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La storia. Il professore da Nobel che vuole solo studenti felici

Giuseppe Paschetto insegna a Mosso, vicino Biella ed è l’unico italiano candidato al Global Teacher Prize, il Premio Nobel degli insegnanti, che sarà assegnato sabato a Dubai.

Siccome a scuola si annoiava, ora che sta dall’altra parte della cattedra (e ci sta da più di 35 anni), fa di tutto perché i propri allievi possano imparare divertendosi. Anzi, entrino in classe, tutte le mattine, felici di farlo. È una piccola, grande rivoluzione, quella in atto alla scuola media “Alberto Garbaccio” di Mosso, paese di 1.500 abitanti in provincia di Biella, dove insegna Giuseppe Paschetto, unico candidato italiano al Global Teacher Prize, una sorta di Premio Nobel degli insegnanti, che sarà assegnato sabato a Dubai dalla Varkey Foundation.

Il docente italiano di Matematica e Scienze non vincerà il milione di dollari messo in palio, perché non è entrato tra i dieci finalisti, ma già il fatto di essere tra i 50 migliori insegnanti del mondo, selezionati tra oltre 10mila candidati, è il segno che il suo “metodo” sta facendo breccia anche tra i superesperti mondiali di scuola. «Io parto dagli stimoli e non dalle regole », spiega il docente che, dall’83, insegna Matematica senza usare i libri.

Il suo metodo si chiama Mathemotion e punta a «coniugare emozioni e interessi» dei giovani allievi, privilegiando le attività all’aria aperta alla lezione frontale in classe. «Invito i ragazzi a fare esperienze», aggiunge il prof, che spiega il teorema di Euclide invitando i ragazzi a misurare l’altezza degli edifici, partendo dalla lunghezza della loro ombra proiettata sul terreno. Convinto ambientalista (anni fa ha promosso con un gruppo di studenti una campagna di crownfunding per salvare l’isola sarda di Budelli dalla vendita all’asta), Paschetto è anche un appassionato di montagna e ha dato vita al Gruppo alpinistico scolastico, regolarmente affiliato al Club alpino italiano, con cui, dal 2012, organizza escursioni e attività di educazione alla montagna, con gli allievi e i loro genitori. Guidati dal prof e dagli esperti del Cai, i ragazzi hanno percorso l’Alta via della Valle d’Aosta e un gruppo è arrivato fino in Ladakh, una regione montuosa e poverissima del Tibet, al confine tra Cina, Pakistan e India.

«Con quattordici studenti, uno per ciascuna montagna della Terra superiore agli Ottomila metri – ricorda Paschetto – abbiamo effettuato un trekking di quindici giorni, superando anche i 5mila metri, fino ad arrivare al villaggio di Sumdo-Puga, per gemellarci con la scuola locale, a cui abbiamo donato materiale didattico introvabile a quelle latitudini».

Esperienze “forti” che hanno cementato il gruppo classe facendo della scuola davvero la «seconda casa» degli studenti. Tanto che, sorride il docente, «ci sono giornate in cui dobbiamo quasi buttarli fuori, perché altrimenti si fermerebbero anche a dormire ». A Mosso, infatti, la scuola non finisce con l’ultima campanella, ma va avanti con iniziative anche di pomeriggio e alla sera. Un progetto che ora vuole fare un ulteriore salto di qualità, arrivando a misurare il grado di felicità che è capace di produrre nei ragazzi. Da qui l’idea di un vero e proprio “feliciometro” che, attraverso l’utilizzo di un questionario, dà agli allievi la possibilità di attribuire un “voto” alle lezioni, a partire appunto dal livello di felicità raggiunto durante il lavoro in classe.

«Noi non vogliamo che siano soltanto interessati o coinvolti – spiega Paschetto –. Noi vogliamo che i nostri alunni siano proprio felici di venire a scuola». Ma quello di Mosso è un modello replicabile o può funzionare soltanto lì? «Tantissimi colleghi mi hanno scritto chiedendomi consigli – risponde Paschetto –. A tutti io dico che la nostra esperienza è esportabile anche in altri territori. A una condizione: che gli insegnanti, per primi, abbiano voglia di lavorare, di mettersi in gioco, di percorrere strade nuove e di impegnarsi senza guardare le ore di lavoro e, diciamolo, anche lo stipendio. Che di certo non è adeguato per un impegno simile. Inoltre – conclude il prof più bravo d’Italia – questo tipo di progettualità si può portare avanti soltanto con numeri piccoli. Con classi di 20-22 alunni al massimo. E qui tocca alla politica. Deve scegliere se risparmiare sugli stipendi degli insegnanti, affollando le aule di studenti, o investire sulla qualità della scuola e, in definitiva, sulla felicità dei nostri ragazzi».

Fonte: Paolo Ferrario | Avvenire.it

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