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Un passato molto presente

Un punto di vista cattolico sul ’68, sulle sue conseguenze sulla mentalità corrente e sul valore dell’educazione oggi. È quello di un “figlio” di don Giussani come Giancarlo Cesana

Un ’68 niente affatto da amarcord, ma come punto “fatidico” per comprendere come siamo messi oggi, qual è la nostra postura umana, il nostro modo di affrontare la vita. Per verificare se per caso «anch’io non mi sento molto bene» e orientarsi sul che fare. «Questo lavoro è l’espressione della prospettiva con la quale ho guardato e vissuto le circostanze che, proprio a partire dal ’68, hanno prodotto la mentalità corrente».

La prospettiva è quella dichiarata dal sottotitolo del libro: “Un punto di vista cattolico”. Un punto di vista «felicemente desueto», annota Giuliano Ferrara con un acuto quasi-ossimoro nella sua prefazione. Conosco e stimo Cesana da oltre mezzo secolo: non è tipo da allinearsi neanche per un pelo al consueto, cioè alla moda, all’ovvio, alla maggioranza. Mai avuto paura di porsi di fronte alla realtà giudicandola. In questo, di sicuro, da “figlio” di don Giussani.

Cesana impatta ventenne nel ’68 da «cristiano secondo me»: come più o meno l’intera sua generazione, sul crinale fra tradizione languida e pratico rifiuto. Il ’68 fallisce nel suo obiettivo dichiarato di giustizia sociale e di società dell’eguaglianza, contribuisce invece a realizzare la rottura con la tradizione cristiana (già di suo indebolita) e a propagare, con i suoi leader candidati a classe dirigente, un nichilismo gaio, una società individualistica radical-borghese.

L’interminabile ’68

All’autore interessa comprendere natura e conseguenze delle trasformazioni primariamente sulla stoffa dell’umano, la «mutazione antropologica», per dirla con Pasolini. Non con intenti dottrinari, ma per questa attenzione all’umano propria di un punto di vista cattolico, le riflessioni di Cesana indagano le sorti e la pertinenza attuale di parole chiave come verità, libertà, felicità, fede; si addentrano in campi dove si documentano le conseguenze del loro essere presenti o negate, comprese o malintese: la sessualità, il valore della vita (quindi aborto, eutanasia, eccetera), il lavoro. Ma anche libertà e potere; fede con opere (e politica); coessenzialità di carisma e istituzione.

Le ultime pagine suggeriscono una ininterrotta – come “ininterrotto” è il ’68 visto da Cesana – ripartenza: l’educazione intesa come «attrazione e indirizzo dell’energia personale, provocata al giudizio (cultura), all’azione (carità) e al confronto (missione), in un contesto comunitario di testimonianza e sostegno reciproco».

Fonte: Maurizio Vitali |  Clonline.org

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