L’Istituto dell’Enciclopedia Treccani ha scelto la parola “fiducia” come parola dell’anno. Ma che cosa significa “fiducia”?
É importante rispondere a questa domanda perché non so che cosa intende con fiducia né chi l’ha proposta, né chi l’ha ripresa sul Corriere della Sera (Antonio Carioti, 6 dicembre), né soprattutto non so che cosa ne pensano gli italiani.
Comunque, che ci sia un problema relativamente alla mancanza di fiducia nel futuro e nel prossimo oggi credo sia indiscutibile, come attestano tanti indicatori, dal suicidio demografico alla fuga dei giovani cervelli all’estero, dal rancore diffuso in una società sempre più individualista, “coriandolizzata”, alla continua diminuzione dei votanti alle elezioni.
Ma che cosa vuol dire veramente “avere fiducia”?
Per un cristiano è una conseguenza della fede. Se Cristo è veramente morto per salvare e rendere felice ogni uomo per sempre, allora la fiducia in Lui deve essere assoluta e ti cambia la vita. Ciò significa essere completamente abbandonati in Lui ed essere consapevoli che qualsiasi cosa ci succeda è per il nostro bene. Non è sempre facile, perché significa accettare di portare le croci, che non mancano in qualsiasi vita, ma permette di dire che un cristiano non può essere triste e che manifestare la gioia è un dovere. E’ come se avesse ricevuto un talento speciale, che non può tenere per sé.
Sul piano collettivo significa essere consapevoli che Cristo guida la storia e alla fine tornerà glorioso a giudicarla. Questo non significa essere indifferenti e non combattere per un mondo migliore: al contrario, significa avere una serenità di fondo che dovrebbe renderci tranquilli di fronte al grande male presente e operante nel nostro tempo. Anche in questo caso non è assolutamente facile, basti pensare che cosa possa significare vivere dopo una calamità naturale, o sotto un regime totalitario (che può durare per tutta la vita di una persona, come è accaduto con il regime comunista in Russia dal 1917 al 1991).
Un cristiano ha tuttavia anche altri elementi per coltivare la fiducia, che derivano proprio dalla sua fede. Intanto, appartiene a una società di salvezza, la Chiesa, misteriosamente ma realmente guidata da un uomo a cui Dio ha assicurato la sua assistenza. Il Vicario di Cristo non è necessariamente un santo e la Chiesa non è perfetta; tuttavia, da oltre duemila anni non è mai venuta meno alla sua funzione di accompagnare i fedeli verso la salvezza. E scusate se è poco.
Se però chi mi ascolta non è cristiano, non smetta di avere fiducia nelle persone che incontra e che Dio mette sulla sua strada. Non voglio apparire ingenuo: il mondo è pieno di truffatori e di malintenzionati, ma anche di tante belle persone. Bisogna stare attenti, essere prudenti certo, ma ci si rovinerebbe la vita se questa prudenza significasse chiudersi in una continua diffidenza verso il prossimo.
Del resto, senza fiducia reciproca nulla sopravvive: un matrimonio senza fiducia fra i coniugi non dura nel tempo, una comunità senza la fiducia in chi la guida non sta insieme, una società senza una certa fiducia nei governanti diventa invivibile.
Un mondo migliore può rinascere anche grazie al nostro atteggiamento, che sappia generare fiducia in chi incontriamo, perché molte persone oggi soffrono inconsapevolmente questa drammatica assenza di relazioni, acuita dal Covid e dai social, che rendono ognuno estraneo al suo prossimo e generano una grande sofferenza depressiva, di cui spesso non ci si rende conto. Insomma, le persone hanno bisogno di ambienti, in cui ci si possa fidare reciprocamente, si possa crescere nella serenità, si possano affidare figli e nipoti, appunto con grande fiducia.
Tutto questo, però, non nasce automaticamente senza il concorso dell’uomo e comporta il sacrificio di sé, la rinuncia al proprio tempo, a mettere sempre e soltanto se stessi davanti a tutto.
Un tempo la società si reggeva soprattutto sulle famiglie e sulle parrocchie, dove il singolo poteva sempre trovare un rifugio e un’oasi. Era la cosiddetta “civiltà parrocchiale”, successiva al Concilio di Trento, che oggi non c’è più.
Infatti, questi due bastioni stanno venendo meno e comunque non possono resistere da soli. E’ una illusione egoistica pensare di potere chiudersi e prescindere dal mondo, magari pensando di preservare dal male figli e nipoti. Per questi ultimi sarà una disgrazia, per noi sarà un fallimento.
La nuova evangelizzazione parte da qui, come avvenne nel primo millennio della storia della Chiesa. Anche allora le famiglie ebbero un ruolo importante, perché costruirono attorno ai monasteri degli ambienti dove fu possibile educare alla fede, che a sua volta divenne una cultura condivisa. E così, come racconta il pensatore inglese Christopher Dawson nel suo splendido La formazione della Cristianità occidentale (D’Ettoris, 2011), sorse una nuova civiltà.








