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La Cei stanzia 12 milioni per aiutare i migranti “a casa loro”

“Liberi di partire, liberi di restare”. E’ il progetto dei vescovi italiani iniziato nel 2017 a favore dell’integrazione dei migranti, ma anche dell’aiuto nei paesi di transito e di origine, perché “l’aiuto ai migranti comincia nei paesi di origine, dove va tutelato anche il diritto a non dover emigrare”. Lo ha detto Papa Francesco.

 

“I preti vogliono le frontiere aperte? Allora portino i migranti a casa loro!”. Così ripetono i saggi abitanti dei social network. Mai che sorga il dubbio che già lo stiano facendo. Il 60% delle diocesi italiane ha infatti aperto le sue porte, a proprie spese, per accogliere 25mila persone immigrate nell’anno 2017 (l’ultimo monitoraggio CEI), senza mai trascurare il loro quotidiano impegno per gli indigenti di nazionalità italiana.

E che dire del Vaticano? Perché nessuno riporta che all’interno delle Mura leonine sono da anni ospitati 10 migranti (su 605 persone che vivono nel territorio vaticano)?

Come si evince da una lettura non preconcetta dei discorsi sul tema di Papa Francesco, la posizione della Chiesa è come sempre equilibrata. Da una parte, dal tempo di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, c’è sempre una premurosa attenzione morale ed evangelica alle famiglie migranti e al loro diritto di cercare e chiedere accoglienza, così come c’è il dovere morale dei paesi più ricchi di concedere loro ospitalità, salvaguardati a loro volta dal diritto di ogni Stato di regolare i flussi a seconda delle proprie possibilità.

 

L’impegno della CEI nei paesi di origine e di transito.

Ma dall’altra, è anche grande l’impegno dei vescovi italiani nell’aiutare i migranti “a casa loro”, perché possano essere messi nella condizione di non dover lasciare la propria terra. “Liberi di partire, liberi di restare”, si chiama infatti la campagna della Conferenza Episcopale Italiana, iniziata due anni fa. Oltre ai progetti finalizzati all’integrazione, il più possibile ottimale, degli immigrati sul suolo italiano, sono 12 i progetti intrapresi nei Paesi di partenza, come Mali, Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal, Gambia, Guinea, a fronte di uno stanziamento di 8.166.000 euro. Altri 3.884.600 euro sono invece stati destinati per aiutare i cosiddetti “paesi di transito”, come Niger, Tunisia, Algeria, Albania, Turchia e Marocco.

 

Aiuto ai migranti che vogliono rientrare nella loro patria.

Don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio nazionale per gli interventi caritativi a favore del Terzo mondo, ha spiegato che si tratta di iniziative che spaziano dall’educazione alla formazione, anche professionale, all’informazione e alla sensibilizzazione in loco sui rischi della migrazione, al settore sanitario fino a quello socio-economico con la promozione di opportunità lavorative e di accompagnamento di chi sceglie di rientrare nella propria patria. Senza dimenticare i percorsi di riconciliazione e di gestione dei conflitti.

 

Papa Francesco: “tutelare il diritto a non dover emigrare”.

Così, senza grandi pubblicità o dirette su Facebook, la CEI ha investito 12 milioni di euro per tentare di risolvere i problemi che spingono i migranti ad arrivare sulle coste italiane e dei paesi europei. Questo perché, ha spiegato Papa Francesco, «la promozione umana dei migranti e delle loro famiglie comincia dalle comunità di origine, là dove deve essere garantito, assieme al diritto di poter emigrare, anche il diritto di non dover emigrare, ossia il diritto di trovare in patria condizioni che permettano una dignitosa realizzazione dell’esistenza. A tal fine vanno incoraggiati gli sforzi che portano all’attuazione di programmi di cooperazione internazionale svincolati da interessi di parte e di sviluppo transnazionale in cui i migranti sono coinvolti come protagonisti».

Fonte: Uccronline.it

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