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Il Consiglio di Stato: le benedizioni a scuola sono legittime

Ribaltata la sentenza del Tar dell’Emilia Romagna. I giudici: non può attribuirsi alla natura religiosa di un’attività una valenza negati

 

Le benedizioni a scuola, fuori dalle lezioni e facoltative, sono legittime. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso del ministero dell’Istruzione e ribaltando la decisione del Tar Emilia-Romagna che aveva annullato la delibera con cui un consiglio di istituto di Bologna le aveva autorizzate, nel 2015. Per i giudici il rito non può “in alcun modo incidere sullo svolgimento della didattica e della vita scolastica in generale” e questo “non diversamente” da altre attività “parascolastiche”.

La polemica sulle benedizioni, finita anche sul New York Times, nacque dal ricorso presentato da alcuni docenti e genitori dell’istituto comprensivo 20 di Bologna (elementari Carducci e Fortuzzi e medie Rolandino) e dal comitato “Scuola e costituzione” nel marzo 2015 in occasione della Santa Pasqua. In primo grado il tribunale amministrativo aveva accolto le loro ragioni, un anno fa, dicendo che la scuola non poteva essere coinvolta in un rito attinente unicamente alla sfera individuale di ciascuno. Ora però la sesta sezione del Consiglio di Stato (presieduta da Sergio Santoro) all’esito dell’udienza del 20 dicembre afferma che le benedizioni sono legittime e non incidono sulla vita scolastica.

Secondo i giudici del Consiglio di Stato il rito, per chi intende praticarlo, “ha senso in quanto celebrato in un luogo determinato, mentre non avrebbe senso (o, comunque, il medesimo senso) se celebrato altrove; e ciò spiega il motivo per cui possa chiedersi che esso si svolga nelle scuole, alla presenza di chi vi acconsente e fuori dall’orario scolastico, senza che ciò possa minimamente ledere, neppure indirettamente, il pensiero o il sentimento, religioso o no, di chiunque altro che, pur appartenente alla medesima comunità, non condivida quel medesimo pensiero e che dunque, non partecipando all’evento, non possa in alcun senso sentirsi leso da esso“. Inoltre “non può logicamente attribuirsi al rito delle benedizioni pasquali“, con i limiti stabiliti in questo caso,“un trattamento deteriore rispetto ad altre diverse attività parascolastiche non aventi alcun nesso con la religione”.

“C’è da chiedersi – prosegue la sentenza – come sia possibile che un (minimo) impiego di tempo sottratto alle ordinarie e le attività scolastiche, sia del tutto legittimo o tollerabile se rivolto a consentire la partecipazione degli studenti” ad attività culturali, sportive o ricreative “mentre si trasformi, invece, in un non consentito dispendio di tempo se relativo ad un evento di natura religiosa, oltretutto rigorosamente al di fuori dell’orario scolastico”. I giudici aggiungono quindi che “per un elementare principio di non discriminazione, non può attribuirsi alla natura religiosa di un’attività, una valenza negativa tale da renderla vietata o intollerabile unicamente perché espressione di una fede religiosa, mentre, se non avesse tale carattere, sarebbe ritenuta ammissibile e legittima”. È la stessa Costituzione, nell’articolo 20, si ricorda, a porre “un divieto di trattamento deteriore, sotto ogni aspetto, delle manifestazioni religiose in quanto tali”.

Fonte:  Avvenire.it

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