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Onu: era un pedofilo chi promosse i Diritti del Bambino

Peter Newell, ex consulente dell’Unicef compì abusi su minori e successivamente implementò la Convenzione dei diritti del bambino, sponsorizzando negli Stati l’idea di “autodeterminazione” dei piccoli che oggi ne permette la sessualizzazione precoce. Ma MacLeod, ex direttore Onu, ha dichiarato che sono 60 mila i casi di abuso commessi da circa 3.300 operanti nel settore.

Peter Newell, 77 anni, è un attivista dei diritti dell’infanzia ed ex consulente dell’Unicef e autore dell’implementazione della “Convenzione dei diritti del bambino”, promossa a Ginevra nel 1998 ed usata da tutti i governi del mondo. Peter Newell è stato accusato di pedofilia e condannato a sei anni e otto mesi di carcere a causa di abusi minorili compiuti ripetutamente dal 1960 al 1968.

I fatti sono venuti alla luce solo ora in seguito a un’indagine avviata nel 2017 in Gran Bretagna dopo che 125 attivisti inglesi operanti in alcune ong per l’infanzia erano stati accusati di pedofilia. Ma la dimensione del problema è stata resa chiara il 9 febbraio scorso quando il quotidiano britannico The Times ha pubblicato un reportage che accusa decine di dipendenti della Ong Oxfam di abusi sessuali anche su minori nei paesi in cui venivano realizzati interventi umanitari (fra gli indagati ci sono anche i dipendenti di Save the Children per 31 casi di abusi e di Medici Senza Frontiere).

Ma da venerdì scorso pare che l’abuso di posizioni di potere in Ong che dovrebbero difendere i bambini siano la norma. Il professor Andrew MacLeod, ex direttore del Centro di coordinamento delle emergenze delle Nazioni Unite, ha infatti dichiarato al The Sun che “lo stupro di bambini è stato inavvertitamente finanziato in parte dai contribuenti del Regno Unito” (sono 60 mila i casi di abuso riportati negli ultimi dieci anni e commessi da circa 3.300 pedofili operanti nel settore). Infatti ci sarebbero “decine di migliaia di operatori con tendenze pedofile in giro per il mondo, ma se indossi la maglietta dell’Unicef nessuno ti chiede conto del tuo operato”. E ancora, il problema è “radicato e diffuso in tutto il mondo degli aiuti umanitari”.

Eppure, dopo l’arresto di un pezzo grosso, un portavoce dell’Unicef ha dichiarato sorpreso che “siamo profondamente scioccati dalla notizia dell’arresto di Peter Newell. Non sapevamo nulla di questi crimini quando lavorava come consulente dell’Unicef più di 10 anni fa”. Accadde lo stesso nel 1987 quando il leader dell’Unicef belga, Gilbert Jaeger, si dimise dopo l’arresto di alcuni operatori condannati per pedofilia insieme ad altri colleghi francesi, inglesi e svizzeri. Nel seminterrato dell’edificio con sede a Bruxelles fu infatti scoperto uno studio fotografico utilizzato per scattare fotografie pornografiche di bambini, molti dei quali di origine nordafricana (furono sequestrate oltre 1.000 fotografie, insieme a una mailing list di circa 400 nomi in 15 paesi europei).

Ma vediamo quanto stabilito dalla “Convenzione dei Diritti del bambino” di Ginevra, poi implementata dal pamphlet di Newell usato dai vari Stati Onu:

Art 14: “Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”; Art 16. “Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata…”. Articoli grazie ai quali il Canada l’anno scorso ha approvato una norma per cui i bambini hanno diritti religiosi e sessuali che la famiglia non può contrastare senza essere denunciata; Art. 24: “Gli Stati parti riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici…Essi si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi”. Articolo grazie a cui i genitori che si opponessero, ad esempio, a trattamenti per il cambiamento del sesso del figlio possono perdere la patria potestà o non essere ammessi alle pratiche di adozione. L’art 24 prosegue poi con una dichiarazione usata per giustificare l’educazione sessuale precoce: “Gli Stati parti si sforzano di garantire l’attuazione integrale del summenzionato diritto ed in particolare, adottano ogni adeguato provvedimento per sviluppare…i servizi in materia di pianificazione familiare”.

Nel documento redatto da Newell si parlava anche di necessità “di ridurre l’età legale del consenso delle relazioni omosessuali”. Tutto l’impianto di questi nuovi diritti è comunque fondato sull’autodeterminazione del bambino, come se questa lo rendesse libero. Mentre fino a prima della “rivoluzione sessuale” degli anni ’50/’60, la garanzia del fanciullo era il legame con la sua famiglia, considerata l’incapacità per il bambino di prendere libere decisioni prima di una certa età. Per tutelarli il diritto degli Stati democratici partiva dal presupposto dell’esistenza di un diritto naturale (di un bene e di un male oggettivi) in cui la famiglia veniva considerata la prima istituzione potenzialmente in grado di educare i figli al bene senza secondi fini.

Oggi, in nome dei possibili abusi anche all’interno della famiglia, si è accettato un linguaggio di autodeterminazione e diritti del bambino menzognero, che risponde al problema delle violenze peggiorando le cose ed esponendolo ad un male ancora più grande. Quello che lo considera capace di scelte autonome (soprattutto legate alla fede o alla sessualità), esponendolo così alla violenza di un mondo pedofilo che non aspettava altro che si diffondesse l’idea che il bambino possa essere consenziente. Non c’è niente da fare, il relativismo etico, per cui il sesso in qualsiasi salsa corrisponde all’amore, basta che sia voluto, conduce qui. A dirlo ora non sono solo gli articoli ambigui delle convenzioni internazionali, ma una prassi diffusa proprio fra gli ideologi nelle Nazioni Unite e gli operatori delle Ong che dicono di voler tutelare i bambini.

Fonte: LaNuovaBQ.it

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