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Una verità e tre errori sulla pedofilia nella Chiesa

L’Oscar al film Spotlight, la testimonianza resa a Roma in videoconferenza dal cardinale Pell di fronte a una commissione d’inchiesta del suo Paese, l’Australia, e le dimissioni di un membro della commissione vaticana sugli abusi, una ex vittima di molestie che attacca anche Papa Francesco, hanno riportato in primo piano il tema dei preti pedofili. In quello che si legge in questi giorni ci sono una verità e tre errori.

La verità è che la Chiesa ha avuto davvero un grave problema di pedofilia nel suo clero. Certamente è esistito, e in una certa misura esiste ancora, un negazionismo che ritiene tutti, o la grande maggioranza dei preti accusati vittima di semplici calunnie: è una posizione sbagliata, come più volte ha affermato Benedetto XVI, che fa male alla Chiesa. Papa Ratzinger non ha usato mezzi termini per denunciare la piaga dei preti pedofili: «vergogna», «scandalo», «sporcizia». Certamente Benedetto XVI, seguito poi da Papa Francesco, ha criticato le statistiche esagerate che parlano di migliaia o decine di migliaia di preti pedofili mentre sono stati nel mondo qualche centinaio. Ma, amava dire l’attuale Papa Emerito, se anche i preti pedofili fossero stati solo due sarebbero stati due di troppo, e alcuni episcopati – soprattutto in Irlanda, Australia, Stati Uniti – adottando per anni la posizione negazionista e limitandosi a trasferire da una diocesi all’altra i preti sospetti hanno arrecato alla Chiesa e alla società danni incalcolabili.

Ma questa verità – che va riaffermata, a scanso di qualunque equivoco, e che il cardinale Pell ha ammesso senza infingimenti – è presentata all’opinione pubblica, da giornalisti o disinformati o maliziosi, combinata con tre errori.

Primo errore: «è colpa del celibato sacerdotale». Questa era l’opinione anche dei giornalisti di Boston celebrati da Spotlight. Ma era un’opinione sbagliata. Ci possono essere idee diverse sull’opportunità di mantenere o meno il celibato sacerdotale. Ma da qualche decennio i sociologi che hanno studiato il problema della pedofilia, e che in maggioranza non sono neppure cattolici, si affannano a spiegare che tra pedofilia e celibato non c’è nessun rapporto. Lo dimostrano due dati difficili da confutare. Il primo non è politicamente corretto e, ci fosse la legge Scalfarotto, porterebbe direttamente di fronte al giudice chi scrive e il direttore della testata. La grande maggioranza dei preti pedofili abusa di bambini, non di bambine, e mostrava tendenze omosessuali già prima di diventare pedofili. Questo non significa affatto che tutti i sacerdoti con tendenze omosessuali siano pedofili, e neppure la maggioranza di loro. Chi protesta contro questa tesi, che è semplicemente sciocca, ha ragione. Ma io non conosco nessuno studioso che la sostenga, mentre ne conosco molti che fanno semplicemente notare che gli studi sui preti pedofili mostrano che la maggioranza di loro sono omosessuali. Se sono omosessuali, togliere il celibato e permettere loro di essere ordinati dopo essersi sposati – con una donna – non risolverebbe il problema. A meno di consentire loro di «sposarsi» con altri uomini o almeno di civilunirsi – un po’ di Cirinnà non si nega a nessuno -: ma questa soluzione «avanzata» per il momento non la propone nessuno.

Il secondo dato che mostra come il celibato sacerdotale non sia tra le cause della pedofilia è che ci sono, in proporzione percentuale, più pedofili tra i maestri di scuola, gli allenatori di squadre sportive giovanili e i ministri di varie denominazioni protestanti – tutte categorie dove non esiste il celibato – che tra i preti cattolici. Ce ne sono anche di più tra i padri di famiglia. Non lo dice la Chiesa Cattolica, lo spiegano tre rapporti del John Jay College, il, maggiore istituto accademico di criminologia degli Stati Uniti.

Secondo errore, anche questo un cavallo di battaglia dei giornalisti di Boston di cui parla Spotlight: «la pedofilia è stata favorita dall’atteggiamento conservatore della Chiesa in materie come omosessualità, aborto, anticoncezionali, che ha creato un’istituzione chiusa dove i pedofili sono stati protetti». È vero esattamente il contrario. Il numero di casi di pedofilia nella Chiesa è esploso a partire dagli anni 1970, e non vale rispondere che prima i casi c’erano ma non venivano denunciati perché se il numero fosse stato così alto come alcuni sostengono – o anche solo altrettanto alto degli anni 1970 e 1980 – sarebbe stato impossibile mantenere il segreto su tutto e qualcosa o molto sarebbe trapelato. Come Benedetto XVI ha fatto notare nella sua «Lettera ai cattolici dell’Irlanda» le date non sono casuali. È stata la mentalità permissiva in tema di morale che ha portato alcuni – pochi, per fortuna – a giustificare perfino la pedofilia: cioè, è stato il progressismo. Si obietta che ci sono stati sacerdoti conservatori, come il fondatore dei Legionari di Cristo, che si sono resi colpevoli di gravissimi abusi. Ce ne sono stati sicuramente, ma non li si può trasformare in statistiche. Sempre profittando del fatto che la legge Scalfarotto non c’è ancora, sarà lecito – citando inchieste sociologiche americane – aggiungere che molti preti pedofili si sono formati in una subcultura di preti omosessuali omertosa e protettiva, quella che Papa Francesco ha chiamato «lobby gay» nella Chiesa?

Terzo errore: «La Chiesa ha fatto poco per combattere la pedofilia». Certamente nessuna istituzione è riuscita a eliminare completamente la pedofilia, e questo vale per tanti altri mali. Gli Stati Uniti di Obama, che in ogni consesso internazionale puntano il dito contro la Chiesa Cattolica, hanno nel loro Paese, anche escludendo dal numero i preti, percentuali di pedofili da record, talora ospitati da istituzioni dello Stato come le scuole pubbliche. Tuttavia si può dire con serena coscienza che nessuno, almeno dal pontificato di Benedetto XVI, ha fatto più della Chiesa per combattere questa piaga. Mi permetto di rinviare al libro che ho scritto con Roberto Marchesini, Pedofilia: una battaglia che la Chiesa sta vincendo (Sugarco, Milano 2014) per dati e bibliografia su come i drastici interventi di Papa Ratzinger – confermati dal suo successore, che però poco aveva da aggiungere perché l’essenziale era stato fatto da Benedetto XVI – hanno introdotto una legislazione canonica sulla pedofilia la cui severità non ha eguali in nessun Paese del mondo e hanno drasticamente ridotto il numero di casi nuovi. Arrivano a processo casi di molti anni fa, ma i casi genuinamente nuovi sono pochi, specie nei Paesi più colpiti come Stati Uniti e Irlanda, dove i vescovi applicano con particolare rigore le disposizioni vaticane.

Ricordiamo sempre la verità: i preti pedofili purtroppo esistono, non sono un’invenzione dei nemici della Chiesa. Ma questa verità, per tragica che sia, non deve diventare un grimaldello per aprire la porta ai tre errori. Che qualcuno diffonde a piene mani con lo scopo, neppure troppo celato, di imbavagliare la Chiesa in un momento in cui parla, e dà fastidio, delle «colonizzazioni ideologiche» del gender e delle «colonizzazioni economiche» dei poteri forti e della loro «economia che uccide».

Fonte: LaNuovaBQ

 

 

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