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Il cardinale Martini e l’aldilà: “Forse in punto di morte qualcuno mi terrà la mano”

In un libro intervista postumo, il cardinale e già arcivescovo di Milano parlava dell’altro mondo e dell’incontro con la morte

Rappresenta il testamento spirituale del cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012) il libro “Conversazioni notturne a Gerusalemme” scritto con Georg Sporschill (il gesuita austriaco che lo ha intervistato).

Dalle risposte del cardinale, che si era già ritirato, emerge una totale consonanza con l’approccio pastorale di Papa Francesco, come si può cogliere dalle risposte che riportiamo qui sotto. L’intervista risale al 2007 quando il religioso di lingua tedesca si è recato in Terra Santa dall’arcivescovo emerito di Milano che era ormai a riposo (Faro di Roma, 1 settembre).

Un calcolo che fa trasparire “apprensione”

Il cardinale Martini si interroga sul senso della vita e spiega quale è il suo pensiero sulla morte.

«Ho superato gli ottant’anni, a questo punto alcune cose sono prevedibili. Sappiamo quanti anni sono concessi all’uomo. La Bibbia dice che, quando va bene, sono ottanta (cfr. Sai 90). Questo calcolo lascia trasparire un po’ di apprensione. Ne risulta il progetto di far sì, nel lavoro e nelle relazioni, che tutto prosegua bene. Ciò che inizio, altri devono poterlo portare avanti».

Le pretese di Dio

Martini ammette: «Ho delle esitazioni quando vedo come gli anziani si ammalano, hanno dolori, dipendono dagli altri. A questo proposito esiste un racconto indiano secondo il quale la vita si svolge in quattro fasi. Dapprima impariamo, poi insegniamo, poi ci ritiriamo e impariamo a tacere e nella quarta fase l’uomo impara a mendicare».

«Io parto dal principio – prosegue – che Dio non pretenda troppo da me: sa cosa possiamo sopportare. Forse in punto di morte qualcuno mi terrà la mano. Mi auguro di riuscire a pregare. Noi ci esercitiamo a pregare. Mi fa sentire di essere al sicuro vicino a Dio. La morte non può privare di questa sensazione di sicurezza».

L’aldilà e la comunione dei santi

Sull’aldilà, il cardinale ha le idee chiare: «L’altro mondo, verso il quale procede la nostra vita, possiamo già oggi consolidarlo in noi vivendo non per noi, ma per gli altri, percependo la comunione dei santi. I miei genitori sono morti già da molto tempo, eppure non li dimentico. Sono loro grato. Posso parlare con loro. È una bella usanza accendere un cero per i morti. Invecchiando si hanno sempre più amici nell’altro mondo, più che in questo. Nella Santa messa siamo in mezzo alla comunione dei santi».

“Abbiamo una famiglia spirituale”

Intorno a Gesù, conclude Martini, «si riuniscono i nostri cari che sono presso Dio, proprio come le persone con cui viviamo e lavoriamo. E soprattutto le persone che vorremmo ringraziare. Abbiamo una famiglia spirituale, i bambini di strada forse lo sanno apprezzare più di noi che abbiamo potuto avere un’infanzia protetta. I veri benefattori non danno ai bambini solo soldi, ma anche la sicurezza della loro partecipazione e delle loro preghiere».

«Si narra – è la chiosa del compianto cardinale – di un teologo protestante che in punto di morte disse alla moglie: per tutta la vita ho riflettuto su Dio e sull’aldilà, ora non so più nulla. Eccetto che, perfino nella morte, sono al sicuro. Questa è anche la mia speranza».

Fonte:Gelsomino DEL GUERCIO | Aleteia.org

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