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Da Sant’Ambrogio a San Pietro, ecco i lombardi diventati Papi

 

Anselmo di Baggio (Alessandro II), ma anche Uberto Crivelli (Urbano III), Goffredo Castiglioni (Celestino IV) , Giovanni Angelo Medici (Pio IV), Achille Ratti (Pio XI) e Giovanni Battista Montini (Paolo VI). In circa mille anni 6 Pontefici. Che intrecciano la grande storia: dal Barbarossa al Concilio di Trento e al Vaticano II.

 

Era il 313. Ed era febbraio. In quel momento era Papa Milziade. Milano si chiamava Mediolanum, masticava nebbia come oggi ma a differenza di oggi parlava latino. Tra le attuali Piazza Affari e Corso Magenta, in un palazzo le cui vestigia sono tuttora intuibili, gli imperatori Costantino (per l’Impero romano d’occidente) e Licinio (a capo dell’Impero romano d’oriente) firmarono un editto che accordava pieno diritto di cittadinanza e libertà di culto (anche) ai cristiani, fin lì emarginati se non decapitati o dati in pasto ai leoni. E’ così che le terre ambrosiane e la Chiesa cattolica iniziano a scrivere insieme la storia che conta.

Da quel momento, occorre attendere un po’ di meno di 700 anni per attendere un Papa di orgini lombarde. E’ Alessandro II, al secolo Anselmo, originario di Baggio, presso Milano. Nasce in un’epoca compresa tra il 1010 e il 1015. Compie i suoi studi nella scuola cluniacense di Lanfranco di Pavia a Bec, viene ordinato sacerdote verso il 1055.Nel 1057 è nominato vescovo di Lucca, carica che mantiene anche durante il papato. Come vescovo di Lucca fa riedificare il Duomo. Nel periodo in cui è vescovo sostiene Ildebrando di Soana nell’impresa di sopprimere la simonia e di rafforzare il celibato del clero. Anselmo capeggia la pataria milanese, ovvero un movimento popolare contro l’immoralità nel clero. Pur non essendo cardinale, viene eletto Papa nell’ottobre 1061. Muore il 21 aprile 1073.

Neppure cinquant’anni e si replica. Il Papato torna a passare da Milano. A dire il vero attraversa Cuggiono, paese in cui nasce, intorno al 1120, quell’Uberto Crivelli destinato a diventare prima arcivescovo di Vercelli (verso la fine del 1182), poi arcivescovo di Milano (maggio 1185) e infine Papa, nel novembre 1185 col nome di Urbano III. «Un uomo talmente lombardo da voler restare comunque arcivescovo metropolita di Milano anche dopo la sua elezione al soglio di Pietro», ha osservato Paolo Foschini sul Corriere della Sera: «e infatti, al di là degli aspetti religiosi del suo mandato, passerà alla storia soprattutto per il suo scontro infinito con Federico Barbarossa». Scontro per lui sfortunato, in verità: come quando, rifiutatosi di incoronare Re d’Italia il figlio del Barbarossa medesimo, Enrico, celebrandone le nozze in Sant’Ambrogio con Costanza d’Altavilla, dovrà poi rassegnarsi a veder la stessa cerimonia benedetta dal patriarca di Aquileia. «Un anno più tardi», ha avuto ancora modo di annotare Paolo Foschini, «mentre si trova a Verona, il milanese Urbano III prova addirittura a scomunicarlo, il dannato Barbarossa. “Non finché sei nostro ospite”, gli dicono i veronesi. Lui ci riproverà spostandosi a Ferrara dove però, prima di riuscirci, morirà di crepacuore – si dice – alla notizia della caduta di Gerusalemme in mano al Saladino. Lascerà alla Cattedrale milanese di Santa Maria Nascente la preziosa eredità di due pianete scarlatte, un calice dorato, una stola e altri paramenti».

Passa poco più di mezzo secolo e un altro milanese diventa Papa ma rimane tale per neppure tre settimane. E’ Celestino IV, cioè Goffredo Castiglioni, nipote di quell’Uberto Crivelli diventato Urbano III: viene eletto – già malato – il 25 ottobre 1241, muore il 10 novembre successivo, dopo 17 giorni dalla nomina e 13 dalla consacrazione. Arriva il 1499 e Milano o più precisamente Marignano (l’odierna Melegnano) regala alla cristianità Giovanni Angelo Medici che nel 1599 diventa Papa Pio IV. Ha il piglio del grande statista e lega il suo nome al Concilio di Trento. Si merita l’appellativo di “padre dei poveri” per le numerose opere di beneficenza che istituisce. Uno dei suoi obiettivi è di pacificare,per via diplomatica, i rapporti politici sia interni al Vaticano che esterni. In questo è aiutato da due validissimi collaboratori: i nipoti Carlo (proprio lui, il famoso san Carlo) e Federico Borromeo, figli della sorella Margherita.

Il 29 novembre 1560 Pio IV pubblica la bolla Ad ecclesiae regimen con la quale riaprì i lavori del Concilio ecumenico, convocando i padri conciliari a Trento per il 18 gennaio 1562. La ripresa del Concilio richiede delicate trattative tra Roma e le maggiori potenze cattoliche (Spagna, Impero e Francia). Le tre potenze sono divise: da una parte, l’imperatore Ferdinando I d’Asburgo e la regina consorte di Francia Caterina de’ Medici, vorrebbero l’indizione di un nuovo Concilio in una città diversa da Trento. Al contrario, il re di Spagna Filippo II desidera sia esplicitamente affermata nella bolla la continuità con le precedenti assemblee. Pio IV chiude il Concilio di Trento il 4 dicembre 1563. Infine, il 13 novembre 1564 il Pontefice approva, con la bolla Iniunctum nobis, il “Credo Tridentino” (Professio fidei Tridentinae), affermando con questo atto la suprema autorità papale all’interno della comunità ecclesiale. La Professio rimarrà immutata fino al 1877.

Significativo e lombardo è anche Achille Ratti, nato a Desio il 31 maggio 1857, arcivescovo di Milano nel 1921, Papa l’anno dopo come Pio XI. Appassionato alpinista (è il primo – il 31 luglio 1889 – a raggiungere la cima del Monte Rosa dalla parete orientale; il 7 agosto 1889 scala il Monte Cervino, e a fine luglio 1890 il Monte Bianco, aprendo la via successivamente chiamata “Via Ratti – Grasselli”), è il Pontefice  dei Patti Lateranensi firmati nel ’29 con Mussolini, da lui indicato come «l’uomo della Provvidenza», ma è pure l’inventore della Radio Vaticana in collaborazione con Guglielmo Marconi. Pio XI scrive, tra l’enciclica sociale Quadragesimo Anno, che celebra il quarantesimo anniversario della Rerum Novarum di papa Leone XIII, insegnando che «per evitare l’estremo dell’individualismo da una parte, come del socialismo dall’altra, si dovrà soprattutto avere riguardo del pari alla doppia natura, individuale e sociale propria, tanto del capitale o della proprietà, quanto del lavoro»

L’ultimo lombardo a diventare Papa, in ordine di tempo,è il bresciano Giovanni Battista Montini (Concesio, 26 settembre 1897 – Castel Gandolfo, 6 agosto 1978), nominato da Pio XII arcivescovo di Milano il 1º novembre 1954, dopo la morte di Alfredo Ildefonso Schuster, ed eletto Sommo Pontefice il 21 giugno 1963. Nel 1965 Paolo VI chiude il Concilio Vaticano II, il 26 marzo 1967 firma l’importantissima enciclica Popolorum progressio, sullo sviluppo dei popoli («È come dire che la proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario»;  «I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La Chiesa trasale davanti a questo grido di angoscia»). E il il 25 luglio 1968 firma l’Humanae vitae, sul matrimonio e sulla regolazione delle nascite. Paolo VI è il primo Papa a viaggiare in aereo: vola per raggiungere terre lontanissime, come nessuno dei suoi predecessori aveva ancora fatto; è il primo Pontefice a visitare tutti i cinque continenti.

Fonte: Famiglia Cristiana.it

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