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Quei folli innamorati di Dio che hanno fatto grande Firenze

A colloquio con Mario Lancisi, autore del libro “I Folli di Dio” (Edizioni San Paolo), un viaggio straordinariamente attuale nella Chiesa degli anni ’50, animata da figure come La Pira, don Milani, padre Balducci e Turoldo

«L’ambizione di queste pagine è quella di un racconto in cui la passione per Dio e per l’uomo, cielo e terra, si intrecciano e si fondano nella “follia” di un’umanità senza aggettivi, bandiere, ideologie e patrie. Un racconto in cui il cristiano si sente figlio di Dio e conseguentemente fratello di tutti gli uomini».

Il giornalista e scrittore Mario Lancisi prova a sintetizzare così, nel corso di una chiacchierata tra i vicoli della sua Firenze, I Folli di Dio, il suo ultimo libro edito da San Paolo e già nelle librerie. Un viaggio nel passato che sa ancora molto di presente e che ci offre la possibilità di ripercorre la storia e la cultura cristiana fiorentina vissute nell’immediato dopo guerra, sotto una chiave diversa e attuale, per conoscere e capire con gli occhi di oggi quello che fu un vero e proprio laboratorio politico, religioso e sociale senza precedenti.

I folli di Dio sono uomini straordinari come il priore di Barbiana don  Lorenzo Milani, il “sindaco santo” di Firenze Giorgio La Pira e ancora don Giulio Facibeni, padre Ernesto Balducci,considerato “l’uomo planetario” oppure  padre David Maria Turoldo, il cardinale Elia della Costa, e ancora Gozzini, Meucci, una rosa di nomi della Chiesa innamorata di Dio e degli uomini, ma anche di quella società laica che ha scritto una importante pagina della storia. Un modello “per vivere da cristiani veri”, ci ricorda Lancisi.

Il suo saggio, denso di ricordi personali, ci dà l’occasione per riflettere su un pezzo di storia fiorentina, un straordinario palcoscenico di personaggi innamorati di Dio e degli uomini e proprio per questo, spesso incompresi ed emarginati, esiliati come padre Turoldo in Inghilterra o don Milani, sui monti dell’Appennino tosco-emiliano, tra la gente povera, semplice e dimenticata del Mugello. Prosegue Lancisi: «Quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti», si legge nella Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi, per comprendere la follia sotto l’ottica della sapienza. Così “i folli di Dio” avevano ripensato una Chiesa dove il volto di Dio era quello appunto degli uomini e l’essere umano si collocava al centro della società».

«Scrivo queste pagine in un epoca confusa e violenta, tra muri di fili spinati e olocausti di naufraghi in cerca della terra promessa…», spiega l’autore. Lancisi decide di ripercorre la Firenze di 50 anni fa, dove gli intrecci tra le vicende umane e storiche dei vari personaggi religiosi e laici dell’epoca animano il suo viaggio nel tempo. Personaggi così diversi tra loro, ma allo stesso tempo così simili nei valori condivisi di una maggiore giustizia sociale, alla luce del Vangelo.

«Tutti si dichiaravano dalla parte dei poveri e fornivano a me, figlio di contadini», spiega Lancisi,  «gli strumenti per capire il classismo della società e le buone ragioni della mia parte sociale. Sai cosa dice La Pira? Mi capitava a volte di chiedere a mio padre… Il babbo, che le angherie dei padroni le aveva sofferte sulla sua pelle, mi ascoltava in silenzio. Da anni era rassegnato. Allora comprendevo dagli occhi spenti di mio padre che la più grande miseria dei poveri è la rassegnazione». Alla luce del libro possiamo parlare dei folli di Dio come uomini appassionati, conquistati dal Vangelo, che hanno segnato la storia della Chiesa con la loro forte impronta umanistica e fedelmente cristiana.

L’autore ricostruisce l’architettura “umanistica” di Firenze, un progetto che traspare da questi personaggi insormontabili per quei valori cristiani dei quali erano detentori e che trovano risonanza nelle parole di papa Francesco in visita a Barbiana  il 20 Giugno del 2017: «Sono venuto a Barbiana per rendere omaggio alla memoria di un sacerdote che ha testimoniato come nel dono di sé a Cristo si incontrano i fratelli nelle loro necessità e gli si serve perché si sia difesa e promossa la loro dignità di persone».
«Ecco perché mi sono sentito fortunato in quella sera di fine luglio quando, rovistando tra le mie carte e le mie vie, mi è stato chiaro che i Folli di Dio mi hanno indicato che un’altra Chiesa e un altro mondo sono possibili», prosegue l’autore. «Grazie a loro ho smesso di essere timido e rassegnato. Ho dato battaglia nelle assemblee studentesche, nella società, in politica, in parrocchia, dovunque me li sono portati dietro, quei Folli di Dio, come un tesoro dell’anima e dell’intelligenza. Mi sono quasi compiaciuto, di fronte ai signorini del privilegio, di definirmi “contadino e cattolico” perché sapevo che in quelle due parole non c’era l’eco lontana della Vandea ma quella della rivoluzione cristiana. Sono così diventato un uomo e, per usare un’espressione milaniana, un cittadino sovrano. Ai giovani di oggi mi piace raccontare la storia dei Folli di Dio senza la presunzione di suggerire una strada, un modello, bensì proponendo loro solo un messaggio: quello di cercare il senso della vita nella spiritualità e nella ribellione sociale intesa come amore per la giustizia».:

Fonte: Katia Fitermann |FamigliaCristiana.it

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