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Un abbraccio più forte dell’universo

Ragionando sulla foto di padre e figlia annegati nel Rio Grande

«L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante». La frase, celeberrima, è del filosofo francese Blaise Pascal ed è la prima che ci viene in mente osservando la foto di questo padre salvadoregno di 25 anni, Oscar Alberto Martinez, e della sua figlioletta di un anno e undici mesi, Angie Valeria, trovati lunedì dalla polizia messicana mentre fluttuavano a testa in giù nell’acqua torbida del Rio Grande che separa il Messico dal Texas. Proprio a ridosso delle canne verdi dei giunchi sono andati a spegnersi i loro giovani pensieri, quel mondo interiore che li rendeva tanto più grandi e preziosi dell’universo limaccioso che li ha visti morire. Stando al New York Times Oscar Alberto nuotava con Valeria sulla schiena, infilata sotto la camicia. La mamma li seguiva dietro, ma viste le acque agitate è tornata indietro.

C’è molto di tragico e di struggente nella loro ultima postura, con la piccola avvolta dalla maglietta protettrice dell’adulto, il braccino infilato sulla sua spalla, aggrappato al suo collo, perché non può succederti niente se puoi stringerti forte al tuo papà quando le forze se ne vanno e arriva la paura.

Sarà puro arbitrio, ma vogliamo immaginarceli così i loro ultimi momenti, col papà che – finito il fiato, le forze e le parole – fa coraggio alla bambina col tatto di un corpo esausto, se la tiene addosso per non farla scivolare via e quando sente che la piccola si rilassa, si lascia andare e non risponde più, smette di lottare perché il suo posto è lì, a testa in giù nella stessa acqua che ha portato via il suo piccolo amore.

Si sono raggiunti così, figlia e padre, nella morte. E non è vero che sono diventati resti anonimi, come le lattine vuote che galleggiano attorno alle loro sagome, perché i loro corpi sono rimasti lì, ma gli spiriti corrono insieme oltre i giunchi e vanno a prendersi l’America dove Qualcuno è disposto a concedergliela.

Perfino le correnti pietose non hanno avuto il cuore di inabissarli nel fiume. Hanno fatto in modo che toccassero comunque, anche da morti, la sponda opposta. Perché la natura, a volte, ha più rispetto per la vita umana degli uomini stessi. E perché quei corpi esanimi non potevano sparire, dovevano rimanere impigliati nella vegetazione a bordo del corso d’acqua così come nelle retine dei nostri occhi e delle nostre coscienze.

E perché anche noi siamo giunchi pensanti e la nostra vita è appesa a un filo. «Non occorre che l’universo intero si armi per annientare l’uomo», prosegue sempre Pascal «un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di chi lo uccide, dal momento che egli sa di morire e il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo non sa nulla».

Oscar Alberto e Angie Valeria sono già nell’universo e ora tocca a noi, alle altre canne pensanti, fare di tutto perché nessun nuovo abbraccio tra fragili fuggiaschi finisca nell’acqua sporca della disumanità.

Fonte: Carlo SILINI | CDT.ch

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