Il film di Alex Kendrick “Correre per ricominciare” ha un filo rosso evidente: la vita è segnata dagli incontri
Correre per ricominciare è un film di Alex Kendrick che racconta la storia di Hannah Scott (Aryn Wright-Thompson), una ragazzina che vive con la nonna perché da quanto lei sa i suoi genitori sono morti, dopo aver preso una strada negativa.
Hannah è una ragazza a cui piace correre, però è cleptomane e si sente sbagliata, molte sono le domande che ha, a Dio vorrebbe chiede perché l’ha lasciata senza genitori.
Frequenta la Brookshire School dove incontra John Harrison (Alex Kendrick, il regista del film) e la moglie Amy Harrison (Shari Rigby). John Harrison è un allenatore di basket e punta a vincere il campionato delle scuole, ma la cittadina di Franklin vive un momento difficile per la chiusura della grande fabbrica che provoca una forte emigrazione. John Harrison rimane in pratica senza giocatori e la preside della scuola dirotta John ad allenatore della squadra di corsa campestre della scuola.
Harrison non vorrebbe, la corsa non è il suo sport, ma è costretto a farlo per non perdere il posto di lavoro. Così si mette nella prospettiva di formare la squadra di corsa, ma non vi è nessuna squadra, quando fa le convocazioni si trova davanti una sola ragazza, Hannah.
Di fronte a questo fallimento John Harrison vorrebbe mollare, ma è aiutato dalla moglie Amy a voler bene a quella ragazza, a valorizzare il suo talento portandola a ottenere i risultati che può raggiungere. Così inizia un percorso emozionante, la grande motivazione di Hannah a diventare sempre più competitiva e un allenatore che pian piano si appassiona a quello sport per lui mai considerato.
Ma la storia non ha questo svolgimento lineare, lo sport che recupera una ragazzina che si sente fatta male e inutile, abbandonata da Dio e da chi l’ha voluta al mondo. Harrison va anche in ospedale come volontario assieme al cappellano della sua chiesa e lì incontra un cieco e gravemente malato, Thomas Hill, che era un campione di corsa campestre. Un incontro apparentemente causale, ma i due diventano amici e Harrison scopre che Thomas Hill è il padre di Hannah, un padre sciagurato che con la moglie si era perso nella droga.
La moglie, mamma di Hannah, era morta e lui si era allontanato dalla figlia, per la quale era stata la nonna la salvezza. La nonna aveva detto ad Hannah che entrambi i genitori erano morti, per lei Hannah doveva stare lontano da Thomas, lui era una presenza negativa.Però Thomas aveva incontrato Dio, la sua vita era cambiata, stava affrontando la malattia con grande fede e speranza.
John ed Amy decidono di dire ad Hannah di suo padre, ne nasce una trama di incontri drammatici. All’interno di questo scombussolamento della vita di Hannah, lei incontra personalmente la preside che conosceva bene sua madre, è un incontro di particolare intensità che porta Hannah a scoprire che lei non è fatta male, ma è amata da Dio. Così la vita di Hannah cambia, trova uno sguardo positivo sulla vita.
La parte finale del film è appassionante, si intrecciano la crescita sportiva di Hannah con la partecipazione a una gara di alto livello e il rapporto con il suo papà ritrovato.
Il film ha un filo rosso evidente, la vita è segnata dagli incontri, basta vedere Hannah, è una ragazzina che si sente un errore, poi incontra un allenatore che le vuole bene, la moglie di questo allenatore che si occupa di lei, una preside che le fa ritrovare il rapporto con Dio, un padre che le fa ritrovare l’amore.
Nel racconto del film c’è un’evidenza, che la vita cambia per incontri, sarebbe bastato il racconto di questi incontri che sono commoventi, peccato che il regista abbia voluto enfatizzarne il significato religioso, alcune volte in modo forzato. Non ve n’era bisogno, il racconto del film già lo diceva! Bisogna quindi fare scorrere le puntualizzazioni religiose per cogliere ciò che vale di questo film, che la vita è fatta di incontri.
Fonte: Gianni Mereghetti | IlSussudiario.net