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«Abbracciami»: il film di Flavio Pagano per l’Alzheimer Fest e “uMani” anche alla Spezia

Dopo Censenatico “uMani”sarà a La Spezia grazie a Barbara Duranti, amica e sostenitrice dell’Alzheimer Fest.

Flavio Pagano per l’Alzheimer Fest di Cesenatico (10-12 settembre) ha creato «Abbracciami». Com’è nato questo piccolo, grande film?

«Sull’onda dell’entusiasmo per la resurrezione post lockdown. Finalmente la neve invisibile e letale della pandemia si scioglieva. Si usciva dalle tane. L’ottimismo ricominciava a impollinare la realtà. E gli anziani, deportati dal Covid nella solitudine, tornavano a riabbracciare i propri cari. Tutto questo mi ha fatto pensare ai tre movimenti di una celebre sonata di Beethoven: l’addio, la lontananza, la gioia del rivedersi. E «Abbracciami» è diventato una «sonata d’immagini». Alla fine, perfetta sintesi di tutto, c’è una bellissima frase di Massimo Gramellini che, con la consueta generosità e attenzione a questi temi, ci ha subito dato il via libera per utilizzarla».

Parla di anziani tornati a riabbracciare i propri cari. Però la riapertura è stata lenta, incerta, combattuta…

«C’è un capolavoro di Thomas Mann, “La montagna incantata”, che racconta insuperabilmente la distanza per così dire relativistica fra la “vita di fuori” e quella “vita di dentro”, rispetto, nel caso del romanzo, a un sanatorio. Ma lo stesso è in una casa di cura. Fuori, il continuo alternarsi, a volte convulso, dell’illusione che la pandemia finisca e del suo drammatico riaffermarsi. Dentro, una realtà diversa, più stabile, dolorosa, dove non c’è posto per le fantasie no vax, le polemiche green pass e i frettolosi sogni di “libertà” un tanto al chilo, e dove persino il tempo sembra scorrere diversamente. Per gli anziani (si è poi affermata l’espressione più generica “i fragili”), e per i loro curacari, la sfida è stata ed è durissima».

Ri-abbracciarsi insomma continua ad essere difficile…

«Indubbiamente. L’ultima ordinanza prevede che, nelle case di riposo, i familiari siano dotati di green pass. Questo gli permette di entrare nelle strutture, dove viene loro misurata la temperatura, e di avvicinarsi al familiare. È permesso di toccarsi, ma non abbracciarsi… La prudenza resta quindi un sacro comandamento. Ieri ho sentito parlare della variante “superdelta”, ma bisogna rifuggire dalla sensazione che il vortice delle parole ci stia trascinando in un irreale delirio di livelli di difficoltà crescente, come in un videogioco: questa è “la realtà”. Non siamo fuori della pandemia, siamo in lotta. Chi è “fuori” lo deve capire, perché è una lotta che ci deve responsabilizzare nell’agire, e nel rispettare il patto sociale che lega ogni singolo alla collettività in tutte le scelte della vita, non nel polemizzare. Ancora una volta gli anziani finiscono, loro malgrado, per essere la fonte di un profondo insegnamento. E la loro delicatezza, il loro coraggio, la loro consapevolezza della realtà che tuttavia non riesce a togliergli l’amore per la vita, credo venga fuori con forza in “Abbracciami”: in una delle sequenze più intense, c’è una signora in demenza profonda che guarda il cielo circondata da un mormorio di cicale che sembra la risacca del mare e che, a un certo punto, sorride… L’anziano si affaccia sulla vita da un piano più alto, vede più in là. Dovremmo sempre ascoltarli. E, quando non parlano, soprattutto quando non possono più farlo, dovremmo abbeverarci con umiltà e deferente tenerezza, al loro sguardo».

Cosa c’è dietro «Abbracciami»?

Un trionfo di piccole, preziose alleanze. Un grazie va sicuramente ad Adelaide Biondaro, Paola Benetti, Elena Bortolomiol e Ida Giannattasio, che si sono prodigate nel reperire immagini, ma anche ad Alessandra D’Ercole, Barbara Duranti, Filomena De Simone e Francesco Bellofatto. Niente però sarebbe stato fatto senza Raffaella Megliola, appena diciottenne, ma già artista poliedrica e talentuosa, di sicuro avvenire, che ha curato il montaggio e la postproduzione. Le immagini arrivano non solo dall’Italia, ma anche da Croazia, Iran, Caraibi…

Com’è costruito?

«Non c’è sceneggiatura per preservare la spontaneità delle sequenze originali, che ti entrano in circolo, diventano parte di te… Io mi sono limitato a scandire i tre “movimenti” con altrettante frasi, e ho scritto la musica, registrandola dal vivo, come l’accompagnamento di un vecchio film muto».

Chi sono i protagonisti?

«Ci sono persone in demenza profonda, ma in realtà ci siamo tutti: genitori, nonni, figli, mogli, mariti, matti, savi e ovviamente curacari (che sono un po’ gli uni e gli altri…). L’abbraccio è il grande universale che lega tutte le creature a sangue caldo. E noi abbiamo cercato di declinarlo in tutti i modi, per abbattere ogni barriera. La nostra parola d’ordine è: “Sbarrieriamo tutto!”».

Con Raffaella Megliola avete realizzato anche altro per l’Alzheimer Fest…

«Sì. L’Alzheimer Fest mi ha dato lo sprone per far vivere altre mie grandi passioni, oltre la scrittura. Quest’anno ho realizzato anche “uMani”, un’installazione in ferro battuto e luce, per rappresentare il contrasto fra la forza del coraggio e la leggerezza dell’amore. Raffigura quattro mani, due di adulti e due di bambini: mani che annegano, salutano, resistono, chiedono aiuto, cercano di aggrapparsi… Io l’ho ideata, Raffaella l’ha disegnata, e in una storica fonderia di Monteverde (Avellino) ha preso forma nel ferro, fra le mani sapienti di Giso Alberto Vella. Riccardo Carlucci ha curato la parte elettrica, e Giuseppe De Vincenzo ci ha fatto da consulente. Il 7 settembre scorso “uMani” è partita dallo splendido castello di Monteverde, diretta alla fatidica quinta edizione dell’Alzheimer Fest, a Cesenatico, per la prima esposizione ufficiale. Un grazie speciale devo rivolgerlo a Tonino Vella, autentico pater patriae di Monteverde (Comune vincitore dell’Access City Award dell’Unione Europea) che ha ispirato e coordinato questa mobilitazione in favore del nostro progetto.

«uMani» è anche un progetto…

«Sì, e questa è la cosa più bella, nel pieno spirito dell’Alzheimer Fest! Abbiamo pensato che “uMani” fosse un simbolo ideale dello “sbarrieramento”, e l’idea ha funzionato. Dopo Cesenatico, grazie alla disponibilità del sindaco di Noventa Vicentina, Mattia Veronese, saremo presso la splendida Villa Barbarigo. Grazie ad Antonio Saredo Parodi, invece, stiamo lavorando per esporre a Lugano. Ma saremo anche a La Spezia, Macerata, Ravenna… Luca Carli ci sta aiutando per Firenze, e Paola Garbella la vuole a Biella. Contiamo di toccare un po’ tutta l’Italia. In Campania, terra di Raffaella e mia, speriamo di far tappa anche a Furore, il paese degli artisti, amatissimo dalla Magnani e Rossellini. Siccome ‘uMani’ piace a Paola Barbarino, CEO di Alzheimer Disease International, chissà che non faremo un volo a Londra… Il viaggio lo vorremmo chiudere al museo delle migrazioni di Lampedusa, simbolo dell’accoglienza e strenuo baluardo contro l’indifferenza.

Un momento. E i libri?

«L’anno prossimo pubblicherò per la Giunti “L’uovo nero”, un romanzo per ragazzi dove c’è anche tanta musica, e Deo volente sto ultimando un libro al quale lavoro da anni, “Un milione di giorni”, che considero il mio libro della vita, e uscirà per Fuorilinea».

Fonte: Michele FarinaCorriere.it

 

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