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L’accoglienza della realtà e i “sogni impossibili”

“Sognare in grande”, a volte, è un suggerimento che rischia il malinteso. È giusto ambire a fare “della propria vita un capolavoro”, sulla scia dell’auspicio di Giovanni Paolo II, ma prima è giusto, doveroso e soprattutto saggio fare i conti con la realtà delle cose.
Banalmente, se la muscolatura non è adatta, sarà difficile aspettarsi di essere più veloci Bolt sulla corta distanza. Probabilmente, si hanno altre doti e si potrà eccellere in altri ambiti, magari anche sportivi, ma differenti dalla velocità sui 100 metri.
Allora bisogna proibire a chi è in sovrappeso di fare danza? No, non si tratta di divieti, si tratta di non alimentare false speranza, scollegate dalla realtà, che rischierebbero solo di confondere e deludere, quando non frustrare gli sforzi compiuti. E, secondariamente, ricordarci che, nella vita, abbiamo un alleato importante, del quale spesso ci dimentichiamo l’esistenza: il caro, vecchio, buon senso. Talvolta, basterebbe lui da solo a rimetterci coi piedi per terra, evitando sberloni dalla vita, magari causati da inavvedutezza nostra. La tenacia può condurci a risultati grandiosi, ma solo se corroborata dalla pazienza del contadino che sa che certi risultati hanno bisogno del loro tempo per maturare e pensare di affrettarli può equivalere soltanto a perderli del tutto.
Prendiamo un esempio significativo, quale la delinquenza giovanile. Non solo le statistiche o le ricerche, ma chi opera in quel settore, a stretto contatto con ragazzi condannati per reati anche gravi, da anni, di più: persino gli stessi ragazzi condannati si accorgono come uno dei principali motivi che spinge un ragazzo alla delinquenza sia l’ambizione a possedere cose superiori alle proprie disponibilità economiche (orologi preziosi, gioielli, bei vestiti, scarpe firmate, auto o moto potenti). Non riuscendo a raggiungerle seguendo vie lecite, ecco quindi seguire ogni altra via che lo avvicini all’obiettivo prefissato. A seguito di una tensione per la bellezza, la distorsione del possesso fine a se stesso, o – meglio! – ostentato col fine di far colpo su una ragazza, diventa motivo – principe per l’inizio di una (spesso, lunga) serie di scelte sbagliate, che possono provocare molta sofferenza, a sé e agli altri.
La soluzione non credo possa mai risiedere in una qualche forma di comunismo. La soluzione proposta da tutte queste ideologie è aberrante. Livellare le differenze.

Un’opzione che non potrebbe mai essere risolutiva. Perché dietro alle differenze economiche, talvolta più evidenti, si celano tutt’altre differenze, più profonde ed importanti, anche se magari meno evidenti. Siamo alti, bassi, robusti, magri, intelligenti oppure poco brillanti, sportivi e atletici oppure goffi ed impacciati: la varietà dei modi in cui l’essere umano si manifesta non può e non deve essere motivo d’invidia, né di mortificazione.
Una consapevolezza importante da interiorizzare è che non tutto è mutevole, quanto meno nell’immediato e che, piuttosto, ci sono dati di realtà con cui è necessario, semplicemente, trovare il modo migliore per imparare a convivere perché ci sono, per l’appunto dati e non possiamo fare nulla per eliminarli, a meno che non scegliamo deliberatamente d’illuderci. La famiglia in cui nasco non è una mia scelta (e neppure un merito, quindi): lo stesso può essere detto per la nazione in cui vengo al mondo, oppure per le predisposizioni innate (per la musica, il disegno, il calcolo matematico oppure lo sport). 
Eppure, tutti questi dati rappresentano un’opportunità: con quegli strumenti che abbiamo (non solo limiti, ma anche talenti) ci giochiamo la nostra vita e la nostra possibilità di lasciare un segno positivo della nostra esistenza terrena che, per chi crede, si affaccia sull’eternità di una festa che non conosce fine.

Fonte: SullaStradaDiEmmaus.it

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