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CITTA’ IN RELAZIONE – Lavoro, innovazione e nuove politiche per la città

Continuano i lavori di “CONnessioni – Percorsi di formazione politica”, nella sede de La Civiltà Cattolica: nel secondo incontro, sabato 24 febbraio, si è parlato di lavoro, innovazione e nuove politiche per la città con Paolo Benanti, francescano, docente di teologia morale alla Pontificia Università Gregoriana, e Marco Bentivogli, segretario generale della Federazione Italiana Metalmeccanici (FIM CISL).

In apertura, p. Francesco Occhetta ha guidato una riflessione sul senso profondo del “dare”: la povera vedova di cui racconta il Vangelo di Marco (12, 38-44) interroga sulla capacità di donarsi totalmente e ci ricorda che anche ciò che sembra di poco conto, davanti a Dio può avere importanza. La santità è ripartire dai piccoli gesti, autentici, che, cavati fuori dalla nostra povertà, diventano fondamentali per poter essere seme fecondo nella società.

P. Paolo Benanti ha trattato il tema “città” declinandolo nella direzione dell’innovazione digitale e della necessità di una politica che trasformi l’innovazione in sviluppo umano, intendendo per politica l’attenzione al bene comune e non soltanto la risposta di soluzioni pratiche ad alcune istanze. Benanti ha presentato in due tappe i possibili scenari e le sfide future, che possono essere considerate le domande chiave a cui si dovrà rispondere.

Per “scenario” intendiamo uno strumento che consente di guardare a possibilità che non è detto che accadano. È bene tenere presente che gli scenari non sono previsioni né profezie, né simulazioni, ma sono realtà possibili, che servono a sviluppare un pensiero immaginativo, prevedendo soluzioni e strumenti di analisi. Combinano teoria e narrazione in maniera rigorosa e pre-suscitano un pensiero che può accompagnare una gestione politica.

Quali potrebbero essere questi scenari? Come l’innovazione digitale potrebbe cambiare, ad esempio, il settore medico?

Con il machine learning, tutti i dati raccolti dal sistema sanitario possono predire degli outcome del paziente; alcuni progetti propongono una registrazione continua dei nostri parametri vitali e ciò consente alla macchina di avere una forte previsione di quale potrebbe essere la nostra condizione di salute; uno scenario prevede un minor numero di personale medico che si occuperà dei casi indicati dalla macchina, ciò significa che il medico sarà guidato, attraverso un processo di machine learning, verso quel paziente che ha maggiore probabilità di vita. Ciò mette di fronte al fatto che le risorse non bastano per tutti, che i dati sanitari sono considerati una risorsa molto interessante, e pone la questione di come e quanto sia lecito che una macchina decida chi vive e chi muore, ovvero di una condizione che non è sempre una risposta tecnica sulla condizione del paziente.

Un altro scenario riguarda la pervasività dei sistemi di visione digitale. Le nostre città sono oggi piene di telecamere che analizzano flussi di dati. Una delle sfide riguarda sicuramente la privacy: alcuni sistemi digitali sono capaci di individuare anche lo stato emotivo di una persona; chi è, però, il proprietario di questi dati biometrici?

Un ulteriore scenario è quello militare, in particolare il controllo delle armi autonome. Esistono droni in grado di attuare un’eliminazione selettiva delle persone e potrebbero essere utilizzati nelle città. Questo pone molte questioni riguardanti la sicurezza nazionale e la difesa pubblica. Ogni volta che carichiamo un contenuto sui social, applichiamo a noi stessi dei “tatuaggi digitali” che consentono di profilarci, ovvero di essere inquadrati ed etichettati all’interno di una determinata categoria. In base a questo, viene impostato il marketing di grandi marchi, creandosi interazioni tra noi e queste aziende.

Infine, lo scenario che prende il nome di social credit, vigente già in Cina, in cui tutte le persone hanno un numero a quattro cifre, secondo la propria abilità sociale a rientrare in una determinata categoria. Lo Stato dà più o meno accesso a un lavoro o a un visto in base alla categoria nella quale si rientra: si dà un modello di comportamento e, come in una corsa all’oro, si portano le persone a omologarsi.

La sicurezza dei dati e le informazioni di alcuni dati sociali possono essere utilizzati per intenzioni malevole, come ad esempio un furto di identità. In sistemi complessi, questo può causare anche problemi di sopravvivenza. I dati rappresentano una risorsa molto rilevante dell’informazione digitale e su questo tema si decideranno molti degli scenari politici.

Quali, allora, le sfide?

Il “conosci te stesso” di Socrate non è più riferito a un cammino di ricerca spirituale ma, piuttosto, al conoscere quali dati produce la mia persona. Quale valenza hanno, quindi, i dati? E la dignità del singolo si riduce alla questione dei dati? Chi è il proprietario dei dati? Dove finisce la mia proprietà individuale di dati e dove inizia quella dell’altro?

Benanti cita l’esempio del caso Strava e di come, a volte, anche la mancanza di dati possa comunicare informazioni. Infatti, questa app di fitness permette di mappare i luoghi più frequentati da coloro che fanno sport e questi luoghi. In zone come l’Afghanistan, l’app, che viene utilizzata soltanto dai soldati americani fornisce informazioni su luoghi che coincidono con le basi militari USA.

Il nostro non è un futuro da evitare ma da costruire: bisogna mettersi di fronte al fatto che la tecnologia incontrollata, da sola, non è fonte di bene.

Un’altra questione è quella della profilazione. L’algoritmo della profilazione spinge ad avere un certo comportamento o semplicemente lo predice? Se comprendiamo questo limite, è possibile anche comprendere la gestione politica e sociale di questo meccanismo.

Sfide etiche accompagnano la profilazione e l’intelligenza artificiale. Le intelligenze artificiali si basano sui dati: oggi le consideriamo “imprecise” perché i dati sono un’approssimazione della realtà. E’ possibile costruire una mappa 1:1 dei dati della realtà? Ammesso che sia fattibile, ciò sarebbe inutile, perché si avrebbero troppi dati. Le decisioni prese dalle macchine diventano una riduzione della realtà: come gestire, quindi, l’errore della macchina? Anche questo rientra tra le sfide etiche. Altre sfide possono essere quelle che riguardano l’ambito lavorativo che coinvolge il modello a sciame, oppure quello della sicurezza nazionale e militare. Sono problemi che non necessitano di un’immediata soluzione, ma sono scenari possibili. Diventa quindi fondamentale creare spazi che sappiano generare domande di senso in relazione a queste sfide e a questi scenari.

All’intervento di Paolo Benanti è seguito quello di Marco Bentivogli, che ha posto l’attenzione a quello che ha definito “il secondo balzo in avanti dell’umanità”: come la macchina a vapore ha stravolto il modo di vedere dell’uomo, così anche oggi le nuove tecnologie offrono nuove possibilità. Secondo Bentivogli, bisogna affrontare, però, tutte le ricadute, tutte le occasioni e tutte le sfide di questo balzo in avanti, non solo nel lavoro. È importante sfoderare una grande capacità di progettazione e, in questo, la tecnologia contiene i valori di chi la progetta. Lo smart working diventa una grandissima opportunità ma se si pensa ancora con categorie del passato su un lavoro presente, si rischia di sbagliare policy e di considerare solo una parte delle persone. In questo, il ruolo della politica è centrale.

Il problema della privacy è un problema reale, ma gli stessi rischi sono stati corsi anche senza politica 4.0, dal momento che, nel nostro Paese, si cerca di costruire da sei anni un’anagrafe digitale e non ci si è ancora riusciti. Il tema non è la privacy, è l’inefficienza.  Lo stesso Stato rischia di essere uno dei maggiori aguzzini dei cittadini per garantire la propria burocratizzazione.

Facendo riferimento al tema della profilazione, ad esempio, il curriculum standard europeo è strutturato in modo tale da essere letto da un algoritmo. Che considererà non il titolo ma il luogo in cui si è presa la laurea. La situazione attuale non è più garantista della persona: diventa assolutamente importante, quindi, buttarsi in questa partita per orientarla. Se gli ordini professionali sono bloccati, allora meglio un sistema di lavoro a sciame. Il sistema pubblico, che è inclusivo, deve assolutamente cogliere questi cambiamenti e entrare nella progettazione dei nuovi scenari, così come anche i sindacati devono influenzarli con i loro valori.

Creare ecosistemi intelligenti dentro le imprese, la rigenerazione urbana, sono alcune delle partite importanti da giocare. I sistemi di produzione verso cui ci stiamo dirigendo, fortemente caratterizzati da interdipendenza, creeranno difficoltà se non si costruiscono anche ecosistemi urbani molto più connessi. Non possiamo permetterci un sistema come l’attuale sistema di trasporto o come l’attuale prestazione lavorativa: sono ancora necessarie le otto ore di lavoro, in un luogo specifico? È stato visto che nei lavori in cui si conciliano meglio le ore di vita-lavoro, i lavoratori producono meglio. La sostenibilità non fa bene solo al cuore: fa bene anche al sistema. Diventa fondamentale affrontare questa partita come una grande possibilità di anticipo del cambiamento, una capacità di guardare avanti e abbandonare la lagna generazionale.

Bentivogli sottolinea come sia importante valorizzare la nostra umanità e non farci schiacciare dalla tecnologia. Al contrario, questa deve portare a lavori a “umanità aumentata”.

Molte città, come Roma, si sono impoverite perché si sono rotti dei legami sociali e umani. La tecnologia deve essere al servizio di connessioni tra persone che stanno condividendo una stessa realtà, e portare a estendere la realtà come un’immensa opportunità.

Nella seconda parte della mattinata, i lavori di gruppo sono stati affidati a Roberta Leone per approfondire la riflessione sulle parole partecipazione/consenso al tempo dei dati e a Luigi Bartone per una chiave umanistico-architettonica dell’abitare la città. Sono stati presentati due casi concreti in cui, nel primo, una questione di interesse pubblico faceva emergere in città la questione di una possibile collaborazione tra forme partitiche di partecipazione e aggregazione di consenso nei social network: ai gruppi si chiedeva di esporre il proprio metodo di dialogo e di composizione. Nel secondo laboratorio si è affrontato il tema delle risorse economiche, limitate, da destinare alle politiche abitative e dei relativi criteri di distribuzione.

Fonte: Sara Lucariello | Pensarepoliticamente.net

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