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“L’albergo dei migliori”, in un film il racconto di un luogo di speranza
— 29 Ottobre 2025— pubblicato da Redazione. —
Un documentario, presentato alla Festa del Cinema di Roma, testimonia la singolare esperienza caritativa di Palazzo Migliori. Il lungometraggio sul centro di accoglienza, gestito dalla Comunità di Sant’Egidio con il contributo dell’Elemosineria Apostolica, è stato realizzato dagli allievi dell’ ITS Rossellini della capitale con la regia di Massimo Franchi
Fulvio è un cuoco. Lo si capisce dallo sguardo accudente, dal buonumore a cui le sue sopracciglia sono evidentemente abituate, dalla bocca che si apre quasi involontariamente al sorriso. È orgoglioso della sua pasta al forno, anche la carbonara è sempre un successo, ma non disdegna l’importanza delle zuppe. Un pasto caldo, specie d’inverno, riempie il cuore prima dello stomaco. Ma soprattutto, dice, è bello mangiare insieme, perché si è una famiglia, e in famiglia il pasto condiviso è una dimostrazione di affetto. È questo che fa la differenza, questo l’elemento che rende l’esperienza del Palazzo Migliori unica e insieme un esempio da seguire ed esportare.
Un’opera di carità
Inaugurato nel novembre del 2019 da Papa Francesco in un Venerdì della Misericordia sotto una pioggia battente, Palazzo Migliori è un Centro di Accoglienza gestito dalla Comunità di Sant’Egidio con il contributo dell’Elemosineria Apostolica. Conserva il nome della famiglia che nel 1930 ne cedette la proprietà alla Santa Sede, negli anni passati ha accolto una Congregazione religiosa femminile, e sei anni fa è stato dedicato da Papa Francesco ad un’opera di carità per persone senza fissa dimora. Un documentario autoprodotto, realizzato dagli allievi del ITS Rossellini di Roma con la regia di Massimo Franchi, racconta questa esperienza unica e ci fa conoscere i volti di molti dei quarantacinque assistiti e dei tanti volontari che vi lavorano.
La bellezza come cura
Il palazzo, risalente alla fine del Settecento, è dotato di vasti ambienti con vista sul colonnato di San Pietro (“La bellezza è di per sé un atto di cura”, afferma la psicoterapeuta del Centro), di una cappella al primo piano, di camere da letto al terzo e quarto piano, di un ascensore per consentire l’accesso agli anziani e ai disabili. Il secondo piano ospita la cucina, la sala da pranzo, e le attività culturali, educative e ricreative. Nella cucina inoltre i volontari preparano anche circa duecentocinquanta pasti che vengono distribuiti quotidianamente ai poveri nelle maggiori stazioni ferroviarie della città. Apre alle 19.00. Alle 19.30 la cena. Poi due chiacchiere, la televisione, ma, in genere, a letto presto, per la stanchezza accumulata durante il giorno. Colazione alle 7.00. Alle 8.00 si esce. Non è però un dormitorio, ma una vera casa: le posate sono in metallo, i piatti di coccio, proprio come in una casa.
Quasi il mondo che vorrei
“Il film”, dice Massimo Franchi, “doveva inizialmente essere uno spot, ma è diventato sempre più lungo, fino ad assumere le dimensioni di un documentario di circa due ore”. Lo si capisce: impossibile resistere alla tentazione di filmare volti che raccontano una storia attraverso le rughe, gli occhi affaticati, e lo strano sorriso che li accomuna. Le storie sono spesso simili: disoccupazione, divorzio, a volte delinquenza, a volte dipendenza; sempre solitudine, la più grande povertà. Incontriamo Emilia, la decana del Palazzo, i segni ancora evidenti di una sfiorita bellezza sul volto, i capelli per vezzo portati ancora lunghi, con una coda di cavallo laterale che le cade su una spalla. Giovanni che, indeciso se diventare indossatore o sacerdote, ha scelto di fare il cantante nelle piazze, le dedica “un pezzetto di una canzone di Pavarotti”. Intona “Nessun dorma”. L’interpretazione non è precisa, ma spezza il cuore. Fabrizio è un musicista, Alfred un pittore e scultore. Il livello culturale è sorprendentemente alto. Marco, uno dei volontari, è professore di Storia medievale alla Lumsa: ha organizzato incontri di poesia, e poi lezioni di Storia. “Palazzo Migliori”, dice, “è il trampolino che consente il salto verso una vita diversa”. Dopo tante delusioni, la vita può tornare ad essere bella. Raffaella, una delle volontarie, dice con un sorriso timido: “Siamo diversi, ma qui siamo tutti insieme: è quasi il mondo che vorrei”.
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