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Padre Cosini porta a Nazaret un po’ di Spezia

LA SPEZIA – La “Quaresima di carità” di quest’anno quasi ci prende per mano e ci conduce nella terra di Gesù, a Nazaret, dove visse la sua infanzia e la sua giovinezza, e da dove prese il nome di “Nazareno”.
A Nazaret, infatti, vive e lavora da alcuni anni padre (”abouna”, in palestinese) Marco Cosini (nella foto), che è stato per diversi anni sacerdote diocesano e che ora appartiene ai Piccoli fratelli di Charles de Foucauld, da moltissimo tempo presenti in varie località della Terrasanta.

Don Marco, è nato a Sanremo nel 1974 ed è cresciuto alla Spezia, in viale Amendola, nei pressi della … Sprugola. Ma le vicende della vita lo hanno portato vicino ad un altro “mare”, il lago di Tiberiade. Divenuto sacerdote nel 1999, ordinato dal vescovo Giulio Sanguineti, è stato curato in piazza Brin e poi in Santa Maria Assunta, e quindi parroco a Rebocco, dove ha maturato la scelta della vita religiosa.

Nel 2010 è così partito per la missione in Terrasanta, con i “piccoli fratelli”, e nel 2012 ha compiuto la professione solenne. A Nazaret, “abouna” Marco svolge così ormai da anni una intensa attività di carattere pastorale, al servizio delle popolazioni locali., travagliate dalla grande situazione di incertezza ed anche di vera e propria guerra che caratterizza il Medio Oriente.

Anche per questo la diocesi della Spezia – Sarzana – Brugnato, su indicazione del centro missionario, ha individuato la comunità di padre Marco come destinataria di una parte degli aiuti raccolti con i “salvadanai di cartone” della Quaresima di carità. Ogni anno infatti tra gli obiettivi di sostegno della diocesi ce n’è sempre uno di carattere missionario, e questa volta è toccato alla comunità di Nazaret: una scelta che ci richiama a un “gemellaggio” forse poco conosciuto, ma che onora tutta la Chiesa locale spezzina.

Ma quali sono le condizioni di vita a Nazareth (che padre Marco scrive rigorosamente senza “h” finale) e come si svolge l’impegno dei “piccoli fratelli”, al di là dei momenti tradizionali e consueti di vita spirituale ? In base a quanto riferisce padre Marco non c’è davvero tempo di stare con le mani in mano. Anzitutto, se la crisi economica mondiale ha colpito l’occidente ed anche l’Italia, a Nazaret le cose sono ben peggiori e molto grande è il numero delle persone e delle famiglie che hanno bisogno di sostegno. «Tanti poveri – racconta Marco – bussano ogni giorno alla nostra porta e sono una parte di quella carità spicciola che fa parte del nostro stile di piccoli fratelli, verso le persone che vivono accanto a noi».

Ma non ci sono solo i poveri di Nazaret. La comunità “Jesuscaritas” appartiene infatti alla diocesi latina di Gerusalemme, che ha competenza anche sulla Giordania: e in Giordania ci sono ora moltissimi rifugiati dall’Iraq e dalla Siria, verso i quali si indirizzano dunque gli impegni anche dei “piccoli fratelli” di De Foucauld. Non solo: il giovane missionario spezzino, ormai da sei anni, presta la sua opera presso un altro importante centro educativo, l’istituto educativo assistenziale di Sefforis, non lontano da Nazaret.

Qui già da tempo, grazie a Marco, si parla di Spezia, con il progetto “i sogni Di Benedetta: il progetto è intitolato al nome della piccola Benedetta Boracchia, spentasi a soli cinque anni a causa di un incidente. L’istituto, gestito dalle suore di Sant’Anna, ospita bambini e ragazzi sino a diciotto anni ed offre loro un servizio prezioso di educazione, di difesa dell’infanzia e di dialogo tra le culture. Il progetto spezzino ha consentito la realizzazione di un parco giochi per loro.

Da  ultimo, un pensiero di padre Marco e dei suoi confratelli va all’”inferno” della striscia di Gaza, dove tra mille difficoltà operano alcune suore di Madre Teresa di Calcutta, che hanno allestito un centro di accoglienza per bambini palestinesi: «Per quei bambini, che hanno bisogno davvero di tutto – dice “abouna” Marco –, grazie alla vostra generosità vorremmo acquistare cibi, abiti e qualche gioco, in modo da far sentire loro che non sono abbandonati, che c’è chi vuole loro bene».

fonte:  Città della Spezia

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