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SINODO GIOVANI – Verso il Sinodo con tanti film: TUTTO QUELLO CHE VUOI #9a proposta
— 9 Luglio 2018— pubblicato da Redazione. —
TUTTO QUELLO CHE VUOI
di Francesco Bruni
con Giuliano Montaldo, Andrea Carpenzano, Arturo Bruni, Vittorio Emanuele
Propizio, Donatella Finocchiaro
Italia 2017 // Durata: 106 minuti // Commedia
Il film in un tweet
Alessandro è un ventenne svogliato e introverso che accetta di accudire il signor
Giorgio, un poeta di 85 anni. Tra i due c’è un abisso, o forse no.
La sfida
È concepibile l’amicizia tra un giovane e un anziano malato di Alzheimer? C’è
davvero uno scambio di vita o forse rientra semplicemente tra i gesti cortesi di
un bravo ragazzo e il senso di responsabilità di un anziano? Insomma, cosa si
può imparare da una persona con sessant’anni di differenza?
La condizione umana
Parlare dei giovani crea sempre un po’ di imbarazzo. Ai giovani, intendo. Ci siamo
passati tutti, è così. Figuriamoci quando un adulto, magari un padre con cui
non si va molto d’accordo, ti dice cosa si deve o non si deve fare. Qui ci vuole
una via di fuga, fossero pure un paio di cuffiette con cui volare lontano. È la
storia di tanti giovani, è la storia di Alessandro, ad esempio. Romano, vent’anni,
nessuna occupazione, la comitiva del bar per scaricare la tensione e qualche
amore inadeguato – magari con una più grande che potrebbe essere tua madre
– per mendicare un po’ d’amore. D’altronde di amore Alessandro non sembra
averne ricevuto granché, con una mamma scomparsa quando lui era ancora in
fasce e un papà che non riesce a trovare la chiave giusta per essere presente. E
così le giornate passano e passa la vita, sperando che non lasci graffi. Poi arriva
un “lavoretto”, non una grande proposta ma almeno un’alternativa alla minaccia
del padre che lo vorrebbe al banco del mercato con lui. Alessandro farà da
badante all’anziano poeta Giorgio, affetto da Alzheimer – «Ma che s’attacca?»
– pesante per un giovanotto che fugge dalle imposizioni pur di avere la mente
libera. Eppure quell’anziano signore ha qualcosa di diverso che lo incuriosisce. È garbato
ed elegante, si toglie il cappello davanti alle signore, gli dà anche del “lei”. E
poi vive di poesia. È ciò che manca alla vita spenta di Alessandro, è il linguaggio
dell’amore, quello vero, quello che parla al cuore. Lui cercherà di impararlo da
Giorgio, che si è “innamorato una sola volta, tutta la vita”. Un’occasione di riscossa
sociale per il giovane, che non perde tempo per vantarsene con gli amici («È
un poeta! Non so se…»). La casa di Giorgio diventa per tutti loro un rifugio che
accorcia le distanze, in cui ci si spalleggia a vicenda per andare incontro ai propri
fantasmi, anche alla morte.
Francesco Bruni confeziona un’opera matura che nasce da un contesto familiare
(nel cast ci sono suo figlio e sua moglie) e torna sulle tematica dell’affettività giovanile
e le relative difficoltà comunicative, proprio come aveva fatto con Scialla!.
Tuttavia la profondità della sceneggiatura e l’approdo umano di questo giovane
protagonista è qualcosa di più prezioso e significativo. L’umanità e la crescita sono
raccontate attraverso una drammaticità verosimile e coinvolgente che riesce addirittura
a commuovere.
Una rilettura del film teologico-pastorale
a cura di Francesco Di Pede, frate francescano esperto di cinema
Che assurdità vivere di poesia! Non è il sogno di una vita migliore, non è il desiderio
di un riscatto sociale da chi pensa di scrivere a tavolino il tuo futuro a mettere
il pane in tavola! «Datti una mossa, pensa al tuo domani!»: spesso sono parole che
suonano più come minacce alla libertà che consigli per cercare il proprio posto nel
mondo. Allora è meglio quel posto al bar con gli amici, “parcheggiati” – come dice
Papa Francesco – su quei tavolini di alluminio a parlare di tutto pur di non parlare
di niente, pur di non affrontare di quella sete di dare e ricevere amore. Qualcosa di
simile che accadde ottocento anni fa al giovane Francesco. Carriera avviata, tanti
amici a cui offrire sempre qualcosa, e papà che ti copre le spalle. Francesco d’Assisi
aveva vissuto beato e scanzonato fino all’età di Alessandro, quando qualcosa
aveva cominciato a dirgli che questa vita non era abbastanza per lui. Che in fondo,
molto in fondo, era alla ricerca di qualcosa di più nutriente di sentirsi nominare
“un bravo ragazzo”. Francesco prese così a cercare seriamente il suo posto nel
mondo. Si ritrovò ai piedi di un Crocifisso di cui aveva solo sentito parlare, che
gli ricordava il richiamo di doveri domenicali. Stavolta la chiesa era vuota. C’erano
solo lui e Gesù. E gli parve il primo giorno della sua vita. «Va’ e ripara la mia
casa», cosa vuol dire questo per un giovane che non ha mai mosso un dito? Come
Alessandro, Francesco si sente però spinto a sporcarsi le mani, a darsi da fare. A
incontrare e abbracciare anche i fantasmi della propria vita, magari quelli che lo
denunciano come un perdente; allora acquista senso anche un lebbroso per il vincente
Francesco, un vecchio con il bastone per lo scattante Alessandro.
Ma la conversione non è un part-time. Lasciare che il Vangelo interpelli davvero la
propria vita fa cadere ogni condanna che noi avevamo messo in bocca a Dio e, se
siamo davvero disposti a perdere qualcosa per ricevere quel tesoro prezioso, ci fa
scoprire da sempre amati, al centro di un progetto più grande di noi. Il bacio imbarazzato
e coraggioso a un lebbroso sul ciglio della strada, l’ultimo saluto a un vecchio
amico che sta per dire addio ai suoi giorni ma che ha saputo leggere nel cuore,
sono esperienze che smascherano le ipocrisie di una vita di apparenze e di difese,
sono i primi passi verso un’autenticità che spesso impariamo a percorrere grazie agli
ultimi, a quelli che mai avremmo immaginato. «Io non ci voglio nessun altro qui»
sono le deboli parole dell’anziano poeta che finalmente disarmano il cuore indurito
di Alessandro. In un pianto liberatorio il giovane ha imparato ad accettare l’amore.
Ora Alessandro è al centro della vita, e quello che ha ricevuto dall’amico più amato
non può che donarlo agli altri. Ora Alessandro vive la sua vita da protagonista, finalmente
consapevole del suo percorso che diventa testimonianza: «Voglia il Cielo che
tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera.
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