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L’arte: la novità, il risveglio e la luce nel buio

Il discorso che Papa Francesco ha rivolto agli artisti raccolti attorno a lui ieri mattina all’interno della Cappella Sistina è un altro di quei discorsi che, simili ad una miniera, contengono molti tesori e pietre preziose. Un testo da leggere e rileggere, da meditare. Oggi, ancora “a caldo”, si può cominciare a riflettere su alcuni dei tanti spunti. L’abbinamento, ad esempio, tra arte e novità. L’artista ha uno sguardo acuto, come quello del bambino, «che coglie la realtà», dice il Papa e «si muove anzitutto nello spazio dell’invenzione, della novità, della creazione, del mettere al mondo qualcosa che così non si era mai visto. Facendo questo, smentisce l’idea che l’uomo sia un essere per la morte. L’uomo deve fare i conti con la sua mortalità,  è vero, ma non è un essere per la morte, bensì per la vita».

Senza esplicitarlo, il Papa sta citando il pensiero del filosofo tedesco Martin Heidegger, figura geniale, inquietante e centrale del Novecento, che nei suoi saggi ha sviluppato questo tema della esistenza come “essere-per-la-morte”. La presenza dell’arte e degli artisti sarebbe secondo il Papa la smentita a questa idea e, subito dopo, a conferma di ciò, cita proprio Hannah Arendt, che di Heidegger fu allieva e poi amante: «Una grande pensatrice come Hannah Arendt afferma che il proprio dell’essere umano è quello di vivere per portare nel mondo la novità».

E qui il Papa introduce il tema della paternità. Oltre un secolo fa lo scrittore inglese Chesterton segnalava che «la paternità artistica è un fenomeno di sanità come la paternità fisica» (e quindi che «i critici sono assai più pazzi dei poeti»), ma il Papa non vuole parlare di sanità quanto invece della novità: «Questa è la dimensione di fecondità dell’uomo. Portare la novità. Anche nella fecondità naturale ogni figlio è una novità. Aprire e portare novità. Voi artisti realizzate questo, facendo valere la vostra originalità. Nelle opere mettete sempre voi stessi, come esseri irripetibili quali noi tutti siamo, ma con l’intenzione di creare ancora di più. Quando il talento vi assiste, portate alla luce l’inedito, arricchite il mondo di una realtà nuova». Sempre Chesterton spiegava che «il successo dell’opera d’arte consiste nel dire, di qualsiasi soggetto (albero, nuvola o carattere umano che sia): “L’ho visto migliaia di volte ma non l’ho mai visto sotto questa luce fino ad ora”. Ora, per far questo, una certa variazione di stile è naturale e persino necessaria. Gli artisti variano a seconda di come compiono il loro assalto, in quanto è di loro competenza compiere un attacco a sorpresa. Devono donare una nuova luce alle cose».

Questo “attacco a sorpresa” che è l’arte, spiega anche perché essa sia un elemento di disturbo. «L’arte è fatta per turbare; la scienza rassicura» secondo la lezione di Georges Braque. Un tema caro al Papa, il quale anche nel discorso di ieri ha ricordato che: «Una delle cose che avvicinano l’arte alla fede è il fatto di disturbare un po’. L’arte e la fede non possono lasciare le cose così come stanno: le cambiano, le trasformano, le convertono, le muovono. L’arte non può mai essere un anestetico; dà pace, ma non addormenta le coscienze, le tiene sveglie».

Nel mondo contemporaneo, così “anestetizzato”, nel significato di annullare la sensibilità e quindi essere ad un tempo contro il dolore ma anche contro la bellezza, gli artisti diventano «veggenti, sentinelle, coscienze critiche», ecco perché il Papa li sente suoi alleati, gli artisti, alleati con lui e con Dio. Tutti e tre hanno una passione, una grande passione in comune: «Vi sento alleati per tante cose che mi stanno a cuore, come la difesa della vita umana, la giustizia sociale, gli ultimi, la cura della casa comune, il sentirci tutti fratelli. Mi sta a cuore l’umanità dell’umanità, la dimensione umana dell’umanità. Perché è anche la grande passione di Dio». È Dio il primo e sommo artista, che vive la sua creatività con passione. Il che include anche la passione del suo unico Figlio, che dà la vita «per noi uomini e la nostra salvezza». Così, ognuno a suo modo, anche gli artisti vivono “appassionatamente” la propria vocazione artistica e «la creatività dell’artista sembra così partecipare della passione generativa di Dio. Quella passione con la quale Dio ha creato. Siete alleati del sogno di Dio!». Il sogno di Dio, il mistero che circonda la creazione, passa per la passione del Figlio, per la sua kenosi, che lo porta a vivere tutte le esperienze umane, anche la morte e a dargli un senso. Così gli artisti vivono con intensità, sulla loro pelle, il mistero dell’esistenza umana e riescono a farcene sentire i sapori, vedere i colori, le luci e anche le ombre.

«Spesso voi artisti», ha affermato il Papa, «provate a sondare anche gli inferi della condizione umana, gli abissi, le parti oscure. Noi non siamo solo luce, e voi ce lo ricordate; ma c’è bisogno di gettare la luce della speranza nelle tenebre dell’umano, dell’individualismo e dell’indifferenza. Aiutateci a intravedere la luce, la bellezza che salva».

Ecco il compito, umanissimo e altissimo, degli artisti, che il Papa ha voluto ricordare ai duecento e più rappresentanti di tutte le arti raccolti ieri davanti al Giudizio Universale di Michelangelo.

Fonte: Andrea MONDA | OsservatoreRomano.va

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