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Sara è incinta del quinto figlio, lavora solo il marito affetto da SLA. Ma dice sì alla vita!

Le condizioni di questa famiglia sono davvero precarie; eppure basta l’ascolto e l’offerta di un piccolo aiuto per permettere a questi genitori di dire ancora sì alla vita. L’aborto era solo un modo disperato per uscire dalla disperazione…

Sono tornata indietro per poterla ringraziare ancora.

Sara, 34 anni, è arrivata quasi in punta di piedi con il marito Joseph per riflettere sulla decisione da prendere circa la sua gravidanza.
Attualmente è all’ottava settimana e come entrambi sottolineano più volte questa nuova maternità non era stata né programmata né tanto meno desiderata.
Mi raccontano:

Abbiamo già quattro figli, tutti bravi a scuola, il piccolo frequenta ancora la materna, tutti belli, tutti bene educati.
Poiché abbiamo usato sempre contraccettivi non ci aspettavamo un’altra gravidanza.
Sara pero stava male – specifica Joseph – e abbiamo quindi pensato di fare una visita accurata per capire che cosa stesse succedendo.
Abbiamo così scoperto con sorpresa la nuova gravidanza che soprattutto Sara non si sentiva di accettare.

Dentro di me, quasi vergognandomene, penso che il sentimento di Sara era naturale! Quattro bambini da crescere in dieci anni avranno richiesto certamente tanta fatica e Sara è una mamma molto attenta.
I due genitori però non lasciano molto spazio al silenzio e vogliono approfondire con me la situazione.
Come sempre lascio che siano loro a parlare e sembra quasi che si pongano da soli domande e risposte.
Con grande delicatezza chiedo della loro situazione e vengo a sapere che vivono in 50 mq., spendendo per l’affitto 500 euro mensili.
Joseph ne guadagna solo 1.000 e Sara da qualche tempo ha perso un suo piccolo lavoro.
Provo una grande fatica nel chiedermi come faranno a far fronte a tutte le esigenze dei bambini, facendo in modo che non manchi nulla di essenziale, dal cibo, all’abbigliamento, alle attrezzature necessarie per la scuola.

Cercando di prendere tempo chiedo:

Chi vi ha detto di noi?

Questa volta la risposta mi sorprende un po’:

Un avvocato che consideriamo quasi un amico, al quale abbiamo raccontato le nostre difficoltà.

Tra me e me penso che forse Joseph potrebbe tentare di guadagnare un po’ di più e lui, quasi mi avesse letto nel pensiero, mi dice con una certa tristezza:

Negli ultimi 6 o 7 anni mi sono ammalato di SLA e devo stare attento di non compromettere troppo il mio fisico, già attaccato da questa grave malattia.

Mi sento cadere le braccia. Cosa dire ancora se non:

Ha fatto la domanda per la pensione di invalidità?

E lui che mi risponde:

Sì, anzi ho presentato un certificato di aggravamento.

Guardo Sara, sentendomi completamente vicina a lei, condividendo le sue grandi preoccupazioni.

Sara, come andiamo avanti da qui?

Lei, sempre con questa aria di scusa, mi dice:

La preoccupazione è tanta e tale che non riesco più neanche a pensare.

Vorrei offrirle il mondo ma, naturalmente, ciò mi è impossibile e sono solo capace di rispondere:

Possiamo provare a pensare insieme? Il nostro Centro è nato proprio per aiutare questo tipo di situazioni; non siamo ricchi, ma certamente in qualche cosa possiamo darvi una mano.

E così elenco il piccolo sussidio economico, le cose per il neonato, i pannolini, una borsa gonfia di alimenti
Non faccio in tempo a finire le parole che lei dice “grazie”.

E con un grazie dopo l’altro riesce a decidere:

Con questi aiuti potrò far nascere anche quest’altro bambino! Sarà bello, sano e buono come i suoi fratelli.

Gli occhi mi pizzicano un po’, ma ricaccio tutto indietro e le rivolgo convinta un “BRAVA”.

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FONTE: Paola BONZI – Aleteia.org

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