Sopra La Notizia

Cannes antirazzista e Tom Hanks, imperdonabile “bianco buono”

In un mondo dominato dai gangster Trump e dagli Spike Lee “contro tutti” all’attore di Forrest Gump non è più concesso interpretare ruoli eroici che tolgano spazio ai neri.

E quindi «Spike Lee sta facendo la storia del Festival di Cannes». Lo scrive Variety, la Bibbia di Hollywood: rispondendo ai giornalisti il primo presidente di giuria nero incaricato di assegnare la Palma d’Oro, ha ricordato subito che 32 anni fa la critica americana ha considerato il suo Fa’ la cosa giusta il film che ha dato la spinta a parlare di razzismo in tutti gli Stati Uniti.

L’agente Orange e altri gangster

«Oggi se penso a brother Eric Gardner o a king George Floyd che finì ucciso e linciato il mio pensiero vola a quel film, a Radio Raheem. Penseresti e spereresti che 30 fottuti anni dopo, i neri smettessero di essere braccati come animali. Anche per questo sono contento di essere qui». Poi, cappellino con la scritta “1619”, data di arrivo dei primi schiavi africani in Virginia, calato sulla testa, rispondendo a una domanda sulle leggi anti Lgbt Spike Lee ha ricordato che «questo mondo è gestito da gangster: l’agente Orange [Donald Trump], un ragazzo in Brasile [Bolsonaro] e Putin. Ecco: sono gangster. Non hanno morale, né scrupoli. Questo è il mondo in cui viviamo. Dobbiamo parlare contro gangster del genere».

Bene, forte e chiaro il messaggio politico e antirazzista del Festival, ben riassunto nel “Spike Lee contro tutti”, è arrivato. Anche quest’anno il cinema continua a credere nel potere di rieducare le masse attraverso i suoi rappresentanti. Quelli sul red carpet, sì, ma soprattutto i suoi nuovi personaggi “esemplari” cui è affidata la missione di sradicare il pregiudizio del pubblico. Un’idea che più realismo socialista non si può, ma tant’è. Prendiamo il caso Tom Hanks.

Tom Hanks sul massacro di Tulsa

Qualche settimana fa l’attore – non esattamente un fiancheggiatore dell’agente Orange: obamiano di ferro, gran consolatore d’America dopo la sconfitta della Clinton e gran cerimoniere di Celebrating America per l’insediamento di Joe Biden – invia al New York Times un commento a un pezzo sul massacro di Tulsa del 1921. Durante tutti i suoi studi, dice Hanks, «non ho mai letto una pagina in nessun libro di storia a scuola su come, nel 1921, una folla di bianchi bruciò un posto chiamato Black Wall Street, uccise fino a 300 dei suoi cittadini neri e sfollò migliaia di neri americani che vivevano a Tulsa, in Oklahoma». Questo perché «la storia è sempre scritta da persone bianche come me. La storia delle persone di colore, invece, è sempre tenuta nascosta. Il cinema, che spesso modella la storia, ha fatto la stessa cosa. E questo è anche colpa mia, che fino allo scorso anno non sapevo nulla del massacro di Tulsa. Grazie a un articolo del Nyt».

Già premiato con la medaglia presidenziale della libertà da Barack Obama Hanks si inserisce alla grande nel novero dei nuovi alfieri della “teoria critica della razza”: sa rileggere l’intera storia americana alla luce del razzismo, si è detto «in guerra contro Donald Trump», vanta un curriculum di esperienze da attivista e donazioni a cause e candidati democratici lungo così. Eppure non basta. Non è abbastanza. Non sarà mai abbastanza. Perché Tom Hanks ha un problema enorme: è un maschio bianco. Ma soprattutto un maschio bianco buono, buonissimo. E questo è male, malissimo.

Il bianco che «fa la cosa giusta»

«Non è abbastanza». Dopo il pezzo il critico televisivo della Npr (National Public Radio) Eric Deggan lo ha definito «una star del baby boom che ha costruito una parte considerevole della sua carriera su storie di uomini bianchi americani “che fanno la cosa giusta”». «Queste storie di americani bianchi che distruggono la macchina da guerra nazista o lanciano razzi nello spazio» tolgono spazi alla storia dei neri che dopo aver combattuto per il loro paese non hanno ricevuto pari gloria e benefici, e hanno «subìto discriminazioni nel programma spaziale negli anni ’50 e ’60. Se avessero avuto migliori opportunità, forse avrebbero potuto aiutarci ad arrivare prima sulla luna». L’apoteosi arriva con:

«Se vuole davvero fare la differenza, Hanks e le altre star devono parlare in modo specifico di come il loro lavoro ha contribuito a questi problemi e di come cambieranno. Devono prendere impegni specifici per cambiare la conversazione negli argomenti della storia, nel casting e nell’esecuzione. Questo è il vero duro lavoro di costruzione del cambiamento».

Ma Tom Hanks «non è antirazzista»

Per Deggan Hanks è un «non-razzista» ma questo non significa essere antirazzista. Se lo fosse non avrebbe reso, coi suoi «virtuosi bianchi, maschi americani», più difficile dare spazio ai racconti sulle «atrocità» dei bianchi. L’antirazzismo secondo Deggan «implica azione: guardarsi intorno nel proprio universo e adottare misure specifiche per smantellare il razzismo sistemico». E un bianco bravo non dovrebbe mai offuscare la condizione dei neri.

Hanks pilota, padre, capitano, cittadino di Cracozia. Hanks spia, ologramma, soldato, ladro gentiluomo, ritardato, malato terminale di Aids, astronauta, scienziato. Hanks che ha donato il plasma dopo il Covid ha interpretato nel suo recentissimo News of the world «un ex soldato confederato» che difende «una bambina bionda e bianca che era stata rapita e cresciuta da una tribù di nativi americani». Questo non significa che Tom Hanks sia razzista. Ma che non sia antirazzista sì.

Sono passati 32 anni da Fa’ la cosa giusta. Tom Hanks è finito nelle liste di proscrizione di Variety: tra i dieci film che la Bibbia di Hollywood ha deciso andrebbero visti solo se «preceduti da una spiegazione e forniti di un’avvertenza, riguardante razza, sessualità, disabilità e altro ancora» c’è Forrest Gump. Secondo il vicepresidente Tim Gray infatti la pellicola del 1994 «pur essendo condiscendente con i disabili, i veterani del Vietnam e i malati di Aids», tirerebbe la volata al Ku Klux Klan: «Il protagonista prende il nome dal nonno Nathan Bedford Forrest, primo sostenitore del KKK», spiega Gray, «ostile agli attivisti della controcultura».

Il figlio rapper e razzista

Dopo avere avuto problemi di alcol e droga, aver tentato la carriera di rapper e fatto il dito medio a tutti i giornalisti che lo paparazzavano all’uscita di una clinica, il figlio di Tom Hanks ha lanciato una collezione di merchandising dal nome “White Boy Summer”, scritto con un carattere gotico che agli utenti social ricorda quello di Fraktur utilizzato ai tempi della Germania nazista e sul Mein Kampf, nonché il «titolo di un documentario di Netflix sulle paratorie di massa». Così Chet ha deciso di riparare con una collezione chiamata “Black Queen Summer” e poi per non scontentare nessuno si è affrettato ad aggiungere che ne avrebbe fatta anche una per gli uomini di colore, gli asiatici etc etc.

Il peccato di essere bianco

Tom Hanks va a prendere il figlio impresentabile in clinica, guida, con la barba lunga, per sottrarlo ai giornalisti assetati di razzisti in erba, e non sta interpretando un ruolo, è solo un padre che sconta la sua pena. Quella di un maschio bianco che non riesce a fare abbastanza in un mondo governato da gangster e in cui, come dice Spike Lee, qualunque ragazzo nero «deve essere tre-quattro volte migliore di un bianco». Ed essere un maschio bianco maledettamente bravo diventa un peccato imperdonabile.

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia