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Jordan Peterson, un libro non cristiano dove il cristianesimo è il cuore

“12 regole per la vita” (My Life 2018). Il nuovo libro del celebre psichiatra canadese, Jordan Peterson, uno dei più influenti intellettuali dell’America del Nord. Agnostico ma in cammino verso il cristianesimo, come dimostra anche il suo ultimo lavoro, divenuto bestseller internazionale.

 

Abbiamo già parlato di un intellettuale emergente, davvero interessante, nel panorama internazionale, il cui nome è Jordan B. Peterson. E’ ritenuto il più importante e influente opinionista in Canada, psicologo clinico e docente presso l’Università di Toronto, i cui podcast su Youtube vengono seguiti da milioni di persone. E’ divenuto noto nel 2016 per essersi rifiutato di utilizzare i pronomi neutrali per chiamare le persone transessuali.

 

“12 regole per la vita”, un libro che conferma il cammino cristiano di Peterson.

Anche in Italia è arrivato il suo ultimo libro, intitolato 12 regole per la vita. Un antidoto al caos (My Life 2018), subito divenuto bestseller internazionale. E’ un buon strumento per comprendere il pensiero di Peterson, basato su storie concrete e idee utili per la vita ma, al di là del titolo molto commerciale, è una profonda riflessione antropologica su questioni importanti per l’esistenza come l’atteggiamento morale verso il bene o il male, il destino personale, l’educazione dei figli ed altri argomenti, come l’utopismo egualitario, il femminismo, l’ecologia ecc.

Avevamo già rivelato che l’eminente psichiatra sta percorrendo un cammino molto vicino al cristianesimo, le sue ultime conferenze sono dedicate alla Bibbia, allo studio sul cristianesimo antico e più volte ha riflettuto sulla responsabilità di dichiararsi cristiani, che forse ancora non sente di potersi assumere: «Se sei un cristiano hai una responsabilità etica: imitare Cristo, hai bisogno di assumerti la responsabilità del male nel mondo come se ne fossi responsabile, prendere i peccati del mondo su te stesso. E devi capire che tu determini la direzione del mondo, che sia verso il paradiso o l’inferno, con le tue azioni verbali, e devi assumerti la responsabilità di questo».

Anche il suo ultimo libro è pregno di cristianesimo, il Nuovo Testamento è continuamente citato, così come abbondano i riferimenti a Gesù Cristo e alla Vergine Maria, verso i quali c’è ammirazione e rispetto, anche se vengono ritenuti più come “archetipi”. Peterson si riferisce alle storie bibliche (il peccato originale, Caino e Abele, il Diluvio, Abramo) come chiavi di interpretazione del presente e non sorprende che tra i suoi ispiratori vi sia Carl Gustav Jung.

 

Il giudizio del mondo cattolico.

Il mondo cattolico si è diviso sul lavoro di Jordan Peterson, il cattolico conservatore John Horvat si è mostrato scettico sul fatto che un autore non cristiano possa portare le persone ad interessarsi al cristianesimo, seppur sappia sfidare la società politicamente corretta e tenti di farlo usando nozioni cristiane. Molto più duro il teologo Adam AJ DeVille, per il quale il libro dell’intellettuale canadese non è solo banale e superficiale, ma pericoloso in quanto è un’apologia verso il darwinismo sociale e l’individualismo borghese.

Per quanto ci riguarda siamo più concordi con il teologo americano Scott Ventureyra, il quale ha valorizzato l’enorme potenzialità di Peterson nel portare una visione cristiana della realtà in una società che ha cessato di esserlo, considerando oltretutto il grande seguito che riscuote nei cosiddetti millennial. Sam Guzman ha a sua volta spiegato che sebbene non sia un esempio di cattolico, la sua difesa dell’eredità cristiana occidentale nel mondo postmoderno può risultare molto utile nell’evangelizzazione.

 

Ottimo strumento per respingere i “vizi laici” della società contemporanea.

Ciò che va salvato dell’opera di Peterson è certamente il suo riuscito tentativo di offrire ottimi argomenti per respingere la filosofia postmodernista, il relativismo nichilista, l’individualismo sfrenato, l’egoismo narcisista ed il pensiero utopico, quattro grandi vizi “laici” dei nostri contemporanei. Ad essi lo psichiatra canadese risponde invitando il lettore a diventare protagonista della sua vita, a riconoscere le proprie colpe piuttosto che quelle altrui, a sfuggire al vittimismo ed il risentimento che immobilizzano l’esistenza, all’aprirsi al sacrificio per gli altri.

«Non solo appartieni a te stesso», scrive ad esempio Jordan Peterson, nei suoi “consigli sulla vita”. «Hai in te una scintilla di divinità che non ti appartiene, appartiene a Dio». E ancora: «Abbi cura di te oggi, mira al bene supremo, la traiettoria del tuo destino indica il cielo e questo riempie la tua vita di speranza». Un altro esempio: «L’idea del sacrificio virtuoso è profondamente radicata nella cultura occidentale (almeno nella misura in cui l’Occidente è stato influenzato dal cristianesimo, che si basa sull’imitazione di qualcuno che ha compiuto l’atto supremo di sacrificio)».

 

Il cristianesimo è la spina dorsale dell’Occidente.

Si confessa personalmente agnostico, ma riconosce che la spina dorsale dell’etica occidentale è il cristianesimo, verso il quale ha parole di grande apprezzamento: «Il cristianesimo ha raggiunto quello che era quasi impossibile. La dottrina cristiana ha sollevato l’anima individuale, ponendo lo schiavo, il padrone, l’uomo comune e il nobile, in una posizione di uguaglianza metafisica, rendendoli uguali davanti a Dio e alla legge. In questo modo la concezione metafisica del valore implicito trascendentale di ogni anima finì per essere imposta contro tutte le aspettative come presupposto fondamentale della legge e delle società occidentali, contrariamente all’antichità e contrariamente a quanto accade nella maggior parte del mondo di oggi». 

Infine, nel libro di Peterson, c’è spazio anche per alcune valutazioni di tipo morale. Come sul divorzio, si chiede infatti: «È stata una buona decisione liberalizzare così apertamente le leggi sul divorzio negli anni ’60? Non mi sembra che i bambini, le cui vite sono state destabilizzate dall’ipotetica libertà che questo tentativo di liberazione ha introdotto, siano in accordo con l’affermazione».

Lo psichiatra canadese ha invitato a «non fingere che tutte le composizioni familiari siano ugualmente valide, perché non lo sono», e ha argomentato contro l’ideologia gender: «Le persone sono spesso disposte a produrre danni collaterali se possono aggrapparsi alla loro teoria. Alcuni insistono, con crescente forza, sul fatto che il genere sarebbe un costrutto sociale, ma non lo è, e non è un dibattito: ci sono dati che lo dimostrano. Studi scientifici inconfutabili e multidisciplinari indicano che le differenze sessuali sono fortemente influenzate da fattori biologici. Non insegniamo ai nostri figli che la Terra è piatta, né dovremmo insegnare loro teorie basate sull’ideologia e prive di supporto sulla natura di uomini e donne».

Fonte: Uccronline.it

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