Sui social tiene un diario giornaliero che, seppure provenga dal suo letto di dolore, tuttavia, sa di speranza e di amore, di amore per Dio e per la vita, nonostante la prova. La croce di Pietro Lonardi – insolito “influencer” -, che lo spinge a tenere un “diario di bordo” aggiornato, si chiama Sla e gli ha sconvolto la vita da 6 anni. L’uomo, un imprenditore legnaghese di 56 anni – come ha raccontato il quotidiano L’Arena, ricostruendo la sua storia in un bel servizio a cura di Elisabetta Papa – ha scoperto di avere la sclerosi laterale amiotrofica, malattia neurodegenerativa progressiva, che colpisce i motoneuroni, 6 anni fa.
Da allora la sua vita ha subito un cambiamento costante, di pari passo con l’aggravarsi della sua patologia, come racconta nelle sue “Pillole di Sla”, pubblicate su Facebook e Instagram. La sclerosi laterale amiotrofica colpisce, infatti, le cellule nervose responsabili del controllo dei movimenti volontari, causando prima atrofia e infine paralisi. È proprio il progredire inesorabile della malattia che Pietro racconta sul suo diario online, ma non senza accompagnarlo ad un costante canto d’amore verso la vita, verso Dio e verso gli altri. «Perché la vita» – rivela Pietro- «è qualcosa di prezioso, che vale sempre la pena assaporare, anche quando senti che le forze ti abbandonano ogni giorno di più e la stanchezza ti prende tutto il corpo o quando gli occhi diventano sempre più affaticati».
È proprio questa, infatti, la missione a cui Pietro si sente chiamato: quella di lasciare una traccia scritta su come si possa attraversare una prova così dolorosa, non solo non cadendo nella disperazione, ma creando una rete di legami solidali con gli altri: è il suo modo di abbattere le barriere, non lasciandosi rinchiudere nel proprio dolore e aiutando gli altri a fare altrettanto, condividendo quotidianamente la propria lotta coraggiosa, piena di speranza. Per questo motivo, considerato lo straordinario esempio da lui incarnato, l’Utlep di Legnago, su proposta del sindaco Paolo Longhi, gli conferirà, a fine settembre, il “Premio cultura 2025”.
La sua intensa attività di scrittura avviene grazie ad un puntatore oculare che gli permette anche di comunicare con le donne della sua vita, sua moglie e le sue due figlie che, come sottolinea, trasformano il suo quotidiano in “pura felicità”. Scrive principalmente di notte, unico momento in cui i suoi occhi glielo consentono e non annota solo le “sventure” legate alla sua malattia, ma anche i piccolissimi piaceri, come il sapore fresco della menta del collutorio o il modo vigoroso in cui la sua assistente gli scuote gambe e braccia, la mattina, dopo 12 ore di immobilità.
Una ventata di speranza, la sua storia, che sembra davvero soffiare in senso contrario rispetto ai venti di morte che attraversano non solo i media, ma l’attuale dibattito politico sul fine vita e che, man mano che procede, vede il moltiplicarsi di storie di sofferenza dall’esito disperato – come l’ultima, risalente appena a questa mattina, quella di Martina Oppelli 50enne triestina, affetta da sclerosi multipla da oltre 20 anni, deceduta in Svizzera, dove ha avuto accesso al suicidio medicalmente assistito, come rende noto l’associazione Luca Coscioni.
Anche la storia di Pietro, attraversa, come specifica egli stesso, momenti di sconforto legati alle sue sofferenze, ma, nel suo caso, c’è anche un’importante via d’uscita che è la fede, rafforzatasi durante le sue visite ai luoghi di padre Pio o al Santuario dell’ Amore Misericordioso di Collevalenza. «Penso e ripenso a questa malattia e mi convinco sempre più che essa sia “spiritualizzante”», confida Pietro.
«Piano piano si perde il corpo e rimane lo spirito. Sento che la SLA sia stata un bene permesso da Dio per la salvezza della mia anima e ringrazio, nonostante la sofferenza, nonostante adesso si farà dura»- azzarda Pietro. Quanto al delicato tema del fine vita, Pietro non ha dubbi e, pur manifestando rispetto verso chi compie scelte diverse dalla sua, tuttavia senza dubbio alcuno afferma: «Non c’è disperazione se c’è Dio. La vita, quando senti che stai per perderla, vuoi solo averla: brutta o bella che sia, ricca o povera, sofferente o no, libera o meno».
Fonte: Manuela Antonacci | IlTimone.org