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Scienza e buonsenso contro l’utero in affitto

All’Università Lumsa si è parlato delle implicazioni sociali, etiche e psicologiche della maternità surrogata

egli Stati Uniti alcune leggi federali vietano che i cuccioli di cane e di gatto possano venire sottratti alla propria mamma nei primi otto mesi di vita. Un’attenzione aulica, di grande rispetto nei confronti degli animali. Peccato che il medesimo approccio manchi talvolta nei confronti di alcune categorie di esseri umani, viepiù vulnerabili: le mamme indigenti che affittano il proprio utero a coppie facoltose e i loro figli, strappati all’affetto materno pochi secondi dopo aver visto la luce per la prima volta.

 

Utero artificiale prossima tappa?

Questo paradosso dei tempi moderni è uno degli argomenti emersi stamattina, all’Università Lumsa di Roma, nel corso del convegno organizzato dal dipartimento di Scienze Umane, dall’eloquente titolo “Nascere da madre surrogata. Implicazioni sociali, etiche e psicologiche”. Presentato, per l’occasione, un numero speciale della rivista “Salute e società” dedicato al tema realizzato da Consuelo Corradi e Daniela Bandelli, rispettivamente docente e ricercatrice della Lumsa. Il dibattito, cui hanno partecipato una serie di esperti, è avvenuto – ironia della sorte – proprio mentre la Corte di Strasburgo stabiliva che ogni Paese, anche se nella propria legislazione è vietata la maternità surrogata, deve riconoscere i figli nati da utero in affitto all’estero. La sentenza di oggi testimonia il favore della giurisprudenza nei confronti di chi compie il cosiddetto turismo procreativo. Della questione ne ha parlato nel suo intervento la prof.ssa Laura Palazzani, vice-presidente del Comitato nazionale di bioetica e docente di Filosofia del diritto alla Lumsa, invocando “norme globali” per neutralizzare questo fenomeno. “Per quale ragione siamo tutti d’accordo ad applicare il principio di precauzione sugli ogm e non su un bambino che nasce?”, si è chiesta la docente. La quale ha svelato anche qual è la nuova frontiera della tecnoscienza applicata alla generazione: l’utero artificiale. Sembra lo scenario distopico descritto da Aldous Huxley nel suo romanzo “Il nuovo mondo”, ma è invece il dibattito reale che sta coinvolgendo diversi scienziati.

 

Il dialogo intercorporeo

Se la scienza non ha freni etici, del resto, il proprio agire può inoltrarsi anche al di là della più fervida e spaventosa immaginazione. Come spaventosi sono alcuni dettagli dei contratti stipulati tra le madri surrogate e committenti in alcuni Stati federali americani. Ne ha parlato nel suo intervento Jennifer Lahl, infermiera pediatrica, fautrice della campagna Stop Surrogacy Now, la quale gira il mondo per raccontare quali sono le drammatiche implicazioni dell’utero in affitto. La Lahl ha spiegato che alcune clausole di questi contratti impongono alle madri surrogate dei regimi di vita molto ferrei durante la gravidanza: dalle diete alimentari fino al tipo di tinta da poter usare per i capelli. Persino in alcuni casi questi contratti impongono alle gestanti di non stabilire alcun legame affettivo con il nascituro. Certi legami, tuttavia, non dipendono dalla volontà umana. Lo ha spiegato nel suo intervento il prof. Giampaolo Nicolais, psicologo dello sviluppo e dell’educazione all’Università “La Sapienza”. Egli ha lamentato che “c’è un grande assente nel dibattito sulla maternità surrogata: lo sviluppo del bambino nei 9 mesi di gravidanza”. “Ingenuamente – ha proseguito Nicolais – pensiamo che la vita di un neonato si avvii nel momento in cui esce dal corpo di una madre. La psicologia clinica dimostra che non è così”. Il professore ha affermato che “non solo il buonsenso, anche la scienza dimostra che nello sviluppo della personalità è determinante il periodo passato nel grembo materno”. Ecco dunque che “il dialogo intercorporeo che ha luogo durante la gravidanza è la matrice costitutiva della nostra identità di esseri umani in relazione con gli altri”. È però diffusa – la denuncia di Nicolais – “una pervasiva ideologia, per cui a ciascun desiderio deve corrispondere un diritto”.

 

L’inchiesta della giornalista

Su questa ideologia fanno leva le agenzie che offrono maternità surrogata. Grande scalpore fece nel 2016 un’inchiesta pubblicata sul Corriere della Sera della giornalista Monica Ricci Sargentini, sugli incontri che una di queste agenzie aveva organizzato in una piccola sala di un albergo romano. Fingendosi una donna desiderosa di ottenere un bambino con l’utero in affitto, la Sargentini è riuscita ad alzare il velo sul business che avviene sulla pelle delle donne. Nel suo intervento, la giornalista ha denunciato che “in tv passa l’idea della maternità surrogata come di un dono”. Per questo – il suo appello – è importante che i media diano risonanza alla condizione di sottomissione e sfruttamento delle madri surrogate. Se è nobile rispettare il legame tra madre e cucciolo, figurarsi quanto è ignobile calpestare quello tra madre e bambino in nome dell’egoismo e del denaro.

Fonte: Federico Cenci | InTerris.it

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