Un imbarazzato silenzio di fronte a una forsennata campagna per legalizzare l’eutanasia. Presuli, politici e giornali di centro-destra tacciono
Durante il periodo estivo, la mia “lettera agli amici” apparirà soltanto nella sua versione scritta, sarà cioè sospesa la pubblicazione del video del lunedì su Youtube. Questo mi permette di preparare un’analisi un po’ più approfondita, perché un testo scritto favorisce la riflessione rispetto a un video.
Provo così a inquadrare la situazione nella quale ci troviamo. Parto da quello che abbiamo letto sui “giornaloni” settimana scorsa, dopo il suicidio di Laura Santi, giornalista di Perugia, attivista dell’Associazione Coscioni. La campagna per introdurre la legalizzazione dell’eutanasia in Italia ha conosciuto un’accelerazione emotiva straordinaria, frutto di un gesto drammatico, compiuto da una donna gravemente ammalata di sclerosi multipla, una malattia inesorabile. Pochi hanno notato (forse soltanto Giuliano Ferrara sul Foglio) che, se il suo gesto merita tutta la nostra compassione e, soprattutto, le preghiere dei credenti, tuttavia ha avuto consapevolmente un significato pubblico, politico, direi ideologico, voluto da lei stessa.
Sul “caso pietoso” si sono “buttati” in tanti, a rimorchio dei radicali, come in occasione delle leggi sul divorzio nel 1970 e dell’aborto nel 1978. La sinistra “politica”, senza più un’ideologia paragonabile al socialcomunismo, in piena disperazione politica, ha sposato le battaglie dei “diritti civili”, molti dei quali di civile hanno poco, ma riescono in qualche modo a coprire un vuoto ideologico. Il “diritto civile” dei giorni nostri è quello al suicidio, in nome della “vita dignitosa” l’unica che meriterebbe di essere vissuta.
Eliminare la propria vita in nome della vita, dignitosa, è il paradosso di questi giorni. Nella sua lettera di addio, Laura Santi ha scritto del suo terribile dolore, 24 ore su 24, davanti al quale non ci sono parole, ma soltanto il silenzio e il rimando al suo significato salvifico, a cui fece riferimento san Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Salvifici doloris (1984). Certo, solo nella fede questo enorme dolore trova un significato e assume, appunto, un valore che salva, rimandando al sacrificio gratuito di chi, come Cristo, ha offerto il Suo dolore per la salvezza di tutti gli uomini.
Il mondo cattolico (tranne poche eccezioni), i principali giornali di centro-destra (il Giornale e Libero), le stesse forze politiche che non si schierano a favore dei presunti “diritti” sono apparse timorosi, spaventati, preoccupati di perdere consensi di fronte a questa campagna pro-eutanasia. I testi del Magistero della Chiesa non vengono ripresi, neppure dai cattolici. Si tratta della Lettera Samaritanus bonus della Congregazione per la dottrina della fede del 2020, e della Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la dottrina della fede del 2024. Quest’ultimo testo, sottoscritto da Papa Francesco solo un anno fa, che ha avuto una elaborazione durata cinque anni e rappresenta un testo fra i più vasti e completi sul tema della dignità umana, contiene anche un passaggio straordinariamente puntuale rispetto ai temi oggi in discussione in materia di “nuovi diritti”: «il concetto di dignità umana, a volte, viene usato in modo abusivo anche per giustificare una moltiplicazione arbitraria di nuovi diritti, molti dei quali spesso in contrasto con quelli originalmente definiti e non di rado posti in contrasto con il diritto fondamentale della vita,[41] come se si dovesse garantire la capacità di esprimere e di realizzare ogni preferenza individuale o desiderio soggettivo. La dignità s’identifica allora con una libertà isolata ed individualistica, che pretende di imporre come “diritti”, garantiti e finanziati dalla collettività, alcuni desideri e alcune propensioni che sono soggettivi. Ma la dignità umana non può essere basata su standard meramente individuali né identificata con il solo benessere psicofisico dell’individuo. La difesa della dignità dell’essere umano è fondata, invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che scaturiscono dal riconoscimento della dignità dell’altro e i corrispondenti diritti che ne derivano hanno dunque un contenuto concreto ed oggettivo, fondato sulla comune natura umana. Senza un tale riferimento oggettivo, il concetto di dignità viene di fatto assoggettato ai più diversi arbitrii, nonché agli interessi di potere» (n. 25).
In questi giorni, soltanto il cardinale Angelo Bagnasco, a mia scienza, è intervenuto pubblicamente con parole coraggiose che ricordano come la Chiesa non possa tacere (la Repubblica, 23 luglio).
Questo silenzio fa male, scoraggia i pochi rimasti a difendere la sacralità della vita e incoraggia i sostenitori della “cultura della morte” a procedere nei loro intenti.
Non che sia facile, in un mondo dominato dalle emozioni, sostenere la vita davanti ai tanti casi pietosi e al dolore, ma il silenzio è colpevole.
Il silenzio aiuta anche i nemici dell’Occidente, non solo quelli che cercano di scardinarlo dall’interno, screditando le sue radici ebraico-cristiane, ma anche i suoi nemici esterni, che hanno gioco facile nel mostrare l’incapacità dell’Occidente di essere fedele a se stesso.
E così veniamo ai nemici esterni dell’Occidente. Spesso ho l’impressione che la propaganda di chi è stato capace di descrivere soltanto il male commesso nella storia dall’Occidente abbia convinto anche chi dovrebbe difenderlo. La cultura occidentale non deve certamente pretendere di determinare il modo di essere di altre culture, che sono diverse, ma in essa c’è un qualcosa di universale, una verità comune a tutti gli uomini di ogni parte del mondo e di tutti i tempi: la persona, creata libera dal suo Creatore, che nessuna forza politica può piegare ai propri interessi, anche legittimi.
Questa verità rimane ancora vera almeno in parte anche oggi, in un Occidente certamente corrotto, ma in grado di difendere l’idea di libertà dei popoli contro il dispotismo orientale, visibile per esempio nell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa nel febbraio 2022, o nell’atto terroristico del 7 ottobre 2023, quando militanti di Hamas hanno trucidato e rapito cittadini israeliani, alcuni dei quali tuttora prigionieri dei terroristi.
Questo non ci deve fare dimenticare come le attuali classi dirigenti occidentali, non tutte per fortuna, siano spesso in contraddizione con le loro radici, né deve giustificare sempre e per forza qualsiasi reazione militare di Israele o dell’Ucraina, ma non dovrebbe permettere che si insinuino dei dubbi sul fatto che un cristiano debba schierarsi senza incertezze dalla parte del diritto, della libertà della persona, della verità sull’uomo. Cioè che debba difendere l’Occidente minacciato e aggredito dai Paesi coalizzati nell’asse del male (Cina, Russia, Corea del Nord, Iran, Nicaragua, Venezuela).
In questa nuova situazione internazionale, successiva alla Guerra fredda terminata con l’implosione dell’URSS nel 1991, e caratterizzata dall’ emergere di civiltà che prima del 1989 avevano un ruolo internazionale marginale, c’è sempre la Chiesa, universale per definizione. Alla Sposa di Cristo noi facciamo riferimento. Essa non è la “cappellania” dell’Occidente, soprattutto di questo Occidente scristianizzato da secoli di Rivoluzione culturale, ma essa rimane l’anima dell’Occidente, anche di quello che la combatte, che la rifiuta, ma che non riesce a trovare se stesso perché, senza l’anima, anche il corpo muore. L’esempio evidente è quello dell’Unione Europea, senza anima perché senza radici, quindi senza una vera unità che non sia l’interesse economico, peraltro effimero.
Se è giusto e comprensibile che gli uomini della Gerarchia ecclesiastica guardino all’Asia e all’Africa, dove il cristianesimo cresce con la prima evangelizzazione, sarebbe ingiusto se tacessero di fronte al piano evidente e organizzato di scristianizzare l’Occidente, in corso da secoli. Per circa due secoli la Chiesa ha tenuto testa alla Rivoluzione nata e diffusa in Europa dopo il 1789, poi, a partire dal Concilio Vaticano II ha cominciato a imboccare la via della seconda evangelizzazione, dopo avere preso atto che i cristiani erano diventati una minoranza sempre meno influente. Oggi si sente raramente parlare del grande progetto di nuova evangelizzazione, che comincia con Pio XII, trova nei documenti del Vaticano II un grande slancio missionario, diventa il programma del pontificato di san Giovanni Paolo II e, addirittura, dà il nome a un Dicastero della Santa Sede con Benedetto XVI. I cristiani sembrano soprattutto preoccupati di curare le ferite di un mondo devastato dal “mal di vivere”: drogati, separati, divorziati, feriti di ogni tipo nel corpo e nell’anima. Tutto questo è di fondamentale importanza, perché imita Cristo, che non si limitava a parlare alle folle bisognose della verità, ma guariva i corpi oltre alle anime, privilegiava i poveri senza dimenticare i ricchi e i potenti. Però questo non basta. I fedeli e ogni uomo hanno il diritto di conoscere che cosa sta accadendo al nostro mondo, in particolare a questo Occidente, in preda a un suicidio culturale organizzato da decenni, che ha dei responsabili e delle vittime.
Fonte: Marco Invernizzi | AlleanzaCattolica.org