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Ovuli d’oro. In Belgio ogni atto “altruistico” rende duemila euro

Ci comprano la macchina, ristrutturano casa, fanno shopping. Poco importa chiamarlo rimborso o compenso, il mercato (illegale) dei gameti frutta alle donne migliaia di euro

«La donazione di ovuli deve essere volontaria, libera e altruista». Del resto, quale donna non vorrebbe assumere farmaci, bombardarsi di ormoni, sottoporsi ad interventi chirurgici in anestesia e correre il rischio di una emorragia o iperstimolazione ovarica solo per aiutare con un atto generoso e disinteressato un paese che vive la crudele mancanza di ovuli?

LA “GENEROSITÀ” DELL’UZ BRUSSEL

Siamo in Belgio, Sofia Cotsoglou, giornalista della Radio Télévision Belge Francophone, telefona a vari ospedali candidandosi come donatrice. Alcuni le offrono 500 euro di compenso, altri mille: «L’ospedale più generoso è senza dubbio l’UZ Brussel». Centro di fertilità di fama mondiale, l’ospedale offre la bellezza di duemila euro a donazione. E non certo per incrementare un business: «Prendiamo ogni misura per evitare questa deriva» assicura il professor Christophe Blockeel, responsabile del centro di medicina riproduttiva dell’ospedale, «ogni donatrice deve consultare uno psicologo. Se ci rendiamo conto che è interessata al denaro piuttosto che alla donazione, non sarà accettata». Intanto, al telefono con la donna, nessuno fa riferimento alla normativa che vieta la commercializzazione degli ovociti, l’operatore trova anzi piuttosto ovvio che «i candidati si rivolgano all’ospedale che paga di più».

QUANTO RENDE “L’ALTRUISMO”

Formalmente la legge del 6 luglio 2007 parla di donazione come di «un atto volontario, libero e altruista», tuttavia un compenso esiste, quello versato da chi acquista gli ovuli donati, per il quale la legge non fissa alcun importo. È questo il problema. Sui siti ospedalieri l’ammontare dell’indennità richiesta non viene mai indicata chiaramente. Solo la CHC – Clinique Saint-Vincent propone un pacchetto da 500 euro, quale «somma forfettaria» per coprire i costi di «consultazioni ginecologiche e con l’anestesista, e le consulenze psicologiche che comportano spese di viaggio o addirittura una perdita di stipendio». Una sorta di rimborso che, come dimostra l’inchiesta di Rtbf, lievita e di parecchio, «Per soddisfare la crescente domanda di ovociti, alcuni ospedali stanno chiudendo un occhio sulle motivazioni dei donatori», scrive la giornalista.

«MI COMPRO UN’AUTO», «RISTRUTTURO CASA»

Le motivazioni non sono poi tante. Tra gli universitari la donazione è già diventata «un buon piano per fare soldi facili» dice Chloe, 23 anni. «Basta contattare un’infermiera con un sms, fare gli esami del sangue e aspettare di essere “abbinate” ai destinatari. Devi fare delle iniezioni nella parte bassa della pancia per stimolare la produzione di ovuli. Successivamente, si va in ospedale per il prelievo dei campioni. Una volta che l’operazione è finita, il medico ci dà una busta con dentro 2.000 euro. Con 2.000 euro ho pensato che potrei comprarmi una piccola auto, aiutare mia madre o pagarmi una vacanza». Sylvie invece, che oggi ha trent’anni e aspetta il suo secondo bambino, ha già donato ovuli alla clinica del dottor Peter Platteau quattro volte ed è pronta a riprendere dopo la gravidanza: con gli 8.000 euro che ha già intascato si è ristrutturata l’appartamento, le sue amiche invece, «sono andate in vacanza o a fare shopping». Chiamarlo rimborso o compenso per la prestazione a Sylvie non importa, si tratta di soldi, «soldi ricevuti per aver donato i nostri ovuli».

LA CLINICA DEL DOTTOR PLATTEAU

Peter Platteau ha fondato con la moglie, la dottoressa Carola Albano in forze all’Uz Brussel, un piccolo centro per la fertilità a Dilbeek, dove gli “affari” vanno a gonfie vele: la clinica fornisce da sola la metà degli ovuli richiesti in Belgio, circa 300 interventi l’anno. I pazienti arrivano da tutta Europa per trovare l’ovulo che permetterà loro finalmente di portare avanti una gravidanza. Mentre in tutti gli ospedali del paese ci vogliono tra i sei mesi e i due anni per trovare un donatore, Platteau afferma orgoglioso di avere più donatori di acquirenti: il successo, racconta, «è il risultato di molti anni di lavoro. Abbiamo iniziato con una donatrice, che ha poi ha portato sua sorella, la cugina, la sua partner, la sua vicina di casa. Poi il passaparola ha fatto il resto». Il segreto è anche la flessibilità «Se la donatrice vuole fare gli esami del sangue alle sei del mattino o alle nove di sera non c’è nessun problema, ci adattiamo». E guai a pensare che si doni per vile denaro, cioè duemila euro, chi viene a Dilbeek viene per spirito altruistico, «per aiutare. Tutti conoscono una donna che ha avuto problemi di feritilità». Proprio come Chloe o Sylvie.

OVULI IN CAMBIO DI FECONDAZIONE

Il Belgio, insieme alla Spagna, rappresenta una delle mete preferite del turismo riproduttivo. In Spagna il ministero della salute ha stipulato una scala di “indennizzo” tra gli 800 e 1.000 euro a donazione. In Belgio, grazie a una legge poco chiara, ospedali e cliniche possono dotarsi di regole proprie, col risultato di trasformare un risarcimento spese in una vera e propria forma di compensazione, e dunque di industria. Non è una novità: «Pensa ai tuoi ovuli come a delle semplici cellule. È quasi come donare il sangue, non ti pare?», aveva detto l’infermiera dell’Herts & Essex Fertility Centre alla giornalista del Daily Mail che sotto copertura si era rivolta a una delle maggiori cliniche specializzate d’Inghilterra. L’inchiesta denunciò lo scandalo del business della fertilità del Regno Unito: là dove era ammessa solo la donazione altruistica (con un rimborso spese fino a 750 sterline), gli ospedali avevano infatti imparato ad aggirare la legge, promettendo alle donne “povere” trattamenti gratuiti di fecondazione assistita a condizione di aderire al “Programma di donazione degli ovuli”: in pratica, in cambio del servizio gratuito o di importanti sconti la paziente doveva “solo” donare alla clinica metà degli ovuli sani prodotti. «Non lo sapete – aveva spiegato un medico alla giornalista – che gli ovuli ci frutteranno più di 6 mila dollari da un’altra persona?».

E I RISCHI? GUARDATE “EGGSPLOTATION”

I cicli di fecondazione assistita possono costare infatti a coppie facoltose e in grado di permetterseli fino a 7.500 sterline. Non una parola, ovviamente, sui rischi della pratica che hanno provocato alle donne tumori, emorragie, sofferenze enormi e in alcuni casi anche la morte: per questi vi rimandiamo direttamente al documentario Eggsploitation di Jennifer Lahl (qui una sintesi sottolineata in italiano), premiato nel 2011 dal California independent film festival, presentato in più di trenta paesi, e che rappresenta la sintesi più eloquente del dramma della fecondazione eterologa e dello sfruttamento delle donatrici di ovuli.

Fonte: Caterina GIOJELLI | Tempi.it

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