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Il Colibrì e l’eutanasia: un’occasione di dialogo sui confini dei diritti

Una riflessione di don Davide Milani sulla scelta del protagonista di ricorrere al suicidio assistito. «Va promosso il dialogo tra chi non condivide certe posizioni e chi le considera legittime. Il cristiano deve dare conto delle proprie ragioni»

Senza rovinare il piacere di chi andrà a vederlo, però non si può non dire che una parte importante del film Il colibrì è dedicata, come nel romanzo da cui è tratto, alla scelta di uno dei personaggi, colpito da un male incurabile, di ricorrere al suicidio assistito.

Per questo abbiamo interpellato don Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo e direttore della Rivista del Cinematografo. «II film, rispetto al romanzo ha meno sfumature e quindi anche il tema dell’eutanasia risulta più semplificato. Tuttavia c’è una bella tensione emotiva e, come nel libro, la capacità di intercettare situazioni che molte persone vivono: è un film molto empatico».

Tornando all’eutanasia, una delle persone più care al personaggio dice di ammirarlo per questa scelta così drammatica. «È vero, ma al tempo stesso, e lo si capisce più dai gesti che dalle parole, lo invita a ripensarci. Il personaggio in questione porta dentro di sé una contraddizione: è riuscito a superare le tante tragedie che lo hanno segnato, ma si arrende di fronte alla paura della sofferenza fisica che lo attende». Lui però dice di farlo anche per liberare le persone che gli vogliono bene dal fardello di dover sopportare la sua agonia. «Ma chi può dire che quel dolore sarebbe stato inutile? Tutta la storia della sua vita racconta l’opposto, di come il dolore sia stato per lui un’occasione di crescita e di arricchimento».

Un film dunque complesso, ma un cristiano come deve porsi di fronte a film, e negli ultimi anni ce ne sono sempre di più, che promuovono o comunque non condannano scelte che contrastano i suoi valori, ma che per altri sono diritti civili da difendere o da promuovere? Per fare un altro esempio tratto dall’attualità, l’anno scorso a Cannes ha vinto la Palma d’oro La scelta di Anne – L’Événement, adattamento di un romanzo autobiografico della scrittrice francese Annie Ernaux, fresca vincitrice del Nobel per la letteratura. È la storia di una ragazza che, di fronte a una gravidanza non desiderata, per non compromettere il futuro che si è prefigurata, sceglie di abortire. «Innanzitutto per parlare di un film bisogna prima vederlo. Quando nella storia ci sono stati roghi di libri spesso chi li bruciava non li aveva letti», dice don Milani. «Chiaramente c’è tanto lavoro da fare perché bisogna interrogarsi sui diritti civili, capire quali sono i loro confini e i cattolici devono aver il coraggio di starci dentro, di far capire le proprie ragioni, di non fare battaglie per partito preso. Nel caso di La scelta di Anne, ma anche nel Colibrì, manca una prospettiva religiosa, mentre la differenza cristiana è credere in un Dio che ama la vita e che quindi ti dà anche gli strumenti per difenderla. Chi critica un’opera d’arte non può liquidarla con un giudizio moraleggiante, limitarsi a dire questo è ammesso e questo no, ma deve saperla analizzare nel suo complesso. Con quest’ottica io farò vedere Il colibrì nel mio cinema a Lecco. Da noi prima di ogni proiezione c’è una presentazione che non è solo critica. E dopo mi fermo a parlare con il pubblico, perché per me è importante che si crei un dialogo tra chi non condivide certe scelte e chi, seduto accanto a lui, le considera legittime. Il cinema, e l’arte in generale, serve proprio a questo».

Fonte:Eugenio Arcidiacono | FamigliaCristiana.it

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