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Pace. 50 anni fa l’obiezione al militare in Italia, oggi gli obiettori russi e ucraini

Il 15 dicembre 1972 la promulgazione della legge 772 che istituiva il servizio civile alternativo alla naja. Al convegno di Cnesc e Movimento Nonviolento i pacifisti che dicono no a Putin

Cinquant’anni esatti di obiezione allo strumento militare, per un impegno civile alternativo. Mezzo secolo dalla prima legge, quella che ha riconosciuto a oltre 800 mila obiettori il diritto di difendere la Patria nelle cittadini fragili, nell’ambiente degradato, nei beni culturali. Una battaglia nonviolenta sostenuta, agli albori, anche dall’estero, come dal filosofo Bertrand Russel che col movimento pacifista britannico aiutò Aldo Capitini – inventore nel 1961 della Marcia della pace Perugia-Assisi – a sostenere il primo obiettore italiano, Pietro Pinna processato nel 1949. Una lotta per i diritta che oggi prosegue col supporto di organizzazioni pacifiste italiane agli obiettori russi, bielorussi e ucraini che si rifiutano di combattere la guerra di Putin.

 

Porprio ieri sono state consegnate a Palazzo Chigi oltre duemila firme raccolte dal Movimento noviolento e da Un ponte per… nell’ambito della Campagna di Obiezione alla guerra, per chiedere il riconoscimento dello status di rifugiati politici a obiettori, renitenti alla leva e disertori nel conflitto russo-ucraino.

 

Una data importante, questo giro di boa del mezzo secolo, celebrata a Roma in un convegno di due giorni organizzato dalla Cnesc, la Conferenza degli enti di servizio civile, e dal Movimento Nonviolento. Era il 15 dicembre del 1972 quando in Gazzetta Ufficiale veniva pubblicata la legge 772. Proposta dal democristiano Giovanni Marcora – partigiano, imprenditore, politico, più volte ministro – la legge dà una risposta alle crescenti pressioni della società civile, istituendo un servizio civile alternativo per assolvere gli obblighi della leva militare.

 

La battaglia civile per riconoscere il diritto a servire la patria senza le armi parte molto prima. Nel 1948 Pietro Pinna rifiuta di prestare il servizio militare e il suo processo, l’anno dopo, ha una risonanza internazionale. Gli anni ‘60 sono una stagione fertile anche per il movimento nonviolento, come ha ricordato ieri al convegno a Roma Daniele Lugli, già presidente del Movimento Nonviolento e collaboratore di Capitini. Sulla scia del pensiero di Martin Luther King e Ghandi, quei pionieri animano manifestazioni a Milano e campi con attivisti da tutta Europa e anche da Stati Uniti e Australia. Da parte cattolica contribuiscono a questo processo figure profetiche come don Primo Mazzolari, padre Ernesto Balducci, don Lorenzo Milani, Giorgio La Pira. Fino all’auspicio nella Gaudium et spes di leggi giuste ed umane nei confronti degli obiettori.

 

Fino ad allora infatti chi rifiutava la divisa – anarchici, testimoni di Geova e dal 1962 anche cattolici grazie a Giuseppe Gozzini – finiva nelle carceri militari. Con la 772 nasce il servizio civile alternativo: inizialmente di venti mesi, rispetto ai dodici della naja, con l’evidente scopo di disincentivarne la scelta; e con l’esame delle motivazioni, subito etichettato come “tribunale delle coscienze”. Norme superate prima dall’equiparazione della durata al militare da parte della Corte costituzionale, poi con la smilitarizzazione della gestione grazie alla riforma del 1998, la 230, dopo lo sgambetto del presidente Francesco Cossiga che, dopo l’approvazione definitiva nel 1992, la rinviò alle Camere, sciogliendole il giorno dopo. Ci vorranno altri sei anni per approvarla.

Nel 2001 arriva l’introduzione del servizio civile volontario, quando è ancora in vigore l’obbligo del militare, per ragazze e ragazzi esenti riformati: meno di 400 quell’anno, che subito crescono con 75 mila giovani nel triennio successivo. Dal 2005, con la sospensione del servizio di leva, finisce l’obiezione di coscienza e comincia la crescita dei “servizio-civilisti”. Nel 2016 una nuova riforma ribattezza l’esperienza come Servizio civile universale, cercando di ampliare la platea volontaria, aprendosi anche ai ragazzi stranieri. Tra 2001 e 2022 saranno quasi altri 700 mila le ragazze e i ragazzi in servizio civile. Gli ultimi tre anni hanno visto una crescita dei bandi: l’ultimo, pubblicato in questi giorni, metterà a disposizione 71.500 posti, il più grande di sempre, grazie ai fondi del Pnrr.

 

Parallelamente, cresce anche l’impegno del mondo cattolico. Il primissimo ente a convenzionarsi col ministero della Difesa nel 1973 è la Comunità di Capodarco. Poi, dopo il convegno ecclesiale “Evangelizzazione e promozione umana”, nel 1977 la Cei dà mandato ala Caritas di convenzionarsi. Seguiranno molte altre realtà del mondo cattolico, tra cui Focsiv, Acli, Salesiani, Papa Giovanni XXIII, Confcooperative, Unitalsi, Misericordie. Nel 2003 nasce il Tesc, il Tavolo ecclesiale sul servizio civile, per proporlo ai giovani come esperienza formativa, di servizio e testimonianza dei valori, in collaborazione con Migrantes, e diversi uffici Cei. Arrivano nel Tesc anche Agesci, Federsolidarietà, Cenasca Cils, Gavci, Csi, Salesiani, Cdo, Anspi. E il 21 marzo, San Massimiliano martire, ucciso nel 195 per il rifiuto di arruolarsi nell’esercito romano, diventa per il mondo cattolico la festa degli obiettori e del servizio civile.

Oggi l’obiezione, in Italia retaggio culturale che sta alle radici del servizio civile, torna di scottante attualità per le scelte coraggiose dei ragazzi che non vogliono combattere nella guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. Come ha testimoniato, al convegno a Roma per il 50° dell’obiezione, il coordinatore del Movimento degli obiettori di coscienza russi Alexander Belik, 25 anni, scappato in Estonia. Il loro canale Telegram, che ha 50 mila contatti, dà informazioni sul diritto ad obiettare, riconosciuto formalmente in Russia nel 1993, ma ampiamento boicottato. Grandi difficoltà anche in Ucraina, come ha testimoniato in videocollegamento Yurii Sheliazenko del movimeto pacifista ucraino, che come altri obiettori riceve insulti e minacce. Un altro obiettore ucraino, Vitaliy Alekseinko, è stato già condannato a un anno di carcere. Il ricorso è in discussone in questi giorni e ad assisterlo c’è anche l’avvocato italiano Nicola Canestrini, su mandato del Movimento Noviolento.

«I nonviolenti russi e ucraini sono le uniche voci delle due parti che stanno dialogando tra loro – ha detto ieri sera il presidente del Movimento Nonviolento Mao Valpiana – e creano un ponte su cui può transitare la pace. Gli obiettori di coscienza sono una piccola luce di speranza nell’oceano di tenebre che ci circonda».

Fonte: Luca Liverani | Avvenire.it

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