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Finalmente chiudono i “diplomifici”

Dopo le recenti visite ispettive nelle scuole il Miur ha revocato la parità alle scuole nel 9 per cento dei casi. Ma la scuola paritaria come sta? I numeri dell’ultimo triennio parlano chiaro: 580 paritarie chiuse. Suor Anna Monia Alfieri, presidente di Fidae Lombardia: «La più grave pagina educativa recente del sistema scolastico»

Nel 2014 le scuole paritarie coprivano circa 1 milione di studenti, su un totale di 8 milioni (il 12%) Nell’ultimo triennio sono state chiuse 580 scuole pubbliche paritarie perdendo per strada 20.000 ragazzi e privando 75 mila famiglie della libertà di scegliere. L’Istat, dall’altra, segnala che ci troviamo in coda alla classifica europea nella spesa destinata all’Istruzione in rapporto al Pil, appena il 4,6%, vale a dire poco più di 70 miliardi. Siamo invece al 47° posto, quasi ultimi al mondo tra i Paesi civili in termini di libertà di scelta educativa; ci supera perfino Mosca. Ma sr Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche non cede e invoca ottimismo e coraggio per mantenere uno sguardo lucido sulla realtà. Certa che la scuola paritaria soffre ma non cede e i cittadini sanno porsi dalla parte giusta e cioè del diritto.

«Stiamo vivendo la più grave pagina educativa recente del sistema scolastico che è classista, se solo il ricco può scegliere, discriminatorio, perché il bravo docente non può scegliere se insegnare nella scuola statale o paritaria, e il bambino diversamente abile se sceglie la scuola paritaria lo Stato non gli riconosce il sostegno se non di mille euro (il resto a carico di chi resta?) e regionalista perché i dati di rendimento scolastico mettono l’Italia agli ultimi posti, un Paese dove la Lombardia e il Veneto sono molto al di sopra della media, mentre Campania e Sicilia molto al di sotto, ovvero devi avere la fortuna di nascere al posto giusto nella famiglia giusta oppure sei scolasticamente spacciato».

Suor Anna non ha peli sulla lingua quando c’è da commentare la situazione attuale, da anni ha scelto il pensiero logico scientifico che non ammette contraddizioni in termini. La sua è un’analisi «oggettiva: alcune di queste scuole paritarie hanno chiuso perché non ce la facevano più a sostenere un costo a fronte di una libertà educativa che non esiste».

Vede, poi però anche dei segnali positivi. «Proprio un paio di settimane fa il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha pubblicato un comunicato stampa che è un “gioiello”. Smontiamo prima, però, un falso mito: la scuola non si divide in pubblica statale e privata ovvero diplomifici. No, la scuola pubblica si compone di scuola statale e paritaria e poi ci sono le scuole private che non fanno parte del comparto Sistema Scolastico Nazionale di Istruzione. La legge 107/2015 introduce le leve giuste: ovvero, lo studente al centro, la libertà di scelta educativa della famiglia che domanda la trasparenza della scuola, la valutazione e la meritocrazia dei docenti, la valutazione delle scuole. Comprensiva anche delle ispezioni straordinarie sulle scuole paritarie da anni invocate proprio da me. Una mossa che sarebbe meravigliosa e in linea con il principio di uno stato garante. Ma che non apre le ispezioni anche alle scuole statali».

Una mossa che ha prodotto 288 visite ispettive e nel 9 per cento dei casi ne ha revocato la parità…

«Guardo con grande favore alle visite ispettive e immagino che abbiano fatto il loro dovere. 288 ispezioni, 27 revoche; 145 casi in cui sono state segnalate questioni da rimediare. Siamo sulla buona strada. In più il ministro ha avviato un percorso di valorizzazione dei buoni docenti. Non posso che applaudire. Perché il centro di tutto è che qui non si tratta di innescare una lotta tra statale e privato, ma di mettere al centro il bene dello studente. Quindi benissimo questi controlli ma se vogliamo una parità seria lo studente deve essere al centro, la famiglia deve poter scegliere, la scuola deve poter mettere i migliori docenti in cattedra e non subire l’infornata, vanno introdotte le leve di valutazione e meritocrazia di docenti e scuola, innescati i sani meccanismi di competizione tra scuola statale e paritaria sotto lo sguardo garante dello stato. Uno stato di diritto è tale se riconosce i diritti che sancisce: ovvero, lo ripeto allo sfinimento, lo studente al centro e una libertà educativa che garantisca un pluralismo educativo. Quando noi invece siamo al 47mo posto nel mondo…».

Cosa vuol dire al nostro ministro?

«Che la ringrazio per la serietà con cui si muove. Le chiedo di portare a termine la vera parità che oggi non c’è con le detrazioni fiscali per le spese degli allievi che frequentano la scuola pubblica statale o paritaria, pari a 75 euro. Le detrazioni non sono la manna dal cielo. Occorre porre in fila le questioni e soprattutto comprendere che il diritto riconosciuto va garantito a tutela del debole, il Sovrano ha la spada. Servono detrazioni, deduzioni, convenzioni e accreditamento ma alle fondamenta c’è l’anello mancante della Legge 62/2002 e Legge 107/2015, il costo standard di sostenibilità per l’allievo della scuola pubblica e paritaria. Che, mentre consente alla famiglia di scegliere, innesca un sano processo di verifica, risanamento e rilancio nelle scuole pubbliche, statali e paritarie, sotto lo sguardo garante dello Stato».

Di che stato di salute gode la scuola oggi?

«Sono stati fatti dei passi coraggiosi, ma che non sono ancora i passi del gladiatore. Serve una task force politica, istituzionale e popolare per un sistema scolastico a costo zero. In estrema sintesi è la contemporanea presenza di queste tre libertà – di insegnare, di istituire scuole e di scegliere i luoghi dell´istruzione – che conferisce il carattere pluralistico al sistema di istruzione delineato dalla Costituzione. Le prime due libertà apparirebbero svuotate nel contenuto senza la terza, quella cioè della scelta della scuola da frequentare. Dopo gli spiragli di apertura proposti della legge sulla Scuola 107/2015, occorre una soluzione europea. La famiglia italiana aspetta fiduciosa una risposta seria alle ragioni che impediscono allo Stato di garantire il più naturale dei diritti».

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