’utenza è anagraficamente molto giovane: il 27,4% (di cui un quinto neonati) ha meno di 15 anni, appena il 6,4% supera i 65. L’86% degli empori offre anche altri servizi come accoglienza e ascolto, orientamento al volontariato e alla ricerca di lavoro, terapia familiare, educativa alimentare o alla gestione del proprio bilancio, consulenza legale ecc. Il costo mensile per la gestione degli empori oscilla tra 0 e 28 mila euro, tuttavia più del 70% si attesta nella fascia tra 1.000 e 4.500 euro. A pesare maggiormente sono le voci di costo relative all’acquisto diretto dei beni (circa 40%) e personale (per il 22%). Gli empori gestiscono: alimenti freschi e ortofrutta (in 124 servizi), alimenti cotti (in 30) e surgelati. Ma anche prodotti per l’igiene e la cura della persona e della casa (in 146 empori), indumenti (in 50), fino ai prodotti farmaceutici, ai piccoli arredi e agli alimenti per gli animali. Molto presenti infine prodotti per bambini e ragazzi: giocattoli (disponibili in 62 realtà), articoli per la scuola e prodotti di cancelleria (in 92) e soprattutto alimenti per neonati (in 150).

Quella degli empori è una storia di volontari, che sono presenti in tutte le strutture. Sono stati 5.200 (32 in media) quelli dichiarati nell’attività di questi anni e 3.700 (21) quelli attivi al momento della rilevazione. Presenti anche i volontari stranieri, mediamente 4 per servizio. Sono 178 gli operatori retribuiti dichiarati da 83 empori: 54 di questi ha solo personale part-time; le persone a tempo pieno sono 49 distribuite nei restanti 29 empori, mentre sono 44 i giovani in servizio civile.

«La povertà che incontriamo in questo tempo è una povertà che si è trasformata da strutturale a familiare – spiega il responsabile area nazionale Francesco Marsico – con una presenza sempre maggiore di nuclei che prima avevano una capacità autonoma di provvedere a se stessi, parliamo di famiglie occupate, di poor workers, di tutti soggetti che erano o sono dentro il mercato lavoro ma che non ce la fanno». Gli empori solidali dunque «nascono proprio nella logica di creare dei meccanismi non stigmatizzanti – dice Marsico – per fornire luoghi in cui le persone, che ordinariamente andavano al supermercato possano avere un set di minima scelta e conservare l’idea di girare tra gli scaffali dei prodotti. Ma la crescita degli empori ci segnala anche l’aumento significativo delle persone in condizione di povertà».

E di volontariato ha parlato anche il presidente della Repubblica: “un antidoto alle chiusure e agli egoismi che possono generarsi di fronte a momenti di difficoltà personale o collettiva”, ha detto Sergio Mattarella. “Il volontariato mette al centro la persona ma va oltre l’individuo: è un modo di pensare in grande, una spinta a mettersi nei panni degli altri e, nondimeno, una fonte di benessere soggettivo oltre che collettivo – aggiunge – I volontari, infatti, siano essi al servizio dei propri valori o in cerca di relazioni e opportunità di crescita professionale, coltivano e trasmettono un senso di soddisfazione personale e un ottimismo per se stessi e per il mondo”.

“Non va dimenticato poi – conclude il Capo dello Stato – che il volontariato attrae tra le sue forze anche giovani e giovanissimi dando voce a nuovi temi. In ragione della sua capacità di costruire reti, il volontariato è uno spazio importante del protagonismo civico, prezioso alleato nella ricostruzione del desiderio di impegno politico e civile”.

Fonte: Avvenire.it

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