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Famiglia, quanto tempo ci fa perdere l’ideologia

Oltre tre ore di dibattito per ripetere l’ovvio: il convegno della discordia (quello sulla famiglia, per intenderci) si farà. La Giunta regionale non ha fatto nessuna marcia indietro sulla sua decisione di organizzare l’iniziativa Difendere la famiglia per difendere la comunità che si terrà a partire dalle ore 15 a Palazzo Lombardia sabato 17 gennaio.

Il Consiglio regionale ha dovuto discutere la mozione presentata dalle opposizioni che hanno tacciato a più riprese il convegno e i suoi organizzatori di diffondere una cultura “discriminatoria”. Ed è servita un’altra mozione della maggioranza per sostenere la bontà dell’iniziativa per poter spiegare le vere ragioni che stanno dietro questo dibattito. Visioni contrapposte sullo stesso tema che non hanno aiutato a portare un solo contributo d’approfondimento.

In Consiglio regionale è andato in scena il teatro dell’assurdo, dove i sostenitori delle politiche pro family hanno dovuto ribadire l’ovvio (la centralità della famiglia naturale e come questo concetto sia riconosciuto e riportato all’interno del testo della stessa Costituzione) e difendersi dalle accuse di omofobia, di visione retrograda della realtà, di intenzioni discriminatorie.

Mentre il Paese vive una crisi economica e di valori senza precedenti la vera domanda, ascoltando questo dibattito, è: ma quanto tempo ci fa perdere l’ideologia? Quante occasioni mancate di incidere veramente sulla realtà delle nostre famiglie attraverso politiche di welfare serie, efficaci e innovative a favore della vita e dei nuclei numerosi? Più che sventolare il vessillo della “famiglia” come se fosse una bandiera da ergere contro chi propone modelli alternativi che vogliono stravolgere la legislazione attuale, varrebbe la pena domandarsi, anche alla luce dei tagli alle risorse, quale politiche la Lombardia potrebbe attuare per rilanciare una nuova politica a favore della famiglia.

In questi giorni in cui si discute sul concetto libertà di espressione, è anche curioso notare come non si possa anche solo pronunciare la parola “famiglia naturale” senza cadere nella trappola della discriminazione. Come sempre la libertà d’espressione viene sempre chiamata in causa a senso unico.

Fonte: LaNuovaBQ

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