Sopra La Notizia

Maestri perché testimoni, generare alla fede in un mondo che diffida delle istituzioni

Nella tradizione biblica la fede non nasce mai da un’idea astratta, ma dall’incontro con una parola incarnata, con un volto, con una storia. La rivelazione stessa si presenta come una serie di atti salvifici narrati da coloro che li hanno vissuti: Israele “ricorda” e “racconta”, e la memoria condivisa diventa la forma più alta della trasmissione della fede.

Già questo indica una verità fondamentale: la fede non si trasmette automaticamente, non si eredita per semplice appartenenza, ma si accoglie davanti a una testimonianza che interpella la libertà e affascina l’esistenza. In tal senso, la testimonianza è, dunque, il luogo in cui la rivelazione diventa conoscibile e credibile.

Nel Nuovo Testamento la testimonianza assume una portata definitiva: Cristo non è soltanto colui che porta una verità, ma è Egli stesso la Verità fatta carne. Per questo l’Apocalisse lo chiama il Testimone fedele ( Ap 1,5).

In Gesù l’annuncio e la forma di vita coincidono così strettamente che ciò che Egli annuncia è ciò che vive, e ciò che Egli vive rivela il Padre. Tale unità tra contenuto e forma costituisce il modello normativo di ogni testimonianza ecclesiale: la trasmissione della fede non può, dunque, che avere la forma della testimonianza, perché Dio stesso ha scelto questa via: non una dottrina disincarnata, ma un’esistenza consegnata.

L’evento pasquale, vertice della sua testimonianza, diventa il principio generativo della missione ecclesiale. Dopo la risurrezione, infatti, la missione ecclesiale è definita in termini testimoniali: «di questo voi siete testimoni» (Lc 24,48). Prima ancora dell’organizzazione, delle strutture, dei linguaggi teologici, la Chiesa nasce da uomini e donne che raccontano ciò che hanno visto e udito. La fede apostolica si trasmette così: attraverso persone che, avendo fatto esperienza del Risorto, lo rendono presente con la loro vita. La tradizione – nel senso teologico del termine – non è un deposito morto, ma la vita dello Spirito che passa da un credente all’altro nella forma del racconto, del gesto, della carità, del perdono. Dentro questa dinamica testimoniale si inserisce la liturgia, che non è mero ambito rituale, ma evento sacramentale, luogo dove la Chiesa sperimenta e testimonia il mistero.

Nella liturgia, infatti, la comunità non si limita a ricordare Cristo, ma entra sacramentalmente nella sua Pasqua. In essa, la testimonianza si fa gesto condiviso, corporeo e simbolico, capace di toccare la totalità della persona. Nella celebrazione liturgica la fede si trasmette per immersione: attraverso la bellezza dei segni, la forza della Parola proclamata, il silenzio pregato, la comunione fraterna vissuta.

La liturgia, dunque, non solo custodisce il mistero, ma genera testimoni; essa è uno spazio dove la testimonianza non si riduce alla parola di un singolo, ma diventa la voce del Corpo di Cristo che rende presente il mistero. Essa educa i credenti alla fede non solo “informandoli”, ma “formandoli” dall’interno, facendoli partecipi del mistero celebrato. In questo senso la liturgia è il luogo in cui l’esperienza del mistero diventa “fonte e culmine” della testimonianza cristiana, che consente alla comunità di rendere ragione della speranza che la abita.

La testimonianza, pertanto, va colta come l’unica forma credibile della verità. Una dottrina “può convincere l’intelligenza”, mentre una testimonianza “conquista il cuore”, perché mostra che ciò che si annuncia è possibile e vivibile. Tutta l’evangelizzazione contemporanea insiste su questo punto: in un mondo che diffida delle istituzioni e delle autorità, la fede passa attraverso la credibilità personale di chi la vive. Per questo, la testimonianza va interpretata come stile permanente ecclesiale.

Oggi, più che mai, la trasmissione della fede richiede una corrispondenza tra ciò che si annuncia e ciò che si vive, interpella una comunità capace di accoglienza e prossimità, esige parole che nascono non da strategie, ma da un’esperienza spirituale autentica, sollecita gesti che rivelano il Vangelo prima ancora del linguaggio religioso. Una Chiesa che testimonia la carità, che ascolta prima di parlare, che serve anziché dominare, diventa un luogo in cui la fede può essere nuovamente creduta. Rimane sempre di grande attualità e di ampio respiro l’insegnamento di Paolo VI: « L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» ( Evangelii nuntiandi, 41).

Fonte: Maurizo Barba FrancescoMacrìBlog.it

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia