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UDIENZA GENERALE :: Catechesi sui Comandamenti: In Cristo trova pienezza la nostra vocazione sponsale

Oggi vorrei completare la catechesi sulla Sesta Parola del Decalogo – “Non commettere adulterio” –, evidenziando che l’amore fedele di Cristo è la luce per vivere la bellezza dell’affettività umana. Infatti, la nostra dimensione affettiva è una chiamata all’amore, che si manifesta nella fedeltà, nell’accoglienza e nella misericordia. Questo è molto importante. L’amore come si manifesta? Nella fedeltà, nell’accoglienza e nella misericordia.

Non va, però, dimenticato che questo comandamento si riferisce esplicitamente alla fedeltà matrimoniale, e dunque è bene riflettere più a fondo sul suo significato sponsale. Questo brano della Scrittura, questo brano della Lettera di San Paolo, è rivoluzionario! Pensare, con l’antropologia di quel tempo, e dire che il marito deve amare la moglie come Cristo ama la Chiesa: ma è una rivoluzione! Forse, in quel tempo, è la cosa più rivoluzionaria che è stata detta sul matrimonio. Sempre sulla strada dell’amore. Ci possiamo domandare: questo comando di fedeltà, a chi è destinato? Solo agli sposi? In realtà, questo comando è per tutti, è una Parola paterna di Dio rivolta ad ogni uomo e donna.

Ricordiamoci che il cammino della maturazione umana è il percorso stesso dell’amore che va dal ricevere cura alla capacità di offrire cura, dal ricevere la vita alla capacità di dare la vita. Diventare uomini e donne adulti vuol dire arrivare a vivere l’attitudine sponsale e genitoriale, che si manifesta nelle varie situazioni della vita come la capacità di prendere su di sé il peso di qualcun altro e amarlo senza ambiguità. È quindi un’attitudine globale della persona che sa assumere la realtà e sa entrare in una relazione profonda con gli altri.

Chi è dunque l’adultero, il lussurioso, l’infedele? È una persona immatura, che tiene per sé la propria vita e interpreta le situazioni in base al proprio benessere e al proprio appagamento. Quindi, per sposarsi, non basta celebrare il matrimonio! Occorre fare un cammino dall’io al noi, da pensare da solo a pensare in due, da vivere da solo a vivere in dure: è un bel cammino, è un cammino bello. Quando arriviamo a decentrarci, allora ogni atto è sponsale: lavoriamo, parliamo, decidiamo, incontriamo gli altri con atteggiamento accogliente e oblativo.

Ogni vocazione cristiana, in questo senso, – ora possiamo allargare un po’ la prospettiva, e dire che ogni vocazione cristiana, in questo senso, è sponsale. Il sacerdozio lo è perché è la chiamata, in Cristo e nella Chiesa, a servire la comunità con tutto l’affetto, la cura concreta e la sapienza che il Signore dona. Alla Chiesa non servono aspiranti al ruolo di preti – no, non servono, meglio che rimangano a casa –, ma servono uomini ai quali lo Spirito Santo tocca il cuore con un amore senza riserve per la Sposa di Cristo. Nel sacerdozio si ama il popolo di Dio con tutta la paternità, la tenerezza e la forza di uno sposo e di un padre. Così anche la verginità consacrata in Cristo la si vive con fedeltà e con gioia come relazione sponsale e feconda di maternità e paternità.

Ripeto: ogni vocazione cristiana è sponsale, perché è frutto del legame d’amore in cui tutti siamo rigenerati, il legame d’amore con Cristo, come ci ha ricordato il brano di Paolo letto all’inizio. A partire dalla sua fedeltà, dalla sua tenerezza, dalla sua generosità guardiamo con fede al matrimonio e ad ogni vocazione, e comprendiamo il senso pieno della sessualità.

La creatura umana, nella sua inscindibile unità di spirito e corpo, e nella sua polarità maschile e femminile, è realtà molto buona, destinata ad amare ed essere amata. Il corpo umano non è uno strumento di piacere, ma il luogo della nostra chiamata all’amore, e nell’amore autentico non c’è spazio per la lussuria e per la sua superficialità. Gli uomini e le donne meritano di più di questo!

Dunque, la Parola «Non commettere adulterio», pur se in forma negativa, ci orienta alla nostra chiamata originaria, cioè all’amore sponsale pieno e fedele, che Gesù Cristo ci ha rivelato e donato (cfr Rm 12,1).

Fonte: Vatican.va

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