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Cent’anni fa moriva Buffalo Bill. Quella volta che andò dal Papa
— 10 Gennaio 2017— pubblicato da Redazione. —
AnniversariCento anni fa moriva William Frederick Cody Il giorno prima si era fatto battezzare nella cattedrale di Denver E la vulgata vorrebbe che la conversione si debba all’amico Toro Seduto… Notoriamente massone, nel 1890 andò in Vaticano da Leone XIII. Con lui una delegazione di indiani impiegati nello spettacolo col quale era in tournée a Roma, che erano quasi tutti cattolici Nello stesso viaggio la storica sconfitta in un rodeo con i butteri VATICANO. L’udienza concessa da papa Leone XIII a Buffalo Bill in una stampa dell’epoca.
A Denver, il 10 gennaio 1917, moriva William Frederick Cody, alias Buffalo Billl. Ex soldato del Settimo Cavalleggeri nella guerra di secessione americana, già guida per l’esercito e la Pacific Railway, nonché ex cacciatore di bisonti, l’icona della ‘prateria’ del West (quella dal «verde brillante», che in una canzone di De Gregori gli dimostrava «in maniera lampante l’esistenza di Dio, del Dio che progetta la frontiera e costruisce la ferrovia»), era diventato imprenditore dello spettacolo con il suo ”Buffalo Bill Wild West Show‘, una sorta di circo con cui girò il mondo facendo un po’ la caricatura di se stesso.
Col suo addio non spariva però la sua leggenda. Non è un caso se il ‘Buffalo Bill Museum’ sulla Lookout Mountain in Colorado, dove c’è pure la sua tomba, è ancora meta di turisti, o se il museo ‘Buffalo Bill Center of the West’ di Cody, cittadina del Wyoming, all’ingresso dello Yellowstone Park, è tra i più visitati degli Usa.
E ugualmente non è un caso se le pellicole ispirate alla sua vita (da quella di William A. Wellman a quella di Robert Altman) non sono passate di moda, e se, anche in Italia, il centenario della sua morte viene ricordato in libreria: per Imprimatur esce ora Buffalo Bill di Pier Luigi Gaspa.
Nel nostro Paese, Cody venne in due tournées nel 1890 e nel 1906, e il suo show va ricordato almeno per due motivi. Come lo spettacolo che portò in Europa il mito del Selvaggio West, una storia scritta purtroppo dai soli vincitori. E come l’esibizione, sollecitata dalla fortuna del circo appena inventato da Phineas Barnum, che anticipò da noi l’industria dell’intratte-nimento globale (anche nei tratti cinici dello show business), oltre all’uso di una pubblicità invadente (la primitiva ‘réclame all’americana’).
Lo si vide bene nelle tappe lungo lo Stivale (raccontate da Mario Bussoni nel suo Buffalo Bill in Italia riedito da Mattioli).
Cody per non perdere tempo viaggiava di notte fra una città e l’altra con un treno apposito. E appena arrivava, a tempo di record, ampi spazi si trasformavano in scenari da Old West: tra baracche di legno e tende indiane, cow boy e pellerossa, bufali e cavalli, a centinaia. Pezzo forte del programma provvisto di una sorta di ‘marchio di autenticità’, irripetibilmente ‘vero e originale’ (come accadrà ad esempio per i jeans della Levi’s), la rievocazione della battaglia di Little Big Horn, un trionfo per gli indiani, ma anche la vittoria che scatenò una dura repressione contro i Sioux (con Buffalo Bill a vendicare la sconfitta e uccidere dopo un corpo a corpo il capo Mano Gialla). Uno spettacolo a cui assistevano ogni volta, nonostante i biglietti piuttosto cari, migliaia di spettatori di ogni ceto dopo un bombardamento pubblicitario mai visto: manifesti, volantini, inserzioni e articoli sulla stampa… qualsiasi cosa servisse a farne parlare.
Non è chiaro se vada inserita in questa cornice la visita di Buffalo Bill and Company in Vaticano il 3 marzo 1890 quando il ‘Wild West’ si era sistemato ai Prati nella capitale, pare dopo aver considerato «inadatto » il Colosseo (!). La prima richiesta d’incontro con Leone XIII fu rigettata perché la Compagnia era numerosa. Poi però si permise a Buffalo Bill e a un gruppo ristretto di presenziare al passaggio del pontefice nella Sala Ducale, mentre si sarebbe recato nella Sistina per le cerimonie dell’anniversario dell’incoronazione. «Uno degli spettacoli più strani che siano mai stati contemplati tra le mura austere del Vaticano è stato l’ingresso sensazionale compiuto questa mattina da Buffalo Bill alla testa dei suoi indiani e cowboy…», si poteva leggere sul ‘New York Herald’. E ancora: «Tra affreschi immortali di Michelangelo e di Raffaello e in mezzo alla più antica aristocrazia romana, apparve improvvisamente una banda di selvaggi con le facce dipinte, coperti di piume e di armi, armati di accette e coltelli […]. Improvvisamente, una bella e cavalleresca figura apparve. Tutti gli sguardi si volsero verso di lei. Era il colonnello William F. Cody, detto Buffalo Bill. Salutò i camerlenghi con un largo gesto e avanzò tra i ranghi delle guardie». Un’altra scena più bizzarra riportata dalla stampa, quella degli indiani che prima salutarono l’arrivo del Papa con le loro urla, quindi si prostrarono per la benedizione e, rialzandosi, tornarono a urlare. Quanto bastò secondo alcuni cronisti «per far impallidire lievemente il Papa», secondo altri «per strappargli un sorriso incuriosito ».
Tra i doni offerti a Leone XIII da Buffalo Bill un bouquet e un cuscino di fiori che disegnavano il suo stemma, contraccambiati da rosari e medaglie del pontificato (conservate al museo di Denver). Ovviamente anche la presenza in Vaticano sarebbe finita sui manifesti pubblicitari e pompata ad arte, mentre sarebbe stata immediatamente rimossa la sconfitta subita da Buffalo Bill e i suoi cow boy in una sfida con alcuni butteri di Cisterna di Latina nello stare in sella a puledri non domati. L’indomani Cody era già verso Firenze per un nuovo spettacolo. Appena arrivato un città una signora gli fece arrivare un crocifisso d’argento per congratularsi di essersi fatto ricevere dal Papa: altra notizia finita sui giornali. E dopo Firenze via, in altre città del Belpaese dove Cody sarebbe ritornato nel 1906.
Poi pian piano lo spettacolo cominciò a tramontare con Cody sempre più malandato e indebitato. Nel 1913 la fine dello spettacolo e quattro anni dopo la morte del Numero Uno, il 10 gennaio, appunto.
Nel pomeriggio del giorno precedente, padre Christopher Walsh, della cattedrale dell’Immacolata Concezione di Denver, città dove Francesca Cabrini aveva fondato orfanotrofi, lo battezzò, benché massone, nella Chiesa Cattolica.Una conversione tardiva? O maturata ai tempi della benedizione di Leone XIII? Qualcuno scommette che sia stato Toro Seduto (amico di celebri missionari) l’artefice del passo in limine vitae. Per altri, l’esempio di qualche cowboy. O di un altro indiano. Chissà.
In ogni caso, come si poteva leggere sulla Stampa il 5 aprile 1906, «per chi nol sapesse, buona parte degli indiani che seguono la tournée di Buffalo Bill sono cattolici».
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