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L’adozione quella “tecnica” così poco scientifica che rende madri e padri

Sulla vicenda dello scambio di embrioni all’ospedale Pertini di Roma i giuristi, hanno denunciato la pericolosa totale assenza di disciplina in materia.
La legge penale non prevede nulla in materia, quella civile, non dice nulla circa l’eventualità che, il padre biologico intenda rivendicarne la paternità, o che il padre ingannato voglia disconoscere il figlio. Si aprono scenari tanto inediti quanto sconfortanti.

Chi si occupa di bioetica sa che non sono infrequenti episodi come quello accaduto al Pertini, anche se non sempre vengono riconosciuti.

Il primo incidente di questo tipo registrato in Gran Bretagna il 15 luglio del 2002, una donna bianca ha partorito due gemellini di colore nero. In altri casi, invece, i responsabili delle cliniche tentano di evitare lo scandalo.

Nel 2009, sempre nel Regno Unito una coppia Deborah e Paul, si era rivolta all’University Hospital of Wales di Cardiff per “regalare una sorellina” al proprio figlio di sei anni attraverso l’impianto dell’ultimo degli embrioni rimasti. La Direzione della clinica le comunica la ferale notizia: l’embrione, a causa di un incidente di laboratorio, è stato gravemente danneggiato. In realtà, si scopre dopo alcuni giorni che era stato impiantato per errore nell’utero di un’altra donna, errore che è costato la vita ad un essere innocente. Sì, perché quella donna, avvertita del disguido, ha poi deciso di abortire.

Ecco gli  inquietanti interrogativi morali e giuridici:
Qual è, per esempio, la motivazione con cui è stata autorizzata la soppressione dell’embrione impiantato per errore?  Quali sono i diritti dei genitori biologici di quell’embrione? E’ giusto non averli messi al corrente della soppressione? Si può davvero ridurre tutto, come è accaduto, ad un semplice risarcimento di danno? Si può davvero disporre di embrioni con tale disinvoltura, all’insaputa dei genitori naturali?

Tali interrogativi mostrano che quando la scienza corre più velocemente della ragione e del cuore dell’uomo si dischiudono scenari inimmaginabili.

Ma, del resto, è lo stesso principio della fecondazione in vitro che è messo in discussione.

Il cosiddetto “diritto al figlio” in realtà non solo non esiste, ma costituisce un capovolgimento di quei principi costituzionali che antepongono la tutela giuridica del nascituro alla soggettività del desiderio. Tra il capriccio dell’adulto e la tutela giuridica del nascituro, è sempre quest’ultima a dover prevalere. Quantomeno in una società che pretende di definirsi civile.

Questo assunto non deriva né da una concezione religiosa né da una prospettiva politica, ma è semplicemente una questione antropologica legata al senso stesso della vita di ogni essere umano, in quanto ciascun essere umano è inevitabilmente madre, padre o figlio, ed al nesso tra questo senso e il significato di tutto, di ogni rapporto con la realtà. «È per questo» come scriveva mons. Luigi Giussani «che un uomo e una donna che non hanno figli e che ne adottano sono veramente padri e madri nella misura in cui educano un figlio. Molto più della grande maggioranza che getta fuori dal ventre il figlio e non si cura del suo destino». Ma dell’adozione, ossia di questa “tecnica” così poco scientifica, così poco costosa e così profondamente umana parlano in pochi.

Il “diritto al figlio” capovolge i princìpi costituzionali – La Nuova Bussola Quotidiana

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