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“COSTRUIAMO LA COMUNITA’ – dai social network alla comunità”

Oggi la persona può far parte di una molteplicità di communities e allo stesso tempo, incredibilmente, di nessuna comunità. E’ uno dei paradossi di questo tempo che ci porta a confrontarci tanto con il senno tanto con l’aberrazione che convivono nella comunicazione contemporanea. «È a tutti evidente – spiega il Papa nel Messaggio per la 53ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali – come, nello scenario attuale, la social network community non sia automaticamente sinonimo di comunità. Nei casi migliori le community riescono a dare prova di coesione e solidarietà, ma spesso rimangono solo aggregati di individui che si riconoscono intorno a interessi o argomenti caratterizzati da legami deboli. Inoltre, nel social web troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo». Fondamentale diviene, allora, non accontentarsi di avere soltanto una community di successo, ma saperla accompagnare a mostrarsi il più possibile nel suo volto adulto di comunità. Una “rivelazione” odierna che si compie anche nell’esperienza della Sala della Comunità, esempio virtuoso di “panificazione”: nella sale ACEC il pane si spezza, infatti, con un dialogo e una contaminazione costante tra la community e la comunità.

Inoltre lo sviluppo relazionale di riferimento nella SdC è quello proprio della “rete” che funziona grazie alla compartecipazione di tutti gli elementi: metafora presentata anche da Papa Francesco nel messaggio. «Ricondotta alla dimensione antropologica, la metafora della rete – spiega il messaggio del Santo Padre – richiama un’altra figura densa di significati: quella della comunità. Una comunità è tanto più forte quanto più è coesa e solidale, animata da sentimenti di fiducia e persegue obiettivi condivisi. La comunità come rete solidale richiede l’ascolto reciproco e il dialogo, basato sull’uso responsabile del linguaggio». Ancor più strategica nell’epoca digitale, la Sala della Comunità rappresenta quindi con continuità un faro quotidiano nell’apprendimento e sperimentazione di un linguaggio responsabile. Ad essa attingono continuamente sempre nuovi volti a partire anche dalle generazioni più giovani. Accogliendo allora l’invito del Papa, siamo pienamente convinti come ACEC che «il contesto attuale – continua il messaggio – chiama tutti noi a investire sulle relazioni, ad affermare anche nella rete e attraverso la rete il carattere interpersonale della nostra umanità. A maggior ragione noi cristiani siamo chiamati a manifestare quella comunione che segna la nostra identità di credenti. La fede stessa, infatti, è una relazione, un incontro; e sotto la spinta dell’amore di Dio noi possiamo comunicare, accogliere e comprendere il dono dell’altro e corrispondervi».

Con questo approccio desideriamo scandagliare nel 2019 nelle SdC il tema della comunità, nell’anniversario dei 70 anni, avendo in particolare attenzione e curiosità di indagare nei testi filmici anche le dimensioni dell’antropologia digitale. L’ACEC è una splendida settantenne. Quell’età che non ti consente più di non aver imparato chi sei e al contempo ti permette di poter imparare ancora tante cose su ciò che puoi essere, da qui in avanti, con le Sale della Comunità in tutta Italia. C’è un sentimento della nostra identità che lega il passato con il presente e al quale non potremo mai rinunciare nemmeno nel futuro: assolviamo, assieme anche ad altre realtà ma con una nostra specificità, alla necessaria esigenza di declinare un’esperienza ogni volta inedita e irripetibile di comunità, uscendo dall’anonimato delle diverse definizioni e categorie di società.

Ciò perché in ciascuna Sala della Comunità si realizzano dinamiche di fiducia, appartenenza e dedizione reciproca, i valori costitutivi di una comunità. Una rete di bene che non è quella della famiglia, ma non è nemmeno quella della comunità liturgica o delle attività più strettamente oratoriali. La rete “affettiva” della Sala della Comunità realizza una benevolenza di collaborazione e di frequentazione che non è paragonabile a nessun altra forma di vicinato. Si tratta di una conoscenza “locale” fondata su apprezzamento e curiosità culturale, estetica ma anche e in particolare di simpatia umana che consente di alzare la serranda, non tanto del cinema, ma ancor più della proprie case sempre più blindate. Nelle Sale della Comunità il popolo è di casa. Senza etichette: convinti che ciascuna persona, come ci ricorda Papa Francesco, è l’attesa di Dio e molto più interessati a costruire legami rispettosi e inclusivi che diminuiscano la distanza tra comunità liturgica e ambiente sociale. Cercando, inoltre, di creare quell’impasto tra pensiero ed emozioni sorretto da legami autorevoli e autentici che consente alla bellezza, nella forma artistica, di sviluppare umanità e anelito evangelico.

Fonte: SaledellaComunità.it

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