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Pillola EllaOne senza ricetta, il “consenso” delle minorenni svela l’errore

Il Consiglio di Stato conferma la possibilità per le minorenni di acquistare la pillola anti-abortiva EllaOne senza ricetta. Un errore che porta a una doppia banalizzazione

Il quesito, che dopo l’attuale sentenza del Consiglio di Stato torna a investire la pillola EllaOne, comincia con una domanda tanto semplice quanto insidiosa: è un farmaco abortivo o un farmaco anti-ovulatorio? Ossia interviene bloccando l’ovulazione oppure impedisce l’annidamento dell’ovulo fecondato, per cui l’aborto diventa un fatto necessario e irreversibile? Ed è proprio su questo punto che il Consiglio di Stato ha concentrato la sua attenzione e formulato la sua sentenza, partendo dal presupposto che il meccanismo in gioco sia quello anti-ovulatorio, per cui non si può parlare di aborto. E se l’aborto non esiste, perché manca il frutto del concepimento, allora anche la normativa prevista dalla legge 194 non ha ragione di essere applicata.

La disputa era iniziata quando l’Aifa, recependo le indicazione di Ema, nel 2020 aveva reso possibile acquistare in farmacia la pillola EllaOne senza ricetta medica, anche per le minorenni. Molte associazioni avevano contestato questa decisione, sia perché di fatto sembrava in contraddizione con la legge 194, sia perché la decisione sul piano scientifico non era suffragata da elementi sufficienti, a cominciare dai possibili effetti abortivi del medicinale e da altri effetti collaterali, quali danni al fegato e possibili gravidanze extrauterine.

Il Consiglio di Stato ha rigettato la contestazione delle varie associazioni, basando il suo giudizio sul fatto che la decisione presa da Aifa era fondata su solidi studi scientifici, da cui emergeva che EllaOne non andava confusa con altri farmaci usati per l’interruzione volontaria della gravidanza, perché il suo meccanismo d’azione era sostanzialmente di tipo anti-ovulatorio, ossia agiva prima dell’impianto dell’embrione. Per cui non c’era nessuna violazione della normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza, dal momento che non c’era nessuna gravidanza, ed era quindi prescrivibile senza controindicazioni.

La sentenza potrebbe apparire del tutto plausibile se non fosse che da sempre la pillola EllaOne, prodotta dall’Azienda HRA Pharma, è considerata, soprattutto dalle adolescenti, come una forma di contraccezione di emergenza, la famosa pillola dei cinque giorni dopo. Ossia chi la compra lo fa proprio per evitare possibili gravidanze. Il Consiglio di Stato ha comunque respinto le motivazioni del ricorso in appello delle diverse associazioni, chiarendo in particolare due aspetti interessanti: il rapporto tra consenso informato e farmaci e la differenza sostanziale tra farmaco abortivo e farmaco contraccettivo.

Rispetto al consenso informato, però, il Consiglio di Stato utilizza una argomentazione capziosa quando afferma che la vendita di medicinali e di farmaci da banco, non soggetti a prescrizione medica, va esclusa dal novero di quei trattamenti sanitari che chiamano in causa una serie di questioni specifiche, tra cui quella del consenso informato e, più in generale, la relazione tra medico e paziente. In altri termini, l’Aifa prima autorizza l’EllaOne come farmaco da banco e poi ne deduce che non sia necessario un adeguato livello informativo da parte di chi l’acquista. In questo caso, però, l’espressione “consenso informato” indica che sto per comprare qualcosa di cui sono consapevole anche delle effettive conseguenze.

Ora, se le minorenni, e in molti casi anche le maggiorenni, acquistano in farmacia la pillola EllaOne come forma di contraccezione di emergenza, vuol dire che la conoscono per gli effetti non solo contraccettivi, ma anche abortivi e ne danno una valutazione ben più radicale. L’argomentazione per cui possono comprarla anche senza ricetta conferma nella loro percezione che si tratta di un farmaco a basso rischio, di cui si può facilmente immaginare quale sia l’effetto desiderato: evitare una possibile gravidanza. Ma non si chiede loro nessun tipo di informazione da cui far discendere il relativo consenso.

Secondo il Consiglio di Stato, ha ragione l’Aifa quando afferma che applicare la norma sul consenso informato, articolo 1 della legge 219/17, quella sulle Dat, implicherebbe una inversione del rapporto tra trattamento e consenso. In realtà, non è affatto così. Il comma 2 recita infatti: “È promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico”.

Evidentemente nel momento in cui la pillola EllaOne è definita farmaco da banco viene meno qualsiasi tipo di relazione con il medico, ma viene meno anche una parte significativa di quella informazione che deve precedere ogni successiva decisione. Ma già nel momento in cui è stato deciso che la pillola EllaOne fosse un farmaco da banco tutto ciò è intenzionalmente venuto meno. Diversamente, scrive il Consiglio di Stato, ogni farmaco da banco richiederebbe l’attivazione del meccanismo di tutela del minore con la contestuale prestazione di consenso da parte dei genitori o di chi ne fa le veci. Il vero errore di prospettiva è stato commesso proprio quando l’EllaOne è stata considerata farmaco da banco.

Ma i giudici si spingono anche più avanti, quando evidenziano una potenziale contraddizione tra la disciplina del consenso informato, che impone la protezione del diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona, e il concreto rischio di frustrazione nel caso in cui si pretendesse di intervenire nella libertà sessuale e nella sfera privata del soggetto. Come se il rapporto tra libertà e responsabilità diventasse insostenibile, nel senso che ciò che rimanda alla mia responsabilità potrebbe entrare in conflitto con ciò che esprime la mia libertà.

Il Consiglio di Stato conclude la sua relazione rimandando alla valutazione di Ema, secondo la quale dai dati emerge che la sicurezza e la qualità del prodotto sono stati assicurati da una solida sperimentazione che ha coinvolto un campione di adolescenti oltre che di donne adulte e, pur criticando l’Aifa per aver atteso oltre sei anni prima di dare la sua approvazione definitiva, ne apprezza la prudenza, che garantisce sicurezza alle persone che acquistano la pillola in questione.

In realtà, poter acquistare con tanta facilità la pillola del quinto giorno, sottovalutando gli effetti reali, non può che contribuire ad una sorta di banalizzazione del consumo, tanto più possibile nel momento in cui vengono meno contestualmente due forme privilegiate di alleanza: quella con la famiglia, la madre in primis, e quella con il proprio medico di fiducia.

Fonte: Paola Binetti | IlSussidiario.net

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