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Prorogata fino al 30 settembre la mostra “Mitoraj mito e musica”

Le grandi sculture ridisegnano il centro storico. È il gesto d’amore di Pietrasanta, città dove il grande artista ha abitato per anni

PIETRASANTA. Quando Igor Mitoraj, scultore, lasciò per l’ultima volta Pietrasanta era una meravigliosa giornata d’estate, assolata, cielo celeste, pini svettanti. Si era, quasi un anno fa, nel luglio del 2014. Mitoraj, come da alcuni anni, avrebbe trascorso i mesi caldissimi in un castello in Provenza, suo e di un tenero amico, Jan Paul Sabatier che con Igor aveva vissuto anni addolorati da una malattia nefasta.

Non sarebbe più tornato. Igor Mitoraj morì in un ospedale parigino il 6 ottobre del 2014. Adesso Pietrasanta gli spalanca piazza e chiostri e chiesa di Sant’Agostino per un’eccezionale mostra che sarà l’evento della primavera estate. Un necessario omaggio. Da oggi sei grandi sculture in bronzo e due crete gIorificheranno, in requiem, la vasta piazza del Duomo romanico. Un ‘altra gigantesca statua sarà invece esposta in piazza Matteotti, la piazza del Municipio che da anni accoglie, nella sala del consiglio comunale, altre opere del maestro polacco scomparso.

Poi in maggio i lavori di Mitoraj, quadri, sculture, disegni, scenografie, trasformeranno la vecchia chiesa agostiniana sconsacrata (sulla facciata c’è la famosa lunetta di Mitoraj dedicata all’Annunciazione), in un Auditoriun. Si celebrerà Mitoraj con concerti, incontri, appuntamenti di richiamo. Insomma un sentito gesto di affetto, direi d’amore, di un’intera città per un artista che qui abitò dal 1979, che qui lavorò in studio fin dagli anni Ottanta, che qui divenne, dopo Henry Moore, vate inglese della scultura in marmo, il secondo cittadino onorario. Assieme a Botero che ancora festeggia Pietrasanta con ripetuti soggiorni.

Grazie a loro, a Moore, a Mitoraj, a Finotti, a Theimer, a Botero, a Ciul la, a Park Sun, Pietrasanta continua ad essere “la piccola Atene”. Soprattutto a far lavorare studi e fonderie che dai tempi di Michelangelo non si sono più fermate sfornando generazione dopo generazione gli artisti che fanno la gloria e la storia.

LA VITA

Igor Mitoraj nacque a Cracova il 26 marzo del 1944. Nacque a pochi passi dalla casa di Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II°). Uomini forti, temprati, che la guerra non riuscì a piegare. L’uno trovò la religione di Gesù. Igor Mitoraj scelse l’arte e ne seguì i richiami. Subito a Parigi, approfondì il mesiere imparato dalle lezioni di Tadeusz Kantor, ma ciò che lo folgorò fu (in un soggiorno in Messico) l’impatto con la figurazione americana, i resti di una civiltà azteca che come quella greca, come quella assiro-ba bilonese o persiana, aveva lasciato decadere ed al tempo medesimo risplendere, statue, torsi, piedi, volti, non più servili ai culti ma sfatti, abbandonati in discariche, reperti d’epoche antichissime e passate eppur ancora così efficaci, così iconografici da risultare ancor più magici di quando erano stati osannati sopra gli obelischi e sopra gli altari.

Mitoraj divenne il cantore di tutto ciò che è tagliato, disarticolato, spezzato, abbandonato dalla cronaca, dalla tumultuosa società moderna. E, gra zie al marmo bianco e funerario, ridette vita ad una classicità perduta che non è il neo-classicismo di un Canova, non è un revival di posture visitate dagli acultori romantici, ma è un vasto insieme di arti giganti che, come quelli dei musei vaticani, danno qua con un solo viso scheggiato, là con un torace spaccato, ancora con sole mani congiunte, con angeli con una sola ala, l’aura di un tempo andato quando sulla terra passavano la tragedia greca, il suono del flauto, le religioni mistiche, le guerre dei titani, la poesia cantata sugli accordi della lira.

Mitoraj conobbe il successo. Se lo disputarono le gallerie più prestigiose di Francia, Stati Uniti, Giappone. E sulle piazze, da Milano a Londra, dalla basilica romana di Santa Maria degli Angeli, da Washington ai giardini di Boboli in Firenze, apparvero, direi riapparvero, centauri, minotauri, gorgoni, un universo di muse e splendidi angeli dalla faccia enigmatica, una creatività vigorosa che non s’era più vista dalle epoche quando la Bellezza non si rappresentava con cocci di bottiglia, lamiere contorte, barattoli di zuppa.

Igor Mitoraj si accostò a Pietrasanta dopo aver necessariamente, frequentato Carrara. Scelse la Versilia perchè ricca anch’essa di marmi, soprattutto perchè possiede laboratori e fonderie d’eccellenza: gli Angeli, i Bresciani, le fonderie Da Prato, Mariani , Tesconi.

E a Pietrasanta prese casa. E’ una vasta, luminosa casa studio all’ingresso della cittadina. Conserva i suoi quadri, i disegni. Ma la maggior parte dei lavori li teneva in un laboratorio oggi ben mantenuto da Luca Pezzi e dallo studio Argos che hanno curato l’evento che da oggi si avvia nelle vaste piazze pietrasantine.

Ma come non rammentare la vicenda della lunetta con l’Annunciazione posta, grazie al coraggio del sindaco-poeta Domenico Lombardi, sopra il portone di ingresso alla chiesa di Sant’Agostino?

Più della metà dei cittadini di Pietrasanta la guardarono con sospetto. Mitoraj ne soffrì. Però quando la lunetta venne collocata con una partecipata festa di popolo (vi erano tutti i sindaci della Versilia e le autorità provinciali) Mitoraj – poichè gli stavo a fianco – lo ricordo sorridere e lasciarsi andare, spalancando i grandi occhi slavi, quieti, felini, assorti, ad un sogno, ad un’illusione, quella di una vita che sarebbe dovuta essere lunga, felice. Invece è andata diversamente.

L’ultimo lavoro di Mitoraj è stato un enorme monumento per uno degli uomini più ricchi di Polonia, un monumento-tomba per Poznam, al quale lavorò gli ultimi mesi di vita, con sforzi eroici strappati al male che da anni, inesorabile, lo prendeva, lo lasciava, lo riprendeva, fiaccandone le speranze. Dice Luca Pezzi,che andò a montare il monumento,come il maestro avesse infuso in quest’opera il suo estremo messaggio, questo : la creazione, che è gesto divino, durerà sulla morte. E lo stesso senso plasma quel torso squar ciato dalla croce che appare a Maria, fresca, bella, giovinetta, nella lunetta di Pietrasanta (dove al momento dell’annuncio di vita, Maria scorge anche la successiva tragedia della croce). E lo stesso senso si ha nell’ordine delle tante statue esposte fino a giorni fa nella piazza dei Miracoli di Pisa, piazza da dove, soprattutto dal Duomo, scaturì la scultura moderna con la scuola dei Pisano che tanto piaceva a Mitoraj, scuola di corpi perfetti, mobili,esaltati, che si rifacevano agli alto e bassorilievi romani che Mitoraj, chiamato spesso a scenografare le opere di Puccini al teatro di Torre del Lago (opere come Manon Lescaut e Tosca), rammentava in tocchi spettacola ri e sinergici.

Vi è qualcosa che, infatti, collega Giacomo Puccini a Mitoraj. Puccini, morendo lasciò la sua ultima opera , la Turandot, incompiuta. Mitoraj è stato li poeta, omerico, dell’incompiuto. La lacerazione fu la sua cifra. Però vi è tanta di quella passione, di quel sentimento esistenziale, di umanità, di eros , nelle sue frantumate rappresentazioni che, godendole, davvero non manca nulla. E non manca lui che, da oggi, a Pietrasanta c’è.

Fonte: Il Tirreno/Toscana

Approfondimento: L’arte in lutto, è morto lo scultore Igor Mitoraj

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