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Ecco cosa mi ha insegnato Dio su ansia e autocontrollo

e come ho trovato pace con l’aiuto di Thomas Merton, del beato John Henry Newman e di San Giovanni Paolo II

Permettetemi di dirvi qualcosa che dimentico troppo spesso.

Dio è qui ed è attivo.

Intendo molto attivo.

Ma onestamente ho qualche problema a comprenderlo totalmente e ad accettarlo.

Lasciatemi spiegare.

Il fatto è che voglio il controllo. Quando ero ragazzo, due eventi hanno rivoluzionato la mia vita: i miei genitori hanno divorziato, e contemporaneamente ci siamo trasferiti in un’altra città.

È stato un periodo di grande ansia per via della notevole incertezza. Guardando indietro, sono certo di aver avuto alcuni attacchi di panico e un livello costante di preoccupazione. Mio padre mi ha insegnato come pormi degli obiettivi. La chiave, mi ha detto, è delineare una chiara visione di chi vuoi essere e di cosa vuoi fare, e poi lavorare sodo, sacrificarti e rimanere fedele a quello che ti sei prefissato. E ha funzionato. Era inebriante pormi un obiettivo, raggiungerlo e poi spostarmi su un altro. Il mio orgoglio veniva fomentato. Amavo l’approvazione altrui. E questo mi dava il controllo.

Non sono più un ragazzo, ma quel ragazzo vive ancora dentro di me (come ha notato un saggio, “Il bambino è padre dell’uomo”). Man mano che crescevo, ho capito che anche se la mia visione è maturata e i miei obiettivi sono cambiati voglio ancora più controllo. E tuttavia ne ho meno.

Ora capisco che ci accadono cose che vanno al di là del nostro controllo.

Invecchiamo. Commettiamo degli errori. Non possiamo risolvere sempre i nostri problemi o quelli dei nostri cari semplicemente lavorando ancor più duramente. Non possiamo controllare il mondo in cui viviamo, e nemmeno il nostro quartiere.

E questo è snervante.

Per qualcuno che è uscito dall’ansia infantile stilando semplicemente liste di obiettivi su un quadernetto e lavorando tenacemente per raggiungerli, questa perdita di controllo può essere deludente, se non decisamente spaventosa.

Ma è lì che ho imparato qualcosa sulla fede.

Intendo la vera fede.

Se credo in Dio – intendo se credo davvero che Dio sia qui ora, che sia attivo e mi ami per come sono ma voglia che io faccia qualcosa di splendido ai suoi occhi –, allora devo confidare in Lui. Devo abbandonare tutto i miei rigidi schemi.

Devo rinunciare al controllo.

Ma questo sembra troppo difficile. Rischioso. Pericoloso. È un processo quotidiano per credere che Dio sia chi dice di essere. E che io posso fidarmi di Lui.

E se ho lottato con questa realtà che influisce sulla mia sicurezza, sul nocciolo di ciò che sono, sono stato rassicurato dal fatto che anche altri ben più grandi di me hanno lottato contro la stessa cosa.

Mi ha aiutato molto la grande preghiera di Thomas Merton:
“Signore mio Dio, non ho alcuna idea di dove stia andando. Non vedo il cammino davanti a me. Non posso sapere di sicuro dove andrà a finire. E neppure conosco veramente me stesso, e il fatto che io pensi di seguire la tua volontà non significa che lo stia facendo davvero. Ma credo che il desiderio di farti piacere davvero ti piaccia, e spero di avere questo desiderio in ogni mia azione. Spero di non fare mai nulla al di fuori di questo desiderio. E so che se agirò così tu mi guiderai per il giusto cammino, anche se posso non saperne nulla. Per questo avrò fiducia in Te sempre, anche se potrà sembrarmi di essermi perso e di trovarmi nell’ombra della morte. Non avrò timore perché tu sei sempre con me, e non mi lascerai mai solo di fronte ai miei pericoli”.

Mi ha guidato anche l’approccio del beato John Henry Newman:
“Dio mi ha creato per renderGli un determinato servizio. Mi ha affidato un’opera che non ha affidato a un’altra persona. Io ho la mia missione specifica. Potrò non conoscerla mai in questa vita, ma mi verrà detta nella prossima… Avrò, perciò, fiducia in lui. Qualsiasi cosa e dovunque io sia, non posso mai essere buttato via. Se sono ammalato, la mia malattia può servire a Lui; se sono nel dolore, il mio dolore può servire a Lui. La mia malattia, o perplessità, o dolore possono essere cause necessarie di qualche grande disegno il quale è completamente al di sopra di noi. Egli non fa nulla inutilmente; può prolungare la mia vita, può abbreviarla; sa quello che fa. Può togliermi gli amici, può gettarmi tra estranei, può farmi sentire desolato, può far sì che il mio spirito si abbatta, può tenermi celato il futuro, e tuttavia Egli sa quello che fa”.

Mi ha incoraggiato anche San Giovanni Paolo II:
“Non abbiate paura. Non accontentatevi della mediocrità. Prendete il largo e calate le reti per la pesca”.

Credo che queste parole di questi grandi uomini mi siano state poste davanti dalla mano invisibile dello Spirito Santo.

In mezzo all’incertezza della vita, non siamo chiamati a controllare. Siamo chiamati ad avere fede. Se crediamo in Dio – se crediamo davvero che sia quello che è e che farà ciò che promette -, allora siamo chiamati ad abbandonare le nostre paure e a gettarci tra le braccia di Cristo. Siamo chiamati ad assaporare l’amore in cui siamo nati, la gioia che si ritrova nei misteri della vita e la pace che troveremo alla fine nella nostra futura casa celeste.

Non ho il controllo completo. E va bene.

Dio è qui ed è attivo.

E questo mi dà una grande pace.

Fonte: Tod WornerAleteia.org

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